Per conoscere davvero lo stato dell’economia del comune di Terni occorre guardare alla sua capacità di generare margini, non solo fatturato. L’indicatore che misura questa forza è l’EBITDA margin, la percentuale di ricavi che resta all’impresa una volta sostenuti i costi intermedi e quelli del personale. È da lì che un’azienda trae le risorse per investire, innovare, sostenere la crescita e assorbire gli shock economici. Ed è proprio questo parametro che oggi disegna la fotografia più precisa della competitività delle imprese del territorio. Se questo margine è basso, le energie prodotte si disperdono; se è alto, si crea un circolo virtuoso che alimenta sviluppo e solidità. Qui sta la vera distanza tra un’economia che avanza e una che procede con fiato corto.
Il monitoraggio della Camera di Commercio dell’Umbria si basa sui bilanci depositati annualmente dalle società di capitale. Non comprende ditte individuali e società di persone, ma questo non riduce la capacità interpretativa: le società di capitale rappresentano oltre il 65% del fatturato italiano e il 58% del valore aggiunto nazionale. Sono quindi lo specchio più fedele della tenuta economica reale, della resistenza ai cicli, della capacità di investimento
Nel Comune di Terni l’Ebitda margin medio 2024 delle società di capitale è 6,1%. Un valore che segnala un sistema imprenditoriale attivo, ma con margini ridotti per investimenti e sviluppo. Il dato è inferiore alla media umbra (8,3%), a quella nazionale (9,3%) e alla media del Centro (9,5%). Perugia è al 6,5%, poco sopra Terni, ma con una struttura settoriale più equilibrata. Terni invece è concentrata su un motore dominante, che tuttavia rende poco: l’industria.
La cifra assume più significato se vista nel contesto. Sopra il 10% un’impresa viene considerata solida e attraente per investitori e finanziatori, capace di generare cassa e valore. Terni è lontana da quella soglia. Questo non significa fragilità immediata, ma una minore capacità di programmare, innovare, sostenere crescita e investimenti nel medio periodo. È la differenza tra produrre ricchezza e trattenerla.
Un EBITDA margin alto indica imprese capaci di generare cassa e valore, sostenere innovazione e crescere. Quando supera il 10%, soglia non normativa ma riconosciuta dal mercato, l’azienda è percepita solida, attrattiva, competitiva. Sopra quella soglia la crescita alimenta altra crescita. Sotto, invece, la macchina funziona ma fatica ad accelerare.
È un parametro che non fotografa solo il presente, ma anticipa il futuro. Imprese con Ebitda basso sopravvivono, ma difficilmente scalano. Quelle con Ebitda alto accumulano potenza, e la reinvestono in tecnologia, digitalizzazione, formazione, nuovi mercati. In due parole: competitività duratura.
Il cuore del sistema di Terni è l’industria manifatturiera, che genera il 47% del valore aggiunto complessivo della città. Un peso enorme rispetto a Perugia (23,9%). Ma il rendimento non è in linea con la sua importanza: l’Ebitda margin industriale è 4,6% nel 2024, mentre a Perugia arriva al 12,5%.
La traiettoria storica conferma una criticità strutturale: 3,7% nel 2018, 4,1% nel 2021, 2,7% nel 2022, 5,3% nel 2023. Numeri che oscillano ma restano sempre bassi, segno di una marginalità compressa. Qui si concentra la fragilità ma anche la più grande opportunità di miglioramento. Un aumento anche solo di due-tre punti avrebbe un impatto moltiplicativo sull’intero sistema territoriale.
Il commercio, che pesa per il 12,9% dell’economia (contro il 32,3% perugino), registra un EBITDA 3,8% nel 2024 e aveva superato Perugia nel 2023 (4,2% contro 3,4%). La redditività è moderata ma costante, segnale di un comparto che tiene, reagisce e rimane competitivo.
Nelle costruzioni Terni eccelle: 13,1% contro 7,5%, segnale di vitalità e buona capacità di trasformare fatturato in margine.
Il confronto si ribalta nel comparto turistico: l’alloggio e ristorazione a Terni mostra un EBITDA 4,6%, mentre Perugia raggiunge il 9,9%. Dietro c’è la diversa attrattività turistica dei due territori, ma anche un importante margine di crescita potenziale.
Al contrario, le attività scientifiche e tecniche rappresentano per Terni un asset strategico: pesano 12,8% del valore aggiunto, il doppio rispetto a Perugia (7,4%), con redditività elevata (16,3% Terni – 17% Perugia). Un segnale forte: Terni dispone di capitale umano qualificato, consulenza tecnologica, progettazione, ingegneria. Questo segmento potrebbe diventare la leva della trasformazione industriale e il ponte tra manifattura tradizionale e industria ad alto contenuto di innovazione.
L’agricoltura ha peso minimo (0,1% a Terni, 0,3% a Perugia) e margini più alti nel capoluogo (8% contro 5,3%), ma il cuore del quadro resta altrove: Terni è una città che produce, ma margina poco. Il commercio è efficiente, le costruzioni mostrano forza, il capitale professionale è rilevante. Tuttavia i margini troppo bassi del manifatturiero limitano la capacità complessiva di investire, innovare, crescere.














