E’ capace di intendere e volere la 28enne di Terni accusata di aver partorito in casa e abbandonato il figlio appena nato, morto dopo qualche ora, vicino ad un supermercato della prima periferia della città, il 2 agosto scorso. Lo ha stabilito la perizia psichiatrica cui la donna è stata sottoposta nell’ambito del processo in corso, con rito abbreviato, davanti al gup Margherita Amodeo.
A riferire gli esiti della consulenza è stato il perito nominato dal tribunale, Massimo Di Genio dell’ospedale San Filippo Neri di Roma. La donna, stando alla relazione di una trentina di pagine, è dunque capace di stare in giudizio. Il dottor Di Genio, in base a quanto si apprende, ha comunque rilevato nella ternana uno spaccato socio-relazione patologico, oltre che gesti autolesionisti ed una relazione definita “disfunzionale” con il compagno, padre del piccolo morto e di un’altra bambina di tre anni, all’oscuro della gravidanza e dell’abbandono.
La donna questa mattina era presente in aula assistita dai suoi legali, Alessio Pressi e Attilio Biancifiori. Per la difesa l’imputata, accusata di omicidio volontario aggravato, “non aveva intenzione di uccidere il bambino, ma voleva che fosse ritrovato”. Tesi, questa, che i legali ribadiranno nell’udienza fissata l’8 ottobre prossimo, quando dovrebbe essere pronunciata la sentenza.
Intanto la 28enne rimane nel carcere di Capanne a Perugia, in assenza della disponibilità di centri idonei ad ospitarla.