Cibo e archeologia, alimentazione e storia costituiscono interessanti connubi che danno vita ad un settore della ricerca scientifica e storica sempre più avvincente. L’utilizzo di metodiche sofisticate consente di indagare residui animali e vegetali, addirittura anche pollini, per far luce sulla gastronomia etrusca. La cucina costituisce la cultura materiale di un popolo e a differenza dell’alimentazione non si ferma al solo soddisfacimento di un bisogno primario.
La gastronomia sottintende fondamentali pratiche di socializzazione: il momento conviviale sancisce, da sempre, gli accordi economici, matrimoniali, rituali e sociali. Alla luce del particolare ruolo che la donna rivestiva nella società etrusca, il libro “A tavola con Tanaquilla, Velia Larthi e le altre. La cultura etrusca attraverso i cibi” di Sandra Ianni, è dedicato a donne aristocratiche le cui gesta sono giunte sino a noi come Tanaquilla, Velia e Larthia, pensandole come ipotetiche commensali di un banchetto che è possibile allestire seguendo le indicazioni di una proposta di ricettario filologicamente coerente.
Le ricette, di facile realizzazione e ben calibrate sul nostro attuale gusto, possono, è proprio il caso di dirlo, condire le pagine di questo testo. Il volume contiene infatti, oltre ad una cronologia della civiltà etrusca ed un elenco dei musei dedicati a questo popolo, anche un interessante ricettario, ricostruito sulla base filologica della documentazione disponibile. Sarà dunque possibile conoscere da vicino i piatti e le bevande che deliziavano i banchetti dei nobili etruschi, ma sarà anche possibile cimentarsi con la preparazione di questi piatti.
Conosceremo dunque come si preparava e si può ancora oggi preparare il vino resinato, la bevanda alle corniole o il vino aromatizzato. Tra i primi piatti andavano forte la polenta di farro, il pane azzimo alla lavanda selvatica, il pane con la farina di ghianda o con le olive, il pane ai fichi, i biscotti salti al papavero.
Gli etruschi erano anche specialisti nella preparazione della carne; tra i piatti più ricorrenti ed apprezzati il maialino al coriandolo, il petto d’anatra alle olive, il cinghiale con le rape, i fegatini di maiale nella rete, il fegato di agnello marinato, l’agnello arrosto.
Anche i pesci abbondavano sulle tavole delle famiglie nobili, trattandosi pur sempre di un popolo di provetti navigatori. Si preparava e si gustavano con frequenza il pesce in marinata, il tonno alla griglia con salsa aromatica, gli sgombri alla ruta, i calamari con ceci e castagne, il brustico ovvero il luccio abbrustolito.
La loro dieta, così come quella di molti popoli dell’antichità italica, era inoltre ricca di legumi. Si mangiava spesso e volentieri le zuppe di lenticchie e castagne, i cardi con le lenticchie, i fagioli con l’occhio alla salsa di alici, la zuppa di ceci, la favata, l’insalata di fave all’elicriso, la polentina di piselli. C’erano poi i tanti modi con i quali cucinavano le uova. Si andava dalla frittata con fiori di asfodelo, a quella con germogli di vitalba, ma erano anche ghiotti di uova in salsa di pinoli.