A due anni dall’esordio con il convincente Oblivion, gli Ash Code, giovanissimo trio campano, affrontano la prova del secondo album, spesso e volentieri una prova ardua tanto da affrontare quanto da superare. Già il titolo, Posthuman, potrebbe rappresentare un vero e proprio programma come vedremo a breve, ma possiamo sin da subito anticipare che la prova è stata brillantemente superata e con questa, gli Ash Code, si impongono come promessa ampiamente mantenuta sulla scena musicale e banda cult di riferimento per tutta la scena darkwave nazionale ed internazionale quantomeno accanto alla dea Mushy. Se quest’ultima sa essere molto intimista ed introspettiva, gli Ash Code si caratterizzano maggiormente per forte decisione e ritmo.
Da un punto di vista concettuale l’album offre interessantissimi spunti di riflessione ed approfondimento tanti quanti quelli che lo stesso titolo, si diceva, può offrire. Posthuman, post umano, era post umana come inneggiato nella title track, che sarebbe sul punto di fare la sua comparsa per definitivamente calare su questa stanca e decadente civiltà umana. Ma come può essere immaginata una realtà post umana? O meglio cosa significherebbe? Ci sarebbe ancora posto per l’uomo in questa nuova era? O sarà solo il lato tipicamente ‘umano’ a soccombere in una sorta di morte ampiamente annunciata e celebrata già nell’Übermensch Nietzschiano, la filosofia dell’oltreuomo (termine che, in italiano, ha già da tempo soppiantato l’antica traduzione in ‘superuomo’ che tante travisazioni aveva generato), che appunto poneva l’uomo come un ponte tra la ‘bestia’ e l’oltreuomo stesso, cioè il superamento di quella ‘umanità’ troppo ‘umana’ tipica di un essere ancora incompiuto. In questo senso ci sarebbe ancora posto per l’uomo in questa nuova era, o meglio, ci sarebbe posto per una evoluzione di quest’essere verso nuovi orizzonti di ‘umanità’ ricalibrata su nuove basi etiche e morali probabilmente difficili, sotto molti punti di vista, da riconoscere e nettamente separare dai principi ispiratori identificati in quelle dei Postumanisti. Sì, perché il Postumanesimo è stato anche un movimento filosofico ed artistico comparso sul finire dello scorso ventesimo secolo ponderato, soprattutto, sull’intersezione uomo/macchina. Intersezione esatto! La nuova era postumana, il cui incipit è già di estrema attualità, vedrebbe l’essere umano sempre più connesso alla macchina ed inevitabilmente dipendente dalla tecnologia da cui non potrebbe più essere separato: l’effetto immediato sarebbe la distruzione dell’io, o meglio, la sua spersonalizzazione (e qui, comunque, torniamo a Nietzsche) anche se i postumani vedrebbero in questo solo un percorso parziale verso, poi, il ritorno ad una forma rivista e corretta di io, riplasmata, rimodellata a colpi di bisturi e shock termogenici: l’io postumano è l’io sottoposto a lifting esistenziale frutto di una cpu più versatile e potente, parafrasando ovviamente. Ma vi sembra poi così difficile da immaginare? Già non si potrebbe avere una vaga sensazione di mente come protesi variamente espandibile sia sulla falsariga di un pensiero virtuale oltre la realtà che di una connessione tra sinapsi e cip integrati? Ditemi se effettivamente, da questo punto di vista, la nostra non potrebbe essere considerata come l’alba dell’era postumana! E qui ci potremmo sbizzarrire tra citazioni e riferimenti più o meno letterari, artistici, filosofici, ma di sicuro entriamo il quel mondo di cui un Ballard fu supremo anticipatore per come aveva meravigliosamente, intimamente e sottilmente scavato ed immaginato (vedi Crash e La mostra delle atrocità solo per esempio) di fatto abbattendo ogni confine tra io, o coscienza di se ed ambiente, realtà inscindibile dall’essere, o meglio, sua prosecuzione ed appendice, forse non troppo lontano per cogliere abbastanza il senso dell’ispirazione che del tutto ebbero anche i Joy Division particolarmente in Closer per non sottacere una certa affinità di vedute e contesti, oltre che di gusti musicali, con i nostri Ash Code. A ben pensare tutto il genere dark come filone della più generale new wave nasceva, in fondo, come fenomeno assolutamente nuovo a creare i presupposti per una nuova stagione musicale a far da colonna sonora ad un’era post moderna e post industriale: l’analogia con un futuro in embrione capace di superare umane atrocità e debolezze è servita.
Posthuman può tranquillamente essere considerato come la naturale evoluzione del precedente Oblivion, le sonorità rimangono cupe e forti sferzate da potenti riverberi sinth ed accarezzate da cristalline atmosfere elettroniche in cui si amalgama e batte pulsante un basso calibratissimo a spingere sound e adrenalina, disegnare echi profondi da offrire in dono ad un gusto deciso, avvolto in mille sfumature di emozioni eteree e contrastanti: cuore e anima… uno dei due brucerà!
Anche se come fa notare Alessandro Violante nella sua recensione su ondarock.it gli Ash Code di Posthuman possono maggiormente ricordare i Clan Of Xymox, inevitabilmente certe sonorità non possono non far tornare la memoria ai mostri sacri della darkwave.
It’s time to face the abyss crea subito un climax ottimale e vagamente i piani di sinth innescano atmosfere tipiche del genere tra vivissimi ricordi in stile Joy Division e Cure che sembrano quasi affacciarsi ad aprire una meravigliosa, tosta e tenebrosa Nite Rite ! Challenging the sea amplia gli orizzonti su spazi più liberi e privi di ostacoli, un susseguirsi incalzante di brividi sintetici, ma caldi. La successiva Insensitive sembra tracciare un po’ una linea di demarcazione all’interno dell’album in un’alternaza di voci (Alessandro/Claudia) già sperimentata nella dolcissima Drama in Oblivion e dona solo una timida parvenza di calma rispetto un inizio veramente bruciante. Ecco di nuovo un onesto ed energico giro di basso ad annunciare un altro gran bel pezzo di bravura, è la meravigliosa Sand ! Poco da dire: una delizia per un cuore dark! Maestosa sicurezza di avere ancora sangue nelle vene! Poco tempo per riflettere, arriva la title track ! Manco a dirlo un altro meraviglioso episodio col suo accattivante riff avrebbe saputo ispirare alla grande uno degli elettronici balletti di un epilettico Ian Curtis. Non finisce qui. The last stop nevrotica, Alone in your dance saluta il ritorno della bella intonazione femminile di Claudia, quindi Fragments aggiunge un altro gran bel pezzo all’album con sonorità, questa volta, più vicine ad un Gahan & company: bella, bella, bella! E che dire di Tide ? Più dolce e malinconica, un sussurro, ancora, al cuore! Concludono degnamente Try to be me nevrotica ed incalzante e New Dawn più riflessiva, pacata (se si può dire!) e sognante, è l’alba della nuova era!
Oblivion ci aveva conquistati, questo Posthuman non delude e continua a conquistarci senza invertire la tendenza…