Le aste immobiliari, come si sa, riguardano immobili sottoposti a vendita forzata per i quali si adotta una procedura normativa regolata dal Tribunale e si distinguono tra vendite con incanto (con la possibilità di rilanciare le offerte) e senza incanto (con offerte a busta chiusa).
Al giorno d’oggi – spiega Francesco Marco Maiotti, componente del Comitato di Listino e della Borsa Immobiliare Umbra – la modalità più comune è l’asta telematica che prevede l’uso della firma digitale e altri precisi obblighi che possono risultare complessi al comune cittadino, per cui è sempre consigliabile farsi assistere da professionisti specializzati per non commettere errori e vedersi escludere dalla procedura per inesattezze formali.
Dal giorno di aggiudicazione dell’asta decorrono poi 120 giorni entro i quali l’aggiudicatario dovrà saldare il prezzo dell’asta, unitamente alle spese accessorie, dopo di che il Delegato alla vendita predisporrà il Decreto di Trasferimento da sottoporre alla firma del Giudice. 2.585 giorni è stata la
media di chiusura delle procedure esecutive nel 2019, ovvero un totale di oltre 7 anni. Chiaramente un tempo esagerato che per risultare accettabile andrebbe ridotto di molto.
L’Umbria nel 2021 ha avuto un numero di beni andati all’asta di 4.350 unità, con una media di 362 aste al mese, dato che la colloca stabilmente al 13° posto (invariata rispetto al 2019) come regione e che comunque rappresenta un modesto 3,45% sul totale nazionale. È sempre la provincia di Perugia nel 2021 a mantenere il non invidiabile record del maggior numero di esecuzioni, ben 3.713 rispetto a Terni con 637.
“Le aste immobiliari, ovviamente, possono rappresentare talora dei veri e propri affari per realizzare i quali – ricorda Maiotti – il mondo bancario mette a disposizione dei mutui specifici proprio per l’acquisto in asta, fermo restando che per partecipare bisogna comunque disporre di una somma pari almeno al 20% del prezzo offerto, che viene ovviamente restituita in caso di mancata aggiudicazione.”