“Ricostruzione post sisma ferma al palo, crollo degli investimenti pubblici, imprese che continuano a chiudere. Altro che ripresa dell’edilizia, qui se non si fa qualcosa il tracollo sarà totale.”
E’ il grido di allarme lanciato dalle associazioni dell’Umbria delle costruzioni (Ance, Cna Costruzioni, Confartigianato Anaepa e Lega Coop) le quali si sono rivolte in modo preoccupato alle istituzioni.
“Nonostante gli annunci e le previsioni, anche autorevoli, il 2018 non si sta rivelando affatto come l’anno della ripresa del settore delle costruzioni. Anzi – sostengono le associazioni – si rischia di destrutturare ulteriormente un settore decisivo per lo sviluppo economico del Paese, fondamentale per aumentare sia l’occupazione che la sicurezza e la qualità della vita nelle nostre città e nei nostri territori. E in Umbria i dati sono anche più sconfortanti.
Infatti, dopo una crisi decennale che nella regione ha provocato il dimezzamento sia dei lavoratori occupati nelle costruzioni (passati da 25 mila a 12 mila) che della massa salari (ridotta da 220 milioni di euro agli attuali 100 milioni), i dati delle Casse edili di Perugia e Terni continuano a fornire dati preoccupanti e registrano uno stallo su entrambi i fronti anche per i primi mesi del 2018. Non va meglio per gli investimenti pubblici, che secondo le previsioni avrebbero dovuto trainare la ripresa delle costruzioni. Nel periodo compreso tra il 2005 e il 2016 in Italia si sono contratti del 55%, mentre la spesa corrente è cresciuta mediamente del 6%.
“Quale futuro prepariamo – denunciano le associazioni delle costruzioni – e come potremo mai competere, avere territori e luoghi sicuri dove vivere, lavorare, studiare, curarsi se lo Stato, su una spesa annua di 830miliardi di euro, ne destina poco meno di 18 agli investimenti? E che dire delle nostre città, dove tra il 2008 e il 2016, la spesa corrente è salita del 9% mentre quella per infrastrutture e manutenzioni straordinarie è crollata di quasi il 60%?”.
In Umbria, secondo i dati dell’Osservatorio regionale sulle opere pubbliche, tra il 2003 e il 2017 gli importi dei bandi di gara per lavori pubblici sono calati di quasi il 40%. Negli ultimi anni, a partire dal 2011, ammontano a meno di 200milioni di euro all’anno e rappresentano molto meno dell’1% del PIL regionale.
La mancata entrata a regime delle opere di ricostruzione, a quasi due anni dal sisma 2016, ha contribuito a complicare ulteriormente il quadro. In questo periodo sono state prodotte 58 ordinanze commissariali e un numero altrettanto grande di ordinanze della Protezione Civile, ma con un quadro normativo così grande e complesso, che ha ingenerato incertezze e un allungamento dei tempi di istruttoria delle pratiche, la ricostruzione stenta a partire. Ad oggi, infatti, a fronte di oltre 9mila edifici danneggiati, sono circa 700 le pratiche presentate per la ricostruzione e 200 quelle autorizzate, di cui solo pochissime riguardanti la ricostruzione pesante e delle attività produttive. E non va meglio sul fronte della ricostruzione pubblica, dove deve ancora trovare attuazione il piano riguardante scuole, chiese, edilizia residenziale pubblica e altri edifici pubblici, a fronte di risorse stanziate per oltre 300milioni di euro.
“Non vorremmo fare polemiche, anzi, saremmo contenti di essere smentiti su questi dati. Però – concludono gli imprenditori nell’edilizia – forse, anziché discutere di annunci, come fanno alcune stazioni appaltanti, sarebbe preferibile che si pubblicassero periodicamente i dati della spesa per i lavori effettivamente realizzati. Occorre creare le condizioni per un rilancio degli investimenti e dei lavori pubblici, predisponendo l’attuazione e il monitoraggio di un programma di piccole opere pubbliche immediatamente cantierabili.Il sisma che ha colpito i nostri territori deve diventare assolutamente l’occasione per affermare la cultura della prevenzione e della messa in sicurezza del patrimonio immobiliare, ancor più di quanto avvenne dopo il 1997.
Ma se la situazione non si sblocca al più presto allora sarà il de profundis definitivo per un settore che tanto ha contribuito, in passato, a creare ricchezza per l’intera regione.”