Sono state 88, nei primi mesi 10 mesi del 2019, le donne che sono state medicate al pronto soccorso dell’ospedale di Terni, in seguito alle violenze subite. Erano state 76 in tutto il 2018 e 91 nel 2017.
Dunque, se il trend fosse confermato, nel 2019 i casi accertati, anche se tutti non ufficialmente denunciati, di violenza subita non solo non diminuirebbero ma sarebbero in aumento. Un fenomeno gravissimo che non si riesce a contenere.
I dati li ha resi noti la struttura del Pronto Soccorso dell’ospedale Santa Maria di Terni in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, del 25 novembre.
Nell’ospedale di Terni il percorso di assistenza protetta dedicato alle donne vittime di violenza è attivo, con una vera procedura condivisa da tutto il personale sanitario, dall’aprile del 2016, quando, per accogliere con la massima riservatezza le donne vittime di violenza (per le prime cure e le prime dichiarazioni, l’orientamento alle opportune azioni di tutela e di difesa da ulteriori episodi di violenza fisica e psicologica), grazie alla collaborazione con l’Associazione Soroptimist International Club di Terni, fu realizzata una stanza interamente dedicata ai codici rosa che inizialmente prevedeva la presenza, in giorni prestabiliti, delle volontarie del Centro Anti Violenza di Terni Liberetutte.
“Oggi le volontarie del Centro Anti Violenza – spiega il direttore del Pronto soccorso Giorgio Parisi – vengono attivate telefonicamente quando si presenta un codice rosa e abbiamo attualmente disponibili per i casi di violenza due stanze: un ambulatorio all’interno del blocco del Pronto Soccorso che in casi particolari ci consente di dare una risposta adeguata anche dal punto di vista umano in un ambiente più protetto qualora le condizioni psicologiche o le risposte organizzative assumano carattere di particolare complessità; inoltre abbiamo un’altra stanza di osservazione, all’interno dell’OBI, isolata dalla restante utenza, che può diventare, come più volte avvenuto, una camera in cui la donna vittima di violenza, anche in condizione di anonimato, può ricevere un “alloggio” temporaneo, insieme ad eventuali figli. Anche a quelle donne che non accettano il percorso proposto, lasciamo a disposizione gli estremi telefonici per contattare il CAV“.