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Poco dopo le ore 23,00 , rabbuiatissimo in volto, il vescovo della diocesi di Terni-Narni-Amelia, Mons. Giuseppe Piemontese, lascia la basilica di San Valentino. Non sono bastate due ore abbondanti di mediazioni per addivenire ad un accordo con i rivoltosi della parrocchia di San Valentino. Non c’è stato niente da fare. Una quarantina, forse cinquanta i fedeli che hanno circondato l’urna contenente le reliquie del Santo , urna che era già stata spostata dalla sua posizione abituale, sotto l’altare e sistemata davanti all’altare stesso. Tutto era pronto, dunque, per il suo trasferimento, come da programma delle celebrazioni, che sarebbe dovuto avvenire ieri sera, nella cattedrale, con l’urna accompagnata con una fiaccolata.
Niente di tutto questo perché i fedeli più accesi della tradizione fin qui seguita lo hanno impedito.
Nè era pensabile un intervento delle forze dell’ordine per far sgomberare la basilica. Così è stato il vescovo ad andarsene.
Vescovo che ha cercato in tutti i modi di far ragionare i contestatori. “Una delle cose che non avete condiviso è quello delle messe – ha detto mons. Piemontese – alloro io autorizzo padre Bose a dire messa , domenica, ma voi dovete smettere”.
“io vi invito a riflettere – ha aggiunto il vescovo, in mezzo alle grida – chi ci ripensa si alzi e se ne vada; chi non c’entra con questa protesta, vada via, io sono disposto a dimenticare”. Peggio che mai, dai banchi si sono levate grida: “perché se non dimentichi che succede, questa è una minaccia” , “ma vattene tu”. “Vado via io, vado via io”, è stata la risposta del vescovo che, a quel punto, erano 22,30, prende la via dell’uscita.
Anche San Valentino deve aver perso un po’ la pazienza per quanto stava accadendo. Fuori, infatti, piove a dirotto e si alza anche un vento gelido.
La posta in gioco però è troppo alta e, quindi, Mons. Piemontese non se ne va. Resta sulla porta della basilica dove lo raggiunge anche l’assessore al commercio e turismo, Daniela Tedeschi. “Ve ne abbiamo data di materia per scrivere, questa sera”. Si resta alcuni minuti fuori dalla chiesa, sotto la pioggia. Poi, di colpo, il vescovo ritorna sui suoi passi. Evidentemente vuole provare ancora una volta a convincere i contestatori.
Si chiude in una stanza con l’assessore Tedeschi. Passa circa mezz’ora. La situazione non si sblocca. A un certo punto un gruppo di fredeli si alza in piedi, e, tenendosi per mano, cinge l’urna del santo. Come dire, dovrete passare sul nostro corpo altrimenti San Valentino da qui non si muove. A costo di finire sulle prime pagine dei giornali, a costo di finire sui telegiornali, supponiamo, non solo nazionali, considerata la popolarità di San Valentino, a livello planetario.
A questo punto è padre Bose, il parroco della basilica, a tentare di convincere i suoi parrocchiani. Lo fa in modo tardivo, questo va obbiettivamente detto, e il primo a non essere convinto di ciò che dice pare essere proprio lui, padre Bose, forse anche per via del suo italiano stentato. Ci aveva già provato, anche questo va detto, un’ora prima senza nessun risultato. Ci riprova prima dell’ultimo tentativo del vescovo. “Guardate – dice padre Bose – che così mi mettete in difficoltà, non potrò organizzare niente nè domani (oggi , n.d.r.) nè dopodomani. Facciamo così – aggiunge – voi avete espresso il vostro disaccordo, ora facciamo fare la festa come è stata organizzata, per i prossimi anni, ci confronteremo con il vescovo, vedremo come fare”. Le sue parole si perdono nelle grida dei fedeli più accesi: “questo è il luogo di sepoltura del santo e da qui non si sposta, questo è sicuro” ; “lo faccia il vescovo un gesto verso di noi , non ha accettato nessuna delle proposte che gli abbiamo fatto” , sono solo due dei commenti alle parole di padre Bose al quale non resta altro che andare a chiamare il vescovo per l’ultima parola.
Subito contestazioni: “quello cose che ha detto padre Bose gliele ha dette lei di dirle”, gli si rivolge una signora. E il clima si fa subito incandescente. Già si capisce come va a finire. E anche il vescovo ne è ben consapevole tanto che non concede praticamente nulla ai suoi interlocutori. “Quello che vi posso dire – è la sola concessione che fa – è che prenderò in considerazione le vostre proposte , altro non vi posso dire; aspetto ancora 5 minuti e poi me ne vado”. Il vescovo è infuriato, lo si vede chiaramente. Torna sui suoi passi si riavvicina al microfono e scandisce: “un’altra cosa voglio dire , vi ho dato un ordine e non l’avete eseguito, il giorno di San valentino, qui, non si celebreranno messe; non si celebreranno messe , ripete , nemmeno una”.
5 minuti, si infila il cappotto e va via sulla Punto blu.