Prosegue il suo percorso lo spettacolo “Rikordami”, una produzione tutta umbra targata Athanor Eventi interamente dedicata alla Giornata della Memoria (ricorrenza internazionale che si celebra il 27 gennaio di ogni anno per commemorare le vittime dell’Olocausto).
Lo spettacolo scritto da Antonio Fresa, con sul palco i due attori Cristina Caldani e Massimo Manini, arriva ora al Teatro Manini sabato 5 febbraio alle ore 21, in collaborazione con il Comune di Narni, dopo i tre appuntamenti andati già in scena a gennaio (nel cartellone di “Umbria on stage” e in collaborazione con le rispettive amministrazioni comunali) a Spoleto, Lugnano in Teverina e a Foligno.
Anche lo spettacolo di Narni è ad ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria. Per info e prenotazione spettacolo: [email protected]; tel. 0744/747279-277. Richiesto Green pass rafforzato e mascherina ffp2.
Rikordami
Lo spettacolo narra la storia di due fratelli, un uomo e una donna senza nome: lui introspettivo e contenuto negli atteggiamenti, lei più espansiva e con la gioia di vivere. Giocano, ricordando diversi momenti della loro vita passata: di svaghi quotidiani rubati all’infanzia e di un viaggio, di un ultimo viaggio fatto insieme ai propri genitori e a tantissima altra gente appartenente alla loro cultura: il popolo ebraico. Passano così dal clima sereno e protetto delle stanze della loro casa, ai paesaggi osservati attraverso i finestrini del treno, in cui il sole accendeva i colori e scaldava la tiepida aria vissuta in tante vacanze.
Man mano che il viaggio procede però, si restringono gli spazi attorno a loro; cambiano paesaggi e la luce si fa sempre più fioca. I buoni e profumati odori spariscono, per far spazio ad un putrido e fetido olezzo. Fino a quando gli umori corporei prevalgono su quelli dei campi, e i mugugni di sofferenza delle persone accanto, vengono interrotti da cani che ringhiano e da brutali comandi in lingua tedesca. È in questo momento, che il viaggio dei due fratelli, prende due strade diverse fino arrivare a far porre loro una domanda: “Quando l’ultimo dei nostri testimoni ebrei avrà cessato di vivere, chi si ricorderà di ricordare?”.
Una domanda che questo originale lavoro si pone, costituendosi “parte civile” di una vicenda drammatica, come la Shoah. Ed è originale, perchè non si limita a raccontare una delle tante “storie” capitate agli ebrei; ma perché, nel raccontare la vicenda di una famiglia, rende universale un che è appartenuto ad altre culture. Dai curdi agli armeni, dai rohingya così come ad altre civiltà, lo spettacolo intende mettere lo spettatore di fronte alla responsabilità di “farsi ponte” tra il passato e il presente della propria storia. Perché il dramma vissuto dal popolo ebraico, a differenza di qualsiasi altro popolo, dai rastrellamenti alle deportazioni, dai campi di concentramento allo sterminio, è cosa che riguarda tutti: e tocca ognuno non solo da vicino, ma soprattutto da lontano.