L’architetto Danilo Pirro, presidente della delegazione di Terni della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, non ha dubbi: la passerella Telfer, a Papigno, va abbattuta, demolita, anzitutto perché “il paesaggio deve avere la priorità sulle opere dell’uomo” e poi perché “Il sito industriale di Papigno, non ha segnato i libri di storia dell’architettura.”
Insomma, c’è ben poco di importante da rimandare ai posteri. E, comunque, suggerisce Pirro, si può musealizzare.
Da sempre, al contrario, la pensano al centro studi Malfatti che, al semplice sentir parlare di abbattere la Telfer, non risparmiano critiche anche a questi di adesso (che si comportano come quelli che c’erano prima).
Scrive il centro Malfatti:”Siamo alle solite, nuova Giunta, stesso stile. Certo che per buttare giù un altro pezzo di
archeologia industriale non c’era bisogno di una eccellenza, o di un nuovo assessore, bastava lasciare
mano libera a quelli che volevano demolire la Telfer molti anni fà, distruggendo il più imponente
manufatto del genere in Europa, proprio nella città dell’acciaio, dove produrre e sostituire le parti
ammalorate sarebbe stato poco più che un gioco da ragazzi.Terni ha bisogno di manager veri, visionari, capaci, esperti,di distruttori e pseudopalazzinari ne abbiamo visti per decenni.”
QUI, INVECE, L’INTERVENTO DELL’ARCHITETTO PIRRO
La difesa delle testimonianze delle civiltà industriale di Terni devono conciliarsi con l’esigenza di ridare al territorio di Terni una sostenibilità ambientale in linea con gli standards europei.
L’idea quindi di tutelare ad ogni costo ruderi di fabbriche, sembra a volte, una scelta dettata più dall’ideologia che da un’analisi realistica del valore storico e artistico di queste testimonianze dell’operosità umana.
Il sito industriale di Papigno, non ha segnato i libri di storia dell’architettura come le officine Tedesche Fagus di Gropius e nemmeno è stato la culla dell’industrializzazione italiana, come lo sono stati, i complessi industriali della Ruhr in Germania. Il centro industriale di Papigno appare come una serie di anonimi capannoni industriali a struttura in cemento armato, in un paesaggio di rara bellezza, anteprima del monumento naturale della Cascata delle Marmore.
Non parliamo inoltre di officine destinate a produrre manifatture, componenti, macchine, che in qualche maniera potrebbero essere legate all’ esperienza o alla memoria collettiva, ma di una fabbrica chimica che nella sua ultima fase di attività ha prodotto fertilizzanti per l’agricoltura.
Le necessità connesse alla produzione industriale della Calciocianamide, hanno fatto in modo che il paesaggio fosse modellato a servizio della fabbrica.
Come nella seconda metà del ‘900 si è presa consapevolezza della necessità di tutelare le testimonianze relative alla produzione industriale, allo stesso tempo si è presa coscienza della necessità di tutelare l’ambiente, e la sua bellezza.
Alle future generazioni non vanno solo tramandate le testimonianze del passato, ma le memorie visive costituite del nostro paesaggio.
La Valnerina ternana ha una vocazione turistica strettamente legata ad una natura scarsamente antropizzata , alla presenza di aggregati urbani legati alle vie di comunicazioni fluviali.
La sua bellezza era di fama internazionale tanto che la valle era tappa obbligata dei viaggiatori di fine Ottocento.
Per questo il Telfer e il complesso industriale di Papigno devono rientrare in progetto di recupero paesaggistico della valle omonima, in cui il paesaggio avrà la priorità sulle opere dell’uomo. Questo porterà senza alcun dubbio al “sacrificio” di quegli elementi “impattanti”, che non permettono il godimento delle bellezze del paesaggio. Si auspica che in una rinnovata visione naturalistica del complesso della Cascata delle Marmore, si possa liberare, il più grande salto d’acqua d’Europa, dal giogo delle produzione idroelettrica , restituendogli la totalità della sua impareggiabile bellezza.
PS. Il Telfer potrebbe essere demolito in maniera tale da essere musealizzato