L’ignavia della politica, soprattutto quella ternana, senza alcuna differenza in questo caso specifico fra sinistra e destra, impedisce di porre una questione all’attenzione delle istituzioni, il clamoroso squilibrio fra la provincia di Terni e quella di Perugia. Alla destra, visto che è al potere da poco, si può concedere “il beneficio del dubbio” e poi, adesso, c’è da gestire l’emergenza sanitaria. Comunque, nel programma elettorale del centro-destra, non era prevista alcuna riforma per arrivare a un riequilibrio territoriale delle due province. Il tema, dunque, non è all’ordine del giorno. E chissà quando se ne riparlerà. E non è una questione di campanile, è una questione di logica. Questa suddivisione, ormai quasi centenaria, è ridicola. Punto. E ci fosse un politico ternano da quel cadreghino, di sinistra, di centro, di destra, o grillino, che – non dico batta una scarpa sul tavolo, è chiedere troppo – ma osi fare un sussurro, faccia sentire la sua flebile voce in materia.
Lo spunto per parlare di questo argomento ce lo offre il Comitato “Spoleto in provincia di Terni” che, rispondendo a un intervento del professore Roberto Segatori sul “Corriere dell’Umbria” del 17 novembre che titolava “Spoleto, miseria e nobiltà”, fa una disamina storica delle vicende che hanno portato al declassamento di Spoleto e alla costituzione, in epoca fascista, della “dimezzata” provincia di Terni.
Dalla quale disamina il Comitato ne conviene che Spoleto e la Valnerina dovrebbero fare parte della provincia di Terni.
Gentile Prof. Segatori,
Spoleto per secoli è stata capitale politica, culturale e religiosa di tutto il territorio umbro; rispetto alle risposte che ha già ricevuto, vorremmo però condividere con lei alcuni ragioni storico-culturali che ci portano a questa “diffidenza” nei confronti delle scelte centrali che da decenni – se non secoli – umiliano la nostra città. Se vogliamo parlare di nobiltà – e di “titoli” per poter parlare come spoletini sulle questioni regionali – potremmo partire anche dal Ducato di Spoleto, “ovvero l’Umbria”, come recita la cartina presente presso uno dei nostri Musei (per numeri sono secondi solo a Perugia) del XVII secolo. Per non parlare dei Papi, che scelsero Spoleto come capitale organizzativa e morale del proprio potere sulla nostra regione per evidenti ragioni storiche: addirittura il sud dell’Umbria (Spoleto, Narni, Orvieto e Terni) era considerato più “ricco” e ben organizzato della parte settentrionale.
In realtà, dopo tutti questi fasti, la decadenza dovuta a una sorta di “rivincita” dettate dalle città a nord di Spoleto, è cominciata con l’invasione dell’esercito piemontese che premiò la massoneria perugina ai danni dei “papisti” spoletini, con l’istituzione della Provincia dell’Umbria il 15 dicembre del 1860, composta da Perugia, capoluogo, e dai circondari di Spoleto (proclamata comunque come “seconda città dell’Umbria”), Orvieto, Terni, Rieti e Foligno, con l’aggregazione della giusdicenza di Gubbio, sottratta alla Delegazione di Urbino e Pesaro in cambio del mandamento di Visso, ceduto a Camerino.
Dalle cronache di allora si evince che la costituzione della nuova provincia provocò diffuso malcontento tra molte popolazioni: Todi, Spoleto e Rieti mal sopportavano di dover dipendere da Perugia. Foligno ancora non contava nulla per cui si sono perse le cronache. Il 17 dicembre Gioacchino Napoleone Pepoli, neo commissario dell’Umbria, a seguito dei tumulti – che scoppiarono soprattutto a Spoleto, Todi e Orvieto – pubblicò un proclama che, oltre a ribadire i motivi alla base dell’unificazione territoriale, invitava gli umbri e i sabini a dare prova di concordia e di abnegazione «sacrificando al bene della patria le tradizioni e gli interessi municipali».
