DI RAFFAELLO FEDERIGHI
Prendendo spunto dal titolo, io resto a casa, quanto più possibile, certamente, perché la mia cultura giuridica ed istituzionale mi dice che le norme si rispettano, ma che rimangono leciti il dibattito, il dubbio, l’opinione.
Siamo nel mezzo di una pandemia mondiale di coronavirus/covid 19, ovvero un virus influenzale, facilmente trasmissibile, ma non a elevata mortalità, salvo persone anziane e/o affette da malattie pregresse.
Le pandemie sono purtroppo ricorrenti, rammentiamo la spagnola nel 1918 (letalità al 2,5%, oltre cinquanta milioni di morti), l’asiatica nel 1957 (circa due milioni di morti) e quella di Hong Kong nel 1968 (circa ventimila morti solo in Italia), appare quindi molto probabile che anche con l’attuale dovremo convivere per molti mesi se non anni.
Esistono modelli matematici sulla diffusione e gli effetti delle pandemie, vengono elaborati dal Centro Nazionale di Epidemiologia dell’I.S.S. (Istituto Superiore di Sanità), sono a disposizione delle Autorità, ma per evidenti ragioni non vengono divulgati all’opinione pubblica. E’ stato quindi redatto un Piano Nazionale Pandemico nel quale viene specificato che ridurre il contatto diretto tra le persone è uno dei mezzi per rallentare la diffusione della malattia, ma non ne modifica l’incidenza.
I vari Governi hanno approcci non univoci nell’affrontare tale tipo di problematica e nessuno di essi è esente da difetti o effetti collaterali. La Gran Bretagna ha adottato un modello realistico, teso a favorire l’immunità di gregge che si sviluppa con la diffusione del vaccino (al momento non disponibile) o nel superare la malattia con anticorpi propri e la successiva immunizzazione della maggioranza dei cittadini. La Russia ha reagito rapidamente, blindando subito i propri confini e sorvegliando attentamente chi rientrava nel territorio
nazionale da paesi a rischio. La Cina e l’Iran hanno tentato di nascondere la progressiva diffusione della malattia, cercando poi di attribuire l’origine del virus agli Stati Uniti. L’Africa, complice un sistema sanitario primordiale, non ha fatto quasi nulla e in quei territori probabilmente la malattia si diffonderà esponenzialmente, mietendo la maggior parte delle vittime, soprattutto considerando la massiccia presenza in loco di cinesi.
Quello che è certo è che i vari Governi dovrebbero avere piani preventivi per affrontare tali minacce ricorrenti, predisponendo scorte, materiali e istruendo personale medico e paramedico. Questo concetto elementare è tanto più vero alla luce di un documento dell’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) che, attraverso un proprio ufficio (Global Preparedness Monitoring Board), già nel settembre 2019, aveva inviato un documento nel quale si stimava come probabile ed imminente un’epidemia influenzale di ampia portata, capace di provocare milioni di morti e incidere sul P.I.L (prodotto interno lordo) mondiale per oltre il 5%.
La situazione italiana è paradossale. Premesso che il sistema sanitario nazionale, un tempo modello studiato e invidiato all’estero, è stato progressivamente dissestato dalla rapacità politica che ha permesso nomine dirigenziali sulla base dell’appartenenza partitica piuttosto che per merito oggettivo, i nostri governanti, alle prime notizie dell’epidemia, hanno minimizzato e si sono preoccupati essenzialmente di contrastare ipotetici comportamenti razzisti contro la comunità cinese e rassicurato immediatamente la popolazione che la moltitudine di migranti irregolari, a vario titolo presente nel territorio e in arrivo con corsia preferenziale era, buon per loro, sanissima.
Questo eccepibile comportamento ha vanificato misure di contrasto al virus, non impedendo ad esso di diffondersi mediante controlli severi alle frontiere ed efficace monitoraggio di coloro che rientravano dall’estero.
Quando il problema è diventato evidente, soprattutto quando si sono resi conto che i posti in terapia intensiva erano poche migliaia (6000/7000), che non esistevano scorte di mascherine e guanti, che la Protezione Civile era stata privata dell’autonomia di spesa in situazioni emergenziali, obbligandola come qualsiasi altro Ministero a gara di appalto e rendendola quindi sostanzialmente inefficiente, il nostro Governo ha reagito in maniera irrazionale. Invece di ammettere e correggere gli errori iniziali, ha nominato un Commissario all’Emergenza, moltiplicando così i centri decisionali e generando ulteriore confusione ed inefficienza e ha emanato una serie di provvedimenti liberticidi, impaurendo i cittadini al fine di farli accettare come l’unica soluzione possibile.
