A livello di “audience” al Pd umbro costa più l’inchiesta di concorsopoli o la tiritera che si è innescata intorno alle dimissioni della presidente della Regione Catiuscia Marini? Certo è che l’impressione è che ci sia, dentro il Pd umbro, chi non intende “schiodare”, chi vuol restare abbarbicato alle poltrone magari utilizzando tutti i codicilli offerti dallo Statuto Regionale e dalle normative vigenti. C’è sicuramente, tra costoro, anche chi pensa che mantenere il governo potrebbe essere vantaggioso per provare a rimontare di qualche decimale alle prossime elezioni e, chissà che non avvenga qualche miracolo nei mesi che restano? Ma già l’idea suona “a coccio” e innesca dubbi.
Non è di sicuro una grande strategia: quando è ora di fare il martello – si dice a Terni – si faccia il martello, ma quando ti tocca di fare l’incudine, devi starci. E’ incudine ora il Pd umbro. E’ ora che tutti ne prendano atto dentro quel partito. Che si affronti con coraggio e dignità un passaggio che si annuncia lungo e difficile all’opposizione. Ma un passaggio che sembra necessario, salutare. Specie se le conseguenze venissero tratte fino in fondo. Aria nuova, facce nuove, mentalità nuove: questo serve. Gente che non si riconosce nelle pratiche tese alla ricerca di un consenso che può essere della mano che traccia la croce in cabina elettorale, ma non del cervello e del cuore collegati a quella mano. Gente che lavori, che studi per essere in grado di costruire proposte e sostenerle con dignità e in modo più che corretto. Un partito in cui contino le competenze, quelle vere, non i voti riposti nel cassetto della scrivania di casa e usati per fare alleanze, cordate, per diventare “capibastone” e da spendere nelle trattative interne.
Dar valore solo alla grandezza di quel cassetto comporta anche l’ignorare o non dare importanza al fatto che il Pd umbro, pur essendo nato il Partito Democratico poco più di dieci anni fa, è l’erede diretto di una tradizione, di una storia che in questa regione sono state condivise da tanta gente che se ne è sentita parte. Parte attiva, non serbatoio di voti. Quella storia e quella tradizione non possono essere buttate alle ortiche come si sta rischiando di fare.
Una volta si ricorreva alla speranza nel “vento dell’Est”, qualche altra nel “vento del Nord”. Ora soffia il maestrale che spesso travolge e distrugge. E dopo arrivano le ruspe a sgomberare.