Ci sembra oggi di rivivere la stessa storia con la Presidente Tesei che ci invita a sacrificare il nostro ospedale (e la nostra salute) in favore del bene comune. Tuttavia Spoleto ancora vantava oltre al Tribunale, la Corte d’Assise (passata a Terni), il Collegio elettorale (poi cambiato), l’Ufficio Tecnico Provinciale (passato a Perugia), l’Archivio notarile distrettuale (passato a Perugia), il Distretto militare (passato a Foligno): sente quante cose nel tempo abbiamo perso Professore e lei si lamenta del solo Tribunale e della Scuola di Polizia?
Arriviamo quindi alla vigilia del 1926, Spoleto era stata fino ad allora la prima candidata a diventare seconda provincia (e avrebbe racchiuso anche il territorio ternano-valnerino) ma la crescente potenza industriale ternana utile anche per il regime fascista e la necessità per Perugia di non avere città “scomode” troppo vicine a Perugia stessa fece si che Terni divenne la prima candidata e Perugia puntò tutto sulla politica del divide et imperat nel creare rivalità tra Spoleto e Terni. Terni, Spoleto e tutto il comprensorio della Valnerina, non caddero però nel tranello perugino; anche grazie alle collaborazioni nate dall’industria ternana, con la miniera di Morgnano e con la centrale idroelettrica, la classe dirigente politica spoletino-ternana e della valnerina provò a proporre che la nuova provincia – fondamentale per riequilibrare la gestione amministrativa dell’Umbria dopo 60 anni di monopolio di Perugia – dovesse passare per l’unione dei territori dell’attuale provincia di Terni, unita al todino, allo spoletino e alla Valnerina, tant’è che la nuova Provincia doveva chiamarsi “Provincia del Nera”. Sembra che questa idea nacque idealmente con un appello della comunità di Norcia, che così meglio non potrebbe spiegare il perché di una provincia allargata ternana verso Valnerina e Spoleto:”, , , 70 , 120 , è , , ‘ ‘ ; , ; , , ; ; è ‘ “.
Richiesta che fu ufficializzata tramite un documento ufficiale elaborato dal Prefetto di Perugia Mormino – inizialmente contrario allo smembramento della provincia ma poi deciso a riequilibrare l’assetto dopo il passaggio di Rieti nel Lazio – che indirizzò al Ministero dell’interno l’ipotesi della nuova circoscrizione provinciale.
Le delibere dei vari consigli comunali che sposarono questa ipotesi da tutta la Valnerina e da Spoleto, vennero però inascoltate da parte dei vertici del regime fascista. Addirittura fu indetto uno stato di agitazione da parte della città in protesta contro la prospettiva di rimanere nella Provincia di Perugia: per tutta risposta il regime fascista rispose duramente con l’intervento diretto del Ministro dell’Interno che invitava i prefetti a sedare le manovre che “danneggiavano Perugia”. A questo fece seguito il Partito fascista di Perugia che decretò addirittura l’espulsione dal Partito (allora L’UNICO Partito) del Sindaco di Norcia, reo di aver fatto divulgare quell’appello.
Nasce così la provincia dimezzata: il torto a Spoleto e Terni era stato fatto. Nonostante gli accorati appelli di tutta la comunità del sud dell’Umbria e l’analisi del Prefetto di Perugia circa la necessità di allargare la provincia ternana ai circondari che andassero oltre quello ternano e orvietano, causa delle reticenze del partito fascista perugino, Terni ottenne una provincia dimezzata rispetto al progetto originario: divenne provincia annettendo ad essa solo il territorio di Orvieto, tagliando fuori gran parte dei comuni limitrofi con cui condividevano un legame storico-economico enorme. La mancanza di Spoleto all’interno della Provincia di Terni, fece sì che con il tempo anche i comuni della Valnerina desistessero dalla continua richiesta di adesione a Terni in quanto più legati a Spoleto. Era riuscita l’operazione “divide et imperat” di Perugia: aumentare la rivalità tra Spoleto e Terni, costringere la Valnerina a seguire il destino di Spoleto, dividendo le due maggiori città che potevano competere con Perugia nel territorio regionale e che mai più (fino ad oggi) avrebbero potuto rivaleggiare politicamente contro l’egemonia di Perugia, che nel frattempo si stava già creando delle città “vassallo” a nord con Città di Castello e a Sud con Foligno.