Si tratta di scelte non del tutto condivisibili e soprattutto non da tutti condivise, sia sulla base di valutazioni mediche oggettive, sia alla luce del report emesso dal I.S.S., il quale ha definitivamente chiarito che i morti per coronavirus sono una percentuale ridotta. In realtà i decessi riguardano prevalentemente persone anziane, in maggioranza di sesso maschile, quasi tutte con una o più patologie pregresse, successivamente infettate anche dal virus.
Chiaramente un Governo non di altissimo profilo evidenzia maggiormente i suoi limiti in una situazione emergenziale e in effetti il Presidente del Consiglio è privo di pregressa esperienza istituzionale, ed è quindi comprensibile che sia andato completamente nel pallone, sospendendo libertà costituzionalmente garantite, come la libertà di circolare e soggiornare liberamente sul territorio nazionale (art. 2), il diritto al lavoro (art. 16), il diritto alla salute (art. 32). Ad aggravare la situazione ha concorso anche che il Parlamento ha rinunciato al diritto/dovere di controllo sugli atti del Governo, non effettuando dibattito alcuno sulle scelte inusitate poste in essere e soprattutto sugli effetti di esse, inoltre la gran parte dell’informazione ha abdicato al ruolo di coscienza critica del potere.
Si tenta di sostenere il concetto fuorviante che per tutelare la salute si devono fare sacrifici collettivi. Questo è vero se l’opinione della comunità scientifica è univoca nel senso e abbiamo visto che così non è. Ma la cosa più preoccupante è che si tace sui prevedibili effetti recessivi a lungo termine delle decisioni poste in essere, sulle conseguenze di spendere soldi che non si hanno, sulla distruzione del commercio, dell’artigianato, della piccola impresa. Invero, il primario compito di qualsiasi Governo è tutelare l’assetto economico e la tenuta sociale del Paese, come presupposti essenziali per la sopravvivenza del Paese stesso e per garantire la salute dei cittadini. Se la nostra economia collassa e ci sono tutti gli indicatori che rendono fondata tale previsione, ci sarà il caos.
Ci viene garantito che l’Europa ci aiuterà, ma questa è una mera speranza, priva di fondamento. Basti vedere quello che è successo, in tempi recenti, alla Grecia, strangolata dalle norme recessive imposte dagli eurocrati e poi comprata a poco prezzo dai cinesi: un destino che si avvicina a grandi passi anche per noi.
Molti Governi, tra cui certamente i nostri più recenti, hanno da tempo intrapreso un percorso illiberale, fomentando paure e odio sociale per limitare libertà fondamentali. Con la chimera della sicurezza collettiva il cittadino è schedato, controllato e sorvegliato, privato della riservatezza della sua corrispondenza e monitorato nei suoi spostamenti. Con il controllo invasivo sui propri beni è stato instaurato un regime di polizia fiscale, generando l’erosione del benessere individuale a favore dello sperpero di stato. Ora i cittadini italiani sono stati messi agli arresti domiciliari e indotti a credere che fosse per il loro bene, che era l’unica cosa da fare e che sarebbe stato per poco tempo. Abbiamo visto che sono opinioni e come tali doverosamente oggetto di dibattito e confronto. La malattia non sarà contenuta, il 25 marzo non finirà tutto, dovremo conviverci per molto tempo, mentre altri paesi, rispettabilmente, hanno intrapreso scelte diverse, non hanno privato i cittadini dei loro diritti e hanno salvaguardato l’economia.
Hegel ci ha ammonito che non si è liberi quando per paura di morire ci si sottomette ad un padrone e nel nostro caso i cittadini sono stati fuorviati ad accettare la reclusione casalinga, fomentati da sindaci che si sentono sceriffi nelle loro città, da Presidenti di Regione che hanno minacciano di tracciare i movimenti dei loro amministrati e di sottoporli al coprifuoco, nonché da un Presidente del Consiglio che si vede come Churchill, ma in realtà è un novello Capitan Uncino che rischia di portare il vascello fantasma Italia a schiantarsi sugli scogli.
La vita senza libertà è come un corpo senza lo spirito e non è una scelta saggia quella in cui, per tentare di conservare la sicurezza relativa, si baratta la libertà assoluta. Winston Churchill (quello vero) lo sapeva quando rifiutò di sottomettersi a Hitler e gli inglesi se lo rammentano, per questo non cedono per paura le loro libertà e per questo fuggono da un’Europa che, così com’è, non ha futuro.
Pertanto, sì, io resto a casa, ma sono molto inquieto, resto vigile, confido nel civile dibattito e nella dialettica costruttiva al fine esclusivo del bene comune. Mi auguro di non essere il solo.