Movimenti cattolici umbri protestano con l’Università di Perugia per un convegno sugli studi di genere , le famiglie LGBT e movimenti femministi che si è svolto nei giorni scorsi on line , al quale ha partecipato, tra gli altri, Alessandro Zan, primo firmatario della legge sulla omo-transfobia, già approvata alla Camera, che ora giace al Senato.
In totale sono 15 le associazioni che protestano, fra di esse, le più conosciute sono Family Day, Moige e Pro Vita.
“Stupisce – scrivono – la scelta dell’Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Filosofia, Scienze sociali umane e della formazione di promuovere il convegno ‘Studi di genere e nuove sfide del XXI secolo’ che è integralmente volto a presentare una sola visione culturale dell’uomo e delle relazioni familiari.
L’Università è da sempre, e per vocazione, un luogo di confronto e pluralità delle idee; invece le proposte del convegno in oggetto valorizzano solo studi di parte senza consentire agli studenti e al pubblico presente di formarsi un’opinione critica basata su un ampio spettro di studi scientifici e modelli socio-culturali.
Il convegno è organizzato da AIS-Associazione italiana di sociologia, che si definisce orientata a dar voce ai movimenti femministi ed LGBTQ: I pensieri femministi e i movimenti Lgbtqi hanno fortemente contribuito alla costituzione dell’ambito di studi.
L’impostazione del simposio – aggiungono ancora le associazioni cattoliche – fa da cassa di risonanza a posizioni culturali e politiche unidirezionali. A conferma
di ciò, la presenza dell’on. Zan che illustrerà la sua proposta di legge sull’omostransfobia, senza alcun contraddittorio che possa evidenziarne le criticità.
Ci si domanda quale valore scientifico apporti ad un convegno universitario, che dovrebbe essere basato sulla libera e neutrale valutazione di fenomeni sociali e individuali, la presenza di un politico impegnato nel cercare consenso per una propria proposta di legge finalizzata ad utilizzare il codice penale come strumento di controllo ideologico.
Preoccupa che tale proposta culturale provenga dal Dipartimento di Filosofia e Scienze umane, che è l’ambito di formazione delle figure professionali preposte all’educazione delle nuove generazioni. Se questo è l’orientamento educativo del Dipartimento, difficile immaginare che adotti un metodo di ricerca scevro da condizionamenti ideologici e sappia stimolare una vera capacità critica negli studenti. L’impostazione del convegno appare un’operazione di propaganda del pensiero unico travestita da sfida del XXI secolo.
È fuorviante – concludono – lo stesso titolo, che induce a ritenere alcuni modelli sociali portatori di un valore intrinsecamente positivo in quanto nuovi, nascondendo il vizio di una ricerca finalizzata solo a promuovere una precisa visione antropologica. Temi sensibili quali la critica ai pregiudizi sul valore della vita umana, la genitorialità bisessuale, l’omogenitorialità, le relazioni poliamorose e il relativo riconoscimento giuridico, insieme a tutta l’impostazione di fondo,
meriterebbero che l’Università, prima di dare il suo imprimatur, si adoperasse per inserire in programma anche studi critici verso tali modelli che al contrario, privi di una valida analisi scientifica, risultano così avallati nel merito”.