La sostanza è che gli impianti delle acciaierie di Terni hanno un capacità produttiva che diventa esagerata rispetto alle richieste del mercato. E così bisogna diminuire la produzione: centomila tonnellate di “fuso” in meno, che per il momento significano fermate (undici giorni, anche per San Valentino, una festività mai osservata nella storia della “Terni”), un qualche ricorso agli ammortizzatori sociali. Ma forse 2.360 dipendenti sono troppi ed allora si parla di un centinaio di “esuberi”, il che tradotto in soldoni vuol dire che ci saranno un centinaio di interinali che rischiano di non vedere confermato il loro contratto.
Perché ciò non accada sarebbe necessario che le cose cambiassero. Che da qualche parte si facesse sapere, una volta per tutte, che intenzioni ci sono in merito ad un’Ast che continua a guardare avanti, ma che non vede una linea d’orizzonte precisa e non avvolta dalla nebbia. Questa fabbrica di Terni, la ThyssenKrupp, la vende o non la vende? Intende valorizzarla o meno? utilizzarla appieno, oppure no? E la stessa multinazionale ThyssenKrupp, che vuole fare? Smobilitare e buttarsi su altri settori – magari la finanza e basta – o invece continuare ad essere se non più un colosso mondiale almeno una grossa realtà nella produzione di acciaio? Da una parte la componente ex Thyssen, dall’altra la Fondazione Krupp, e il Governo tedesco i quali considerano strategica la siderurgia.
Sarà necessario o no cercare di ottenere una risposta chiara, precisa , definitiva? Per Terni non stiamo parlando di una quisquillia, perché se le acciaierie non sono più la fabbrica che inglobava la città, restano pur sempre un realtà economica fondamentale. Registrano il maggior numero di occupati; danno un impulso più che consistente a quelle esportazioni umbre che costituiscono un dato di vanto per l’economia regionale; hanno, o potrebbero continuare ad avere, un impatto anche culturale su una città che non è abituata a guardare oltre la cima delle montagne che la circondano, che trema di fronte ad ogni diversità, ad ogni idea nuova, che si riannoda giorno dopo giorno sul proprio passato spesso senza – peraltro – nemmeno conoscerlo a fondo
Non c’è modo per la comunità ternana sapere che cosa succederà alla propria economia nell’immediato futuro? Con quale scenario si dovrà fare i conti e quali scelte di sviluppo compiere di conseguenza?
Chi è che deve porre le domande? Il solo sindacato? Quali contatti esistono tra il Governo Italiano e quello Tedesco? Su quale collaborazione di stampo europeo si può contare al di qua delle Alpi? E infine: chi sollecita risposte, interventi? Chi pone la questione “Terni”? Che fine hanno fatto le istituzioni locali? Davvero pensano che rinnovare la città significa solo tagliare le chiome a quattro lecci o buttare una palata di bitume sulle buche stradali?
Eppure la presa di posizione delle Rsu Fiom-Cgil dovrebbe spingere a riflettere, se non altro perché viene da chi vive a stretto contatto con la realtà produttiva delle acciaierie. Le Rsu sono chiare: “Le fermate produttive comunicate da AST nei giorni scorsi testimoniano lo stato di difficoltà in cui versa lo stabilimento siderurgico ternano, come più volte denunciato e messo in evidenza da parte del sindacato. Di certo pesano lo stato di recessione del paese e la crisi che ancora attraversa i settori produttivi, una situazione che smentisce la lettura di “segnali positivi” che alcuni ancora tentano di diffondere nell’opinione pubblica”. Le scelte di Ast, a giudizio del sindacato, vanno “verso un indebolimento del sito siderurgico” e per di più “La stessa gestione della fermata di febbraio è testimonianza da un lato dei problemi di ordinativi che ci sono e dall’altro di una volontà precisa di scaricare sui lavoratori questa situazione, facendo “pagare” ai soliti noti le criticità gestionali aziendali”. Certo, concordano le Rsu Fiom, ci sono “difficoltà esterne”, ma comunque manca ogni “chiarezza sulla strategia commerciale, sulle prospettive, sul portafoglio ordini dei mesi futuri, sull’utilizzo impianti e sull’organizzazione del lavoro. Ma mix produttivo, manutenzioni, attività lavorative e via dicendo non possono essere un optional per un’azienda complessa come Acciai Speciali Terni. E’ evidente che tutto questo genera preoccupazione, ma anche difficoltà di gestioni interne nel rapporto con i lavoratori diretti ed indiretti”.
Per certi problemi occorre andare a parlare in Germania, ma alcuni tra questi ultimi potrebbero essere oggetto di confronto anche a Terni. Basterebbe volerlo.