Adesso è proprio ufficiale. Figurarsi! L’ha detto pure la televisione! La Rai, Tv7, mica pizza e fichi. Dopo un secolo si sono accorti che c’è una discarica da matti, vicino Terni. Una vallata dei veleni dove persino le galline fanno le uova inquinate. Da quanto tempo – gallinacei a parte – si denunciano queste cose a Terni? Da quanto tempo lo hanno scritto e detto gli organi d’informazione locali? Quanti documenti hanno prodotto le associazioni ambientaliste? Pur se c’è tanto da fare, qualcosa si è anche ottenuto. Per esempio una maggiore attenzione dell’opinione pubblica che ha costretto chi doveva a prendere le precauzioni possibili. La stessa Ast afferma che sì il problema esiste, che si sta facendo tutto il possibile, ma che non si tratta di fiaschi che si abbottano, come diceva Totò, e che c’è da fare i conti con un pregresso di decine e decine di anni di noncuranza. E’ uno dei siti da bonificare, quello. Uno dei 39 più grandi e problematici d’Italia. Una faccenda che dovrebbe stare al centro dell’azione politico-amministrativa locale insieme ad altre emergenze ambientali simili, coperte da qualche palata di terra e dalla mancanza di memoria. Tanto per dirne una: chi ricorda quel mare bianco di un materiale colloso che si trovava vicino alla diga del canale Recentino? E’ sparito, ad un certo punto. Ma solo alla vista, perché quella roba probabilmente sta ancora lì. Quante situazioni come questa ci sono, disseminate qua e là nel territorio del ternano, di piccole e grandi dimensioni? Papigno, via Rosselli…
Non basta, insomma, tenere sotto controllo la qualità dell’aria – cosa buona e giusta e che non va certamente messa in secondo piano – ma servono azioni più complesse. Cosa si fa, su questo fronte? Praticamente niente, perché l’occhio dell’amministratore pubblico si ferma a livello del suolo, guarda poco al di sopra, e casomai al cielo ma non va a cercare quello che c’è sotto. Invece il problema va affrontato seriamente, “scavato”.
Fattostà che ora Terni è conosciuta anche per questa “valle dei veleni”, oltre che per essere la città che vive solo d’acciaio e che ogni tanto deve fare i conti con licenziamenti e posti di lavoro che vanno in fumo. A tutto ciò si aggiunge la città dipinta per bassi calcoli elettorali: insicura al punto tale per cui le consigliere comunali (alcune) si sentono così tanto minacciate da andare in giro con le bombolette al peperoncino per difendersi dagli stupri; dove il comune promuove corsi gratuiti di autodifesa sempre a base di peperoncino; una landa percorsa in lungo e largo da colonie di pusher in bicicletta a spacciare quintali di droga; preda degli immigrati; gestita (fino a qualche mese fa, ovvio) da politici senza scrupoli; paralizzata dal voto di scambio (sempre prima, ri-ovvio); “culla” di inceneritori dei rifiuti; dove anche gli anziani sono inquinatori seriali per il vizio di avere un caminetto in casa. A ciò si aggiungono sporadiche interviste che affrontando seriamente il problema, qualche volta scivolano – pur se in buona fede – verso le affermazione terroristiche sulla salute.
Contemporaneamente ai convegni gli stessi amministratori che, quando erano all’opposizione hanno descritto e dipinto questa Terni, si propongono come i salvatori della patria che vogliono una città accogliente, sicura, dove si vive bene, affinché tanti decidano di lasciare la residenza di Roma per trasferirsi nella bassa Umbria.
Ma quando mai! Meglio Tor Pignattara.