Come Petrolini. Bastava dicesse “Che pria…”. E giù applausi a spellarsi le mani con tanto di “Bravo!, Bravo!”. Così alla sala Blu di Palazzo Gazzoli. Una volta la fila di qua, quella dei supporters di Leonardo Latini; una volta la fila di là, quella occupata dai fans di Thomas De Luca. Tifo da teatro popolare quindi, anche se non proprio da stadio, al faccia a faccia tra i due candidati al ballottaggio per indossare la fascia tricolore di sindaco di Terni dopo il 24 giugno.
Loro due sul palco, per l’iniziativa dell’Ordine degli Ingegneri, cui è opportuno dire grazie visto l’impegno. Intendiamoci: un impegno da ingegneri, bene ordinato, bene organizzato: tre minuti a risposta anche se l’oratore rimaneva con mezza frase in bocca; il sorteggio affidato a “cosi” geometrici dal nome impronunciabile, almeno per alcuni. Tempi rigorosissimi per rispondere alle domande di diversi giornalisti presenti in sala. Comunque i due “contendenti” un’idea di quel che vorrebbero fare l’hanno dato. De Luca ha riproposto lo slogan “Salute, lavoro, giustizia sociale”, il tris d’assi che gioca dall’avvio di questa campagna. Latini ha parlato di cambiamento, con qualche scivolone tipo “la Cascata delle Marmore l’ha turisticamente lanciata Ciaurro”, mentre De Luca rispondeva proponendo che a Terni nessuno debba più avere un’automobile o chiedendo che l’Università di Perugia diventi ateneo regionale: forse voleva dire “davvero” visto che tale è ufficialmente (e normativamente) definita da qualche anno.
Vabbè, so’ ragazzi! Il meglio, comunque, è venuto quando ai due candidati è stato chiesto brutalmente: “Pensate davvero che chi ha votato Pd al primo turno adesso voti per uno di voi?”. Tutti e due hanno detto che sì, che convinti che sarà così. Anzi tutti e due hanno spiegato perché alla sinistra popolare ternana questo converrebbe. Persino Latini. Con De Luca che specificava che un conto è la situazione nazionale un conto quella locale, beccandosi un coro di “Roma, Roma” dalla fila di qua.
Per il Pd – qualcuno in sala c’era, pur se mimetizzato – ci sono state solo critiche. “Botte” si direbbe al bar, ma si sa chi è assente ha sempre torto: specie se la colpa è la sua.