Il professor Bruno Bracalente dell’Università di Perugia ha presentato lo studio sui flussi elettorali registrati in Umbria alle ultime elezioni europee. Nessun dubbio che siamo difronte a eventi storici, a un vero terremoto politico che ha cambiato il colore della regione.
“Le elezioni europee hanno sconvolto il panorama politico della nostra regione, molto più di quanto avvenuto in
altre regioni italiane – ha sostenuto Bracalente – Il voto di appartenenza non c’è più: è calata radicalmente la fedeltà al proprio partito politico. Nello stesso giorno, a distanza di qualche secondo, un elettore vota a sinistra per le europee e a destra per le comunali oppure viceversa. Il confronto tra le politiche del 2018 e le europee di quest’anno rivela una enorme mobilità. Si potrebbe definire un elettorato più libero e più maturo”.
“Le oscillazioni che hanno interessato i principali partiti e movimenti – ha spiegato Bracalente – sono di entità senza precedenti: il PD, che alle Europee del 2014 aveva avuto uno straordinario successo, ha perso 120mila
voti in cinque anni e quasi 20mila anche rispetto alle Politiche del 2018; Il M5S ha più che dimezzato i propri voti rispetto alle Politiche di un anno fa, perdendone 75 mila; lo stesso ha fatto Forza Italia, che in un anno è
passata da 60 mila a 29 mila voti; la Lega, che alle Europee del 2014 aveva ottenuto 12 mila voti è passata a 103 mila alle Politiche del 2018, fino a raggiungere i 171 mila voti in queste elezioni europee; stabile la sinistra
radicale, intorno ai 25 mila voti, mentre sia la destra di Fratelli d’Italia che le altre liste di centro destra o estrema destra sono indecisa crescita, dai 25 mila voti del 2014 ai 38 mila di queste elezioni europee”.
CONFRONTO 2018/2019
Nel confronto tra le Politiche 2018 e le Europee 2019, emerge lo straordinario successo della LEGA, passata da 103 mila a 177 mila voti, che è stato determinato, oltre che dalla conferma di quasi tutti i suoi consensi
delle Politiche precedenti, da flussi in entrata da tutti i settori dello schieramento politico. In primo luogo dal M5S, che ha ceduto alla Lega oltre il 16% dei suoi 141 mila voti ottenuti nel 2018 (circa 24 mila). Il
secondo flusso in entrata per consistenza assoluta è quello di provenienza PD, che ha ceduto alla Lega circa 21 mila voti, il 16% dei 127mila voti ottenuti nel 2018. Molto consistente è anche il flusso di provenienza
FI, che ha ceduto alla Lega oltre un quarto dei suoi 60mila voti (17mila).
Altri flussi provengono da FdI e dalle altre liste di destra (in complesso circa 7mila) e, in misura notevole, dal non voto del 2018 (circa 11mila).
CONFRONTO 2014/2019
La Lega Nord nel 2004 aveva meno di 12 mila voti, oltre la metà dispersi in varie direzioni. I 171 mila voti delle Europee del 2019 sono dunque quasi tutti nuovi e derivano da tre flussi in uscita da altri partiti e movimenti,
a cui si aggiunge un flusso consistente dal non voto. In valore assoluto, il flusso più consistente viene dal PD, che alla Lega ha ceduto oltre il 30% dei suoi 228 mila voti del 2014 (circa 71 mila); seguono i flussi
provenienti da FI (37 mila, oltre la metà dei propri voti delle Europee precedenti) e dal M5S (18 mila; 20 per cento); infine circa 32 mila voti ha saputo recuperarli dall’astensionismo del 2014, due terzi dei 50mila
astenuti di allora tornati a votare in queste ultime Europee. La Lega è dunque diventata, da poco più di zero, il primo partito della regione pescando consensi da molti elettori che si erano allontanati dalla politica e
dal voto e da una estesa massa di elettori scontenti soprattutto dei partiti tradizionali, tanto di centro sinistra (PD) quanto di centro destra (Forza Italia), nonché di soggetti politici nuovi come il M5S.