Enrico Vanzina con una affollata masterclass ha chiuso la 2^ edizione del Terni Film Festival Popolare.
“Ormai i produttori sono dei poveracci che fanno i film con i soldi degli altri. Anche per questo non abbiamo più il cinema popolare – ha detto Vanzina – negli ultimi 15 anni non abbiamo più una rappresentazione di questo paese attraverso i giovani“. “I giovani – ha aggiunto – si sono molto allontanati dal cinema. Non solo sono diffidenti nell’andare in sala ma anche nel raccontare il cinema. Si sta creando un enorme vuoto generazionale che non riusciamo a riempire in nessun modo. Un cinema così diventa formalista, sparisce. Questa è davvero una cosa drammatica“.
Vanzina ha poi ripercorso le tappe più importanti della storia del nostro cinema popolare con un appassionante viaggio da Guardie e Ladri (Mario Monicelli, Steno, 1951) a C’eravamo tanto amati (Ettore Scola, 1974), e oltre. “La commedia all’italiana – ha detto – ha raccontato il nostro paese molto meglio anche della letteratura. Abbiamo avuto grandi scrittori e sceneggiatori come Flaiano, Steno, Age, Scarpelli, Sonego, Scola. Se nelle scuole, invece di studiare sempre e solo Dante e Manzoni si studiasse un po’ di commedia all’italiana, i nostri ragazzi saprebbero meglio chi siamo e da dove veniamo“.
Non sono mancati riferimenti ai grandi nomi del cinema italiano. “Dino Risi è il regista che forse amo più di tutti – ha detto Vanzina – è così incredibilmente semplice. Pensiamo a Il Sorpasso, in quel film c’è tutto, c’è il senso della vita. Risi riesce a darci un ritratto perfetto dell’Italia, anche attraverso l’uso delle canzoni del tempo, cosa che all’epoca era qualcosa di molto innovativo). Una vita difficile è un film struggente. Un ritratto meraviglioso di come vorremmo cambiare il mondo, ma alla fine è il mondo a cambiare noi”.
Ha poi ricordato anche suo padre Steno regista di classici come Febbre da cavallo. “La forza della commedia sta nell’osservazione e non solo. A parte mio padre erano tutti di sinstra ma nessuno moralista. Nostro padre ci ha insegnato ad osservare e ad ascoltare le ragioni dell’altro. E’ importante stare in mezzo alla gente per capire come mangiano, come parlano“.
Enrico Vanzina, ha infine concluso parlando del suo libro dal titolo Mio fratello Carlo dedicato al fratello scomparso lo scorso anno. “Volevo scrivere la storia d’amore di due fratelli. Tra i vari aneddoti c’è un momento in cui eravamo in ufficio Carlo ed io. Lui stava male, lui lo sapeva ed anche io ovviamente. Ma nonostante la malattia continuava a venire in ufficio come se niente fosse e con una forza incredibile. Un giorno c’è stato un lunghissimo silenzio. E’ venuto verso di me, mi ha sfiorato i capelli e mi ha detto “non ti preoccupare, ho avuto una vita meravigliosa”. E’ vero, ha avuto una vita meravigliosa. Abbiamo girato il mondo cercando di lavorare con tutti i più grandi attori italiani e non solo. Bisogna innamorarsi degli attori quando si fa cinema e bisogna innamorarsi anche delle donne. Carlo nutriva un fortissimo amore nei confronti delle donne. E’ meraviglioso aver fatto il cinema popolare“.
“Scrivere serve a sconfiggere la morte – ha concluso Vanzina – me lo disse Flaiano quando da ragazzo gli chiesi a cosa servisse scrivere. Mi piace pensare che un giorno una ragazza giovane di Terni o di qualunque altra città entrerà in libreria e toccherà questo libro. Così scoprirà Carlo ed io avrò sconfitto la morte“.
Terni Pop Film Fest si è concluso con l’anteprima del film Yuli – Danza e libertà di Icíar Bollaín scritto dallo sceneggiatore Palma D’Oro, Paul Laverty alla presenza dell’attore Santiago Alfonso e in uscita nelle sale cinematografiche dal 17 ottobre distribuito da EXITMedia.
Sala piena di spettatori e di scuole di danza accorse appositamente per vedere il film dedicato all’incredibile storia di Carlos Acosta, in arte Yuli, vera e propria leggenda della danza. “Questo film è un inno alla volontà, allo spirito di sacrificio e all’impegno – ha spiegato Santiago Alfonso – è stato un lavoro difficile sul personaggio perchè c’era una forte contraddizione tra il sogno e la realtà vera. Il talento non è nulla senza il sacrificio e la disciplina. Bisogna usare il corpo e la mente come un tutt’uno”. Il film mostra un periodo in cui c’era una forte politica e un gran razzismo nei confronti dei neri. Santiago Alfonso ha commentato a riguardo confermando che la politica e il razzismo che si vedono nel film è la realtà di quello che è successo a Cuba in quell’epoca. “Grazie alla Rivoluzione, i neri sono potuti entrare al Tropicana (locale cubano), dove per trent’anni sono stato il direttore”.