Già dal dopoguerra sorsero dei movimenti per un ridisegno dei confini provinciali, soprattutto dopo l’istituzione delle regioni repubblicane nel 1970. L’evidente disequilibrio tra la Provincia perugina e quella ternana rappresentava una anomalia nazionale. Basti solo pensare che lungo la strada statale 3 Flaminia il confine provinciale che divide Terni dalla provincia di Perugia è a 8 chilometri dal centro cittadino, e che da anni esiste, a livello regionale, un “contratto d’area” (sorta di accordo che si occupa dello sviluppo industriale) che fa riferimento a Terni, Narni e Spoleto.
Negli anni successivi abbiamo registrato un continuo depauperamento dei servizi della città, magicamente trasferiti verso altre realtà più accondiscendenti con la politica perugina. Per tutta risposta rare volte un politico spoletino è stato inserito nelle realtà istituzionali regionali; consideri, Prof. Segatori, che per trovare l’ultimo assessore regionale spoletino dobbiamo risalire agli anni ’80, poi nulla più.
Arriviamo ai giorni nostri, quando è soprattutto nel 2006–2007 che la questione del riequilibrio della provincia sembra riprendere il cammino: approfittando delle riforme amministrative che riguardano la regione, e che prevedono la semplificazione della macchina burocratica, il presidente della provincia di Terni Andrea Cavicchioli, il sindaco di Spoleto Massimo Brunini e, in parte, il presidente della provincia di Perugia Giulio Cozzari, chiesero di avviare l’iter che porti all’effettivo riequilibrio delle due province umbre. Il tutto finì con un nulla di fatto perché completamente ignorati dalle istituzioni regionali.
Per contro, durante questi ultimi 15 anni abbiamo assistito a Spoleto alla perdita di: Spoletina Trasporti (vanto del trasporto su gomma spoletino) imponendoci l’adesione ad una società regionale (sempre con il vecchio discorso “non pensate solo a voi, pensiamo a livello regionale”) che da lì a poco si è rivelata fallimentare; abbiamo perso la gestione del 118, abbiamo perso i treni ad alta velocità (che per una città turistica rappresentano molto), abbiamo perso professionisti e interi reparti di eccellenza dell’ospedale, abbiamo visto spostare soldi da progetti approvati e finanziati dagli anni ’80 come la 3 valli per vederli spostare in altri progetti come la “strada per il mare” di Foligno; una strada, che, come ammise la Presidente Marini, avrebbe consentito anche di velocizzare gli aiuti verso la Valnerina terremotata; attendiamo da anni il raddoppio del pericoloso binario unico Campello-Spoleto; abbiamo visto diminuire gli investimenti sulle scuole spoletine da parte della Provincia (l’anno scorso ad esempio siamo stati gli unici ad essere bocciati nella proposta di nuovi corsi), abbiamo subìto per anni giochi di potere che ad esempio, ci hanno completamente escluso dalle ultime elezioni provinciali e regionali.E infine oggi ci viene detto in una sera, senza passare per le istituzioni locali (ma come ha visto succede dal 1860..) ci chiudono Pronto Soccorso e buona parte dei servizi del nostro ospedale.
Se permette, caro Professore, è l’ennesimo schiaffo ad una intera comunità dopo decenni di prese in giro, ed è per questo che noi continueremo a fare pressione affinché Spoleto e tutti i territori limitrofi, passino sotto la provincia di Terni: l’arroganza assunta nel tempo nei confronti di Spoleto – dai partiti di destra a quelli di sinistra, non è una questione politica ma territoriale – dopo questo ennesimo schiaffo alla città deve finire.
Comitato Spoleto in Provincia di Terni