Con un lungo post sul suo profilo facebook, l’ex assessore alla cultura del comune di Terni, Giorgio Armillei, attacca duramente la regione dell’Umbria e il Partito Democratico di Terni.
Armillei contesta l’impegno della regione Umbria sull’area ternana e al PD ternano (o lameno a un pezzo di esso) imputa di essere stato un problema per la città, più che la soluzione.
L’INTERVENTO DI GIORGIO ARMILLEI
Quando si dice la narrazione, cioè lo schema mentale, gli occhiali con i quali guardiamo la realtà, inevitabilmente deformandola. Tutto sta a non deformarla troppo. È quanto invece accade da settimane nel dibattito su Terni. In molti si concentrano spasmodicamente su alleanze e candidati e le questioni di policy passano in secondo piano. Nel frattempo, cosa racconta la narrazione dei vertici politici della Regione? Racconta che la Regione ha fatto molto per l’area ternana e che le responsabilità della crisi ternana sono un po’ di tutti ma soprattutto a Terni. Basta però cambiare gli occhiali e la realtà si incarica di smentire quei vertici: le responsabilità non sono di tutti e soprattutto non sono solo a Terni.
Gli esempi sono numerosi. Prendiamo l’area di crisi complessa, una grande azione di politica regionale, racconta quella narrazione. Non sembra proprio così. In verità si tratta di un’azione del governo nazionale, giunta a perfezionamento grazie ad un sostanzioso lavoro di lobbying dei parlamentari locali. Un’azione per la quale il bilancio regionale si limita a riproporre, diversamente impacchettate, le risorse europee già previste dal POR FESR. Un’azione che con sorpresa della stessa burocrazia ministeriale, in tutta la fase di formulazione della proposta che fa capo alla Regione, ha ignorato il ruolo del governo della città. E che ancora oggi in fase attuativa sembra gestita a livello politico regionale come una brutta vecchia copia della Cassa per il Mezzogiorno, guardando indietro e ripetendo il passato, come ha detto recentemente Federmanager Terni. Non solo. Un’azione che implementata negli altri casi in giro per l’Italia mostra tutti i suoi limiti: le aree che recuperano non lo fanno per effetto delle misure implementate e soprattutto recuperano in settori diversi da quelli sui quali le misure investono. A conferma che i governi regionali non sono capaci di fare buone scelte (picking winners) e il mercato li anticipa e li spiazza. Insomma, un’istanza non fa una politica.
Un’altra via era stata imboccata dai soggetti locali. Il progetto Terni Narni Smart Land costruito nella fase iniziale dal Comune di Terni e dal Comune di Narni, puntava su strategie basate sull’attivazione delle reti locali e sulla collaborazione del governo regionale come produttore di esternalità e non di intermediazioni a beneficio del suo ceto politico. Così come un’altra via era quella tracciata dal Manifesto per la rigenerazione urbana, 9 tra multinazionali e medie imprese del territorio insieme ai due Comuni e a Confindustria. In entrambi i casi il governo regionale e pezzi del PD ternano hanno pensato bene di guardare altrove, cioè di guardare indietro.
La stessa narrazione è all’opera per le politiche di agenda urbana. Un esempio virtuoso di politiche urbane della Regione? Anche qui le cose non stanno così. Il governo regionale ha fatto come i gamberi. Prima ha ignorato la richiesta della DGRegio della Commissione europea per concentrare le risorse: sia sul piano tematico, fare poche cose e bene, sia sul piano territoriale, scegliere solo le città capoluogo. Poi ha impedito lo sviluppo di interventi integrati Terni Narni, rinunciando allo stesso tempo agli strumenti più innovativi previsti dal regolamento europeo. Infine, ha ignorato la richiesta di concepire l’area urbana di Terni come aperta all’integrazione con le aree di Viterbo e di Rieti. Un altro esempio di intermediazione politica diretta a massimizzare interessi di ceto. Tanto che alla fine solo grazie al lavoro tenace dei tecnici regionali e di quelli dell’amministrazione comunale si è arrivati a chiudere la fase progettuale. E ora la fase di implementazione soffre dell’assenza di un governo politico della città. È come se Terni fosse commissariata allo stesso tempo da Roma e da Perugia.
E ancora. Il piano periferie, un’iniziativa del Governo nazionale che non ha nulla a che vedere con il governo regionale: si tratta di uno strumento per le città, progettato dalle città e gestito dalle città. Potremmo continuare. Interventi per lo sviluppo della banda larga nelle aree di mercato: sono l’effetto delle decisioni autonome di investimento dei grandi player nazionali, per i quali l’azione del governo regionale e delle sue agenzie non è che parva res, come disse uno dei manager delle grandi imprese coinvolte. Attuazione dell’accordo di chiusura della vertenza AST del 2014: la Piastra logistica di Narni in mano alla Regione è ancora in cerca d’autore. Politiche per lo sviluppo delle imprese culturali e creative: le Regioni di punta sono alle Film commission di terza generazione, la Regione dell’Umbria balbetta intorno a piccoli bandi per fornitura di servizi.
È venuto il momento di cambiare narratori e narrazione. La verità è che in questi anni il governo regionale e una buona parte del PD ternano sono stati per Terni il problema e non la soluzione. Le politiche per lo sviluppo urbano debbono essere in mano ai soggetti attivi nella città, solo così possono funzionare come politiche di crescita e non come politiche spartitorie. Lo dice l’esperienza nazionale ed europea, lo dice chi ha avuto a che fare con la storia del regionalismo in Umbria. Cambiare gli occhiali per vedere la realtà.