“Spero che Cinecittà diventi una filiale di Papigno , diventerà Umbria Studios Cinecittà”. Così Roberto Benigni il 4 giugno del 2005 quando Cinecittà decise di espandersi acquistando anche parte delle quote in mano alla Melampo del comico toscano e di sua moglie Nicoletta Braschi. Le cose non sono andate affatto così.
Benigni e la Braschi decisero di aprire gli studi cinematografici a Papigno, nella ex fabbrica di carburo, dopo che a Terni era stato girato in gran parte il film-Oscar, “La vita è bella”. L’investimento pubblico è superiore ai 10 milioni di euro, conferma il sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo:”ci sono soldi dell’Europa, dello Stato, della Regione e del Comune, soprattutto per recuperare l’immobile per poterne fare un uso come teatri di posa”.
Degli studi di Papigno, di Cinecittà e del relativo intreccio si è occupato, ieri sera “Report” con una inchiesta di Giorgio Mottola.
L’arrivo di Benigini convince l’Università di Perugia ad aprire a Terni un Corso in scienza della produzione artistica in cui, negli anni, si sono iscritti oltre 500 studenti. Questa esperienza naufraga insieme al sogno di fare di Terni un polo cinematografico non solo nazionale. Naufraga anche la Melampo di Benigni e Braschi che, dopo gli insuccessi di “Pinocchio” e “La tigre e la neve” si avvia a cedere parte delle quote di proprietà alla Cinecittà di Luigi Abete, Aurelio De Laurentiis e Andrea Della Valle. “Se ti racconto quanto ci ho rimesso..” dice benigni a Mottola.
L’intervento di Cinecittà, in pratica però, salva solo Benigni assorbendo i debiti della sua società che sarebbero arrivati a 5 milioni di euro. Gli studi di Papigno, fanno notare due ex lavoratori,nel frattempo, sono chiusi. Cinecittà non ha fatto interventi, non ha portato produzioni. Alla obiezione che Cinecittà ha salvato solo Benigni, Di Girolamo ci crede in parte:”il dato di fatto può essere quello ma io non penso che abbia agito solo da salvatore, probabilmente lo avranno fatto – sostiene il sindaco Di Girolamo – pensando che ci fossero condizioni di competitività dal punto di vista economico e finanziario che potevano aiutare per una certa tipologia di produzione”.
Ora lo Stato è pronto a ricomprarsi Cinecittà che in questi anni ha accumulato circa 32 milioni di euro di debiti, più un contenzioso con lo stesso MIBACT, ancora in atto, per affitti non pagati per circa 6 milioni di euro. Ma questo è un altro discorso. Che riguarda tutti i contribuenti italiani che dovranno farsi carico , questo era il senso dell’inchiesta, nell’eventualità che Cinecittà torni pubblica , dei debiti accumulati da Cinecittà che includono anche il salvataggio di Benigni “che non ci ha rimesso nemmeno 1 euro”, secondo Mottola.