5 persone agli arresti domiciliari, sequestro preventivo di denaro, beni mobili ed immobili, compendi aziendali e depositi petroliferi, a carico di 12 persone e 7 società, per un ammontare di oltre 15 milioni di euro. È il bilancio di un’operazione portata a termine dai finanzieri del Gruppo d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria e personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Perugia, su delega della Procura. Si tratta dei componenti di un sodalizio operante nel settore della commercializzazione dei carburanti per autotrazione mediante una serie di società dislocate sull’intero territorio nazionale, nei cui confronti sono emersi indizi di colpevolezza per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale mediante l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e trasferimento fraudolento di valori.
L’attività investigativa trae origine da autonome attività di analisi, elaborate dalla Guardia di Finanza e dall’ADM e aventi ad oggetto le transazioni economiche poste in essere, a partire dall’inizio dello scorso anno, da operatori dello specifico settore, particolarmente esposto a rischi di frode a tutti i livelli della filiera commerciale, dall’approvvigionamento alla distribuzione e spesso oggetto di attrazione per gli affari illeciti della criminalità organizzata.
Lo sviluppo delle indagini, condotte mediante l’ausilio di intercettazioni telefoniche, interrogazione di banche dati, acquisizione ed esame di documentazione amministrativa, contabile e bancaria, ha consentito di individuare un sistema di evasione dell’imposta sul valore aggiunto incentrato su due depositi petroliferi ubicati in provincia di Perugia e riconducibili, uno ad un imprenditore umbro, l’altro ad un pregiudicato calabrese – già sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, in quanto ritenuto contiguo ad una cosca di ‘Ndrangheta – il quale risulterebbe promotore ed organizzatore dell’associazione.
Nell’ambito del contesto associativo, un ruolo importante è stato rivestito da un pregiudicato campano, attualmente detenuto, già coinvolto in altre indagini riguardanti clan camorristici con interessi nel settore del commercio di prodotti petroliferi, nonché da un imprenditore siciliano emerso in precedenti contesti investigativi.
Il meccanismo fraudolento si è rivelato articolato secondo il classico schema della “frode carosello”. Il prodotto petrolifero di provenienza unionale giungeva da un deposito costiero veneto alle società perugine, autorizzate ad operare come “destinatari registrati”, qualifica che consente di ricevere il prodotto in sospensione delle accise e dell’imposta sul valore aggiunto e di effettuare cessioni, senza applicazione dell’IVA, ma solo ad operatori commerciali in possesso di requisiti di affidabilità e dietro presentazione di polizze fideiussorie a garanzia del pagamento dell’imposta.
Nei depositi delle società umbre il carburante veniva “nazionalizzato”, cioè assoggettato ad accisa e contestualmente ceduto ad una serie di società “cartiere”, senza addebito dell’IVA, pur se le stesse erano evidentemente prive dei requisisti di affidabilità e a fronte di polizze fideiussorie false.
A loro volta le società cartiere – mere scatole vuote fittiziamente interposte nelle transazioni commerciali – rivendevano il prodotto a clienti terzi con addebito dell’imposta, che veniva incassata, ma non versata all’Erario.
La sistematica evasione dell’IVA consentiva l’immissione sul mercato dei prodotti petroliferi a prezzi “fuori mercato”.
Inoltre, nei confronti di alcuni degli indagati, già destinatari di provvedimenti restrittivi emessi nell’ambito di precedenti procedimenti penali nonché di misure di prevenzione, sono emersi gravi indizi di colpevolezza perché, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale e sottrarre il proprio patrimonio ad eventuali provvedimenti ablativi, nel tempo hanno compiuto una serie di atti ed operazioni di fittizia interposizione, operando quali soci occulti ed amministratori di fatto all’interno di società formalmente intestate a prestanome.
Infine, nei confronti di 7 società sono emersi profili di responsabilità “amministrativa” per i reati commessi nel loro interesse e a loro vantaggio da soggetti che, al loro interno, hanno rivestito funzioni di rappresentanza, amministrazione e direzione.
Ritenuto fondato l’impianto accusatorio formulato dal pubblico ministero, all’esito delle articolate indagini di polizia giudiziaria il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia, sussistendo il pericolo di reiterazione dei reati ed evidenziando la “commistione di interessi ed il coinvolgimento nel settore di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata di stampo mafioso in contatto con alcuni degli odierni indagati”, ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari e il sequestro preventivo.