E’ stato inaugurato ieri, in occasione del 25 Aprile, Largo Santuzza Catana Ronci a Narni in memoria ed onore alla donna narnese che aiutò i partigiani durante la Seconda Guerra Mondiale. L’iniziativa era stata decisa dal Consiglio comunale che aveva votato una proposta dell’assessore alle politiche sociali Silvia Tiberti per intitolare a Catana Ronci il largo posto all’incrocio tra via Marcellina e via Gattamelata in centro storico.
“La proposta parte dalla volontà di riconoscere il ruolo svolto dalle donne partigiane narnesi, afferma Tiberti, che hanno fornito un contributo di grandissima importanza durante quei difficili anni di guerra e che meritano il giusto riconoscimento”.
Nata nel 1911, Santuzza Catana Ronci è morta nel 2002. Ha sempre vissuto con il marito Cesare Ronci e il figlio Stelio in via Marcellina. Cesare era un operaio occupato occasionalmente in lavori in fabbrica e agricoli. Era anche emigrato per un breve periodo in Argentina ed era tornato a Narni prima della guerra. Il vero sostegno economico della famiglia era Santuzza con il suo banco di verdure sotto la loggia degli Scolopi di Palazzo dei Priori, nel cuore del centro storico, dove si svolgeva il mercato giornaliero. Durante la guerra, persino nel momento più brutto dei bombardamenti su tutta la conca ternana, la sua attenzione è sempre stata quella di garantire il sostentamento alla famiglia, fino a estendere le sue cure materne anche ai prigionieri di guerra e ai partigiani. Dal novembre del 1943 al giugno del 1944 Cesare e Santuzza ospitano nella loro cantina renitenti alla leva, partigiani e fuggiaschi alleati, nascondendoli dietro alle grosse botti di vino e alle cassette accatastate, ma soprattutto danno da mangiare a quelli che passano di lì. Cesare, per evitare i sospetti e i controlli dei fascisti locali, accompagna partigiani e fuggiaschi americani in un rifugio nella zona di Monte Santa Croce dove sono nascosti gli uomini del Battaglione Manni della Brigata Gramsci. Entrambi i coniugi sono in collegamento con la rete di partigiani che operano nella zona e Santuzza fornisce protezione anche oltre la soglia di casa e li rifornisce di viveri e provviste che carica nei sacchi su un asino, portando con sé in questi spostamenti anche il figlio. Santuzza, finita la guerra, torna al suo banco al mercato e continua ad essere il perno di una vasta famiglia, originaria di Itieli, composta di sorelle, cognati e nipoti, pronta a dispensare aiuti e consigli, esercitando un indiscusso ruolo materno.