La Camera di Commercio di Terni celebra in un volume quasi un secolo di attività. Inquadra la propria storia in quella dell’economia umbra e ternana, attingendo al proprio archivio, un vero e proprio tesoro di informazioni e di immagini, rimesso in ordine da professionisti del settore. Da lì, con l’intervento di uno storico serio e preparato si imbastiscono temi ed analisi raccolte in un volume. Con cui si fissa, quantomeno, un punto di partenza per ulteriori studi o dibattiti. E’ o non è, restando bassi, un’operazione di un certo valore per la cultura cittadina?
Nemmeno a farlo apposta quel volume viene pronto nel momento più delicato del quasi secolo di esistenza della Camera di Commercio di Terni: il momento in cui nubi nere si presentano all’orizzonte. Sono la conseguenza della scelta di uno Stato che vuole una diminuzione del numero delle Camere di Commercio italiane stabilendo che in Umbria ne basta una sola con sede a Perugia. Un’operazione che farebbe parte della politica dei “risparmi”. Solo che la struttura ternana continuerebbe ad operare e quindi manterrebbe il proprio. A scomparire sarebbe il “cervello”, ossia il consiglio e la giunta camerale, organismi i componenti del quali non percepiscono appannaggio. Quali risparmi, allora?
E’ una delle domande che si pongono coloro che questo accorpamento non lo vedono bene. I motivi sono intuibili, considerato che sono già diversi gli “accorpamenti” effettuati in Umbria mentre altri – così pare –sarebbero in itinere.
In prima linea tra chi ritiene negativa l’iniziativa ovviamente c’è la Camera di Commercio che ha cercato di sensibilizzare alla questione le Istituzioni, le forze politiche e sociali.
Quale migliore occasione, quindi, della presentazione di quel volume per esprimere il proprio pensiero, per avviare sulle questione un dibattito serrato (che finora non c’è stato), porre problemi, avanzare idee, proposte? Per spiegarsi ed adottare, se lo si riterrà opportuno, una linea da seguire?
Ma allora come vanno lette certe assenze clamorose? Vanno lette come un “perdona loro non sanno quel che fanno” o nascondono un messaggio, un consenso silente ad un accorpamento che potrebbe rivelarsi non vantaggioso per l’Umbria nella sua interezza. Non solo per Terni.
In discussione è il modello di sviluppo con cui si dovrà mettere una pezza ad una situazione economico-sociale che vede l’Umbria in arretramento forte e costante. Come si intende agire? E’ ancora valida la teoria dello sviluppo intorno a due poli? O si è favorevoli ad un accentramento dei gangli decisionali?
Sarebbe importante spiegarlo. Ma una delle occasioni per compiere un passo avanti magari di un milionesimo di millimetro è stata caratterizzata da assenze disarmanti. Il Comune di Terni non è intervenuto: c’è stata la presenza più che discreta e defilata dell’assessore al commercio (forse per assonanza?); si sarebbe potuto ricorrere, almeno, all’assessore alla cultura se non altro per considerare la valorizzazione di un bene – per l’appunto culturale – come quell’archivio sicuramente ricco di informazioni e spunti per studi e ricerche. E la Regione?
Presenza discreta, ma almeno nella persona del Presidente, da parte della Provincia di Terni. Presente la Camera di Commercio di Perugia col suo direttore, latore di un messaggio non di circostanza del presidente impossibilitato ad esserci di persona.
Non si è ritenuto utile intervenire nemmeno da parte delle forze politiche: né della Lega, né dei Fratelli d’Italia, né del Pd, né del M5S. Tra i parlamentari umbri l’unica presenza è stata quella del deputato Raffaele Nevi. Sembra che nessun altro degli eletti sia interessato alla questione nonostante l’appello – per certi versi accorato – rivolto proprio agli eletti umbri dal presidente Giuseppe Flamini.
Colpa della “par condicio”?