“Il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente”.
Altresì “devono ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore”.
E’ quanto ha deciso la Corte di Cassazione con una sentenza a sezioni unite che depenalizza di fatto la coltivazione e l’uso personale della cannabis.
Decisamente contraria a questa decisione della Corte la Comunità Incontro di Amelia.
“La Comunità Incontro di Molino Silla – è scritto in una nota – prende le distanze dalla sentenza pronunciata dalla Suprema Corte di Cassazione sulla liceità della coltivazione domestica della cannabis purché in quantità minima e ad uso personale, ribadendo categoricamente il No corale alle droghe di qualsiasi tipo e quantità.
In uno scenario come quello attuale con dati allarmanti che rimandano ad un’emergenza educativa, non si può condividere una sentenza che “depenalizza” materialmente e moralmente chi fa uso di sostanze, consente la coltivazione e produzione ad uso proprio, ma soprattutto non tiene conto delle conseguenze che l’uso e l’abuso possono provocare.
Si tratta di un messaggio distorto ed errato, particolarmente nei confronti delle fasce più vulnerabili, come i giovani, nei quali si evidenzia un significativo incremento nell’uso di ogni tipologia di sostanza, con particolare diffusione degli oppioidi sintetici facilmente reperibili in rete.
Come si evince dagli ultimi dati pubblicati dal Dipartimento delle politiche antidroga – sottolinea la Comunità Incontro – la Regione Umbria detiene il triste primato nazionale in merito al consumo, evidenziando che una persona su dieci fa uso di droghe, con Perugia e Terni che si posizionano ai primi posti per morti di overdose.
In uno scenario attuale così complesso e articolato rispetto al passato, occorre un’assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori, pubblici e privati, del no profit e non, al fine di concertare un lavoro di rete con l’obiettivo di produrre un reale cambiamento.
Nel 40° anniversario dalla fondazione della nostra Comunità, ci sentiamo di ribadire e rinnovare i valori più profondi che ci hanno contraddistinto, continuando ad impegnarci a livello nazionale ed internazionale, nel portare avanti la nostra esperienza nel contrasto ad ogni tipo di dipendenza.
Vogliamo fortemente rimettere al centro del dibattito politico ed istituzionale il NO incondizionato a tutte le droghe e il tema fondamentale della prevenzione ed informazione continua, per questo ci rivolgiamo a tutte le forze politiche e alle istituzioni, affinché si possa procedere ad una vera e propria riforma del sistema e di tutti quegli interventi necessari per arginare un’emergenza sempre più dilagante.”