di Francesco Claudili
22 maggio 1978, una data storica per i diritti sociali.
Dopo una lunga serie di battaglie viene promulgata la Legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, che rappresenta uno dei diritti basilari all’autodeterminazione femminile.
Di fatto da 40 anni in Italia ogni donna, entro i primi 90 giorni di gestazione, può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) per motivi di salute, economici, sociali o familiari.
Anzi secondo il rapporto del “Guttmacher Institute”, tra le principali organizzazioni di ricerca e politica impegnata a promuovere salute, diritti sessuali e riproduttivi nel mondo, gli aborti sono sempre più sicuri e le procedure sono migliorate a vista d’occhio.
Eppure, nonostante la legge in vigore, in Italia circa il 70% dei ginecologi sono obiettori di coscienza e il 40% dei reparti di Ostetricia ospedalieri non sono dotati dei servizi dedicati all’IVG.
Nel panorama sociale e culturale quello che dovrebbe configurarsi come diritto inviolabile della donna viene a più riprese messo in discussione, attaccato e strumentalizzato.
Ad esempio alcuni presunti “paladini della salute e della vita” come i membri di CitizenGo o la onlus Pro-Life espongono a Roma e in altre città italiane manifesti con un pancione sullo sfondo e con la scritta, a caratteri cubitali, “L’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo. #stopaborto”.
Ecco perché alcune studentesse umbre in collaborazione con la Presidente dell’associazione culturale umbra “Mare Dentro”, Emanuela Lucarini, hanno sentito l’esigenza di organizzare un dibattito sull’IVG e sulla legge 194, svoltosi lo scorso 26 ottobre presso l’Università di Medicina e Chirurgia di Perugia.
Al convegno sono intervenuti relatori professionisti: medici legali, psichiatri, giuristi e ginecologi che hanno affrontato la tematica basandosi esclusivamente su evidenze scientifiche, facendo così chiarezza sull’argomento e sfatando i tanti miti infondati con molteplici argomentazioni, chiare e ineludibili.
* L’aborto non è un omicidio. È infatti scientificamente accertato che l’embrione e poi il feto, fino a un certo periodo di tempo, sia unicamente un’entità biologica: incapace di vita autonoma, in quanto privo di regolare attività cerebrale e nervosa.
* Le leggi proibitive in materia di aborto, in realtà, non eliminano il fenomeno dell’aborto ma alimentano soltanto il mercato degli interventi abortivi clandestini.
* Le leggi che permettono l’aborto non obbligano le donne ad abortire, né incentivano o promuovono in alcun modo il ricorso all’aborto, si limitano a rimettere alla singola persona interessata la decisione di interrompere o meno della gravidanza. Non si può parlare, dunque, di “peccato religioso” per chi concorra nell’interruzione di gravidanza.
Il convegno, svolto nella grande aula magna dell’Università di Perugia ha riscosso tanto interesse e moltissime partecipazioni, tant’è che moltissimi ragazzi da Terni sono giunti a Perugia per seguire il dibattito: studenti e professionisti alla fine degli interventi hanno posto domande ai relatori creando un vero e proprio dibattito culturale straordinario.
Fatto particolare, alla fine dell’incontro, riguarda uno studente che dal pubblico ha preso la parola ed ha espresso la propria soddisfazione nell’appartenere a questa Università dal momento in cui, nell’affrontare un tema così importante, sono state permesse chiarificazioni a tutti i partecipanti.
Nei prossimi giorni sarà disponibile il video dell’evento presso la piattaforma You tube e nella pagina Facebook https://m.facebook.com/associazionemaredentro/ .