L’8 marzo 2020 si tornerà alle urne: c’è da eleggere il senatore che rappresenterà il collegio Umbria Due al posto di Donatella Tesei che è stata eletta presidente della Regione Umbria. Chi sarà candidato dalla Lega? ossia chi sarà colui (o colei) che con tutta probabilità andrà a Roma? Anche questo c’entra con quel che sta accadendo al Comune di Terni. Anche questa volta il riflesso di un’elezione coincide con un peso che cadrà o sta forse già cadendo sulla testa dei ternani. Perché c’è chi vuole a quel posto Nico Nunzi, ex sindaco di Otricoli (leggi la commissaria Barbara Saltamartini) e c’è chi ci vuole l’attuale assessore comunale ternana Benedetta Salvati (leggi il sindaco Leonardo Latini).
Un elemento di instabilità, se così lo si vuol buonisticamente chiamare. In pratica sarebbe successo che, in quello che assumerebbe la configurazione di un ennesimo braccio di ferro tra sindaco e podestà, c’è stata la Saltamartini che alla fine ha lasciato campo libero per le nomine nella giunta rimpastata a Latini cosicché, poi, quest’ultimo dovrebbe evitare di mettersi di traverso su Nunzi.
Sarà pure vero che il potere logora chi non ce l’ha, ma si sta rivelando vero pure il fatto che prima di entrare nella stanza dei bottoni l’obbiettivo è comune e affratella, ma una volta dentro ognuno vuol schiacciare il bottone suo.
Ed arriviamo, allora, al rimpasto di giunta con Sara Francescangeli che, dopo – come ha specificato lei – “settantasei giorni dalla nomina” se ne è dovuta andare. Perché il rimpasto è stato reso obbligatorio per surrogare i due assessori saliti in Regione, sembra che esso sia risultato funzionale anche ad altre questioncine. O almeno è quello quel che pensa e sostiene Sara Francescangeli, che ha reagito. Ovviamente ha lasciato l’incarico, ma quello che non digerisce è che a questo punto è anche fuori dal consiglio comunale da cui s’era dimessa per l’ufficio assessorile. “E così i 257 cittadini che hanno votato per me ora non sono rappresentati, come non lo sono coloro che avevano votato per altri assessori eliminati in precedenti rimpasti”. Per questo Francescangeli parla di “esercizio arbitrario del potere” e di “potere dispotico”
Al suo posto il sindaco Latini ha preferito Giovanna Scarcia, che “ha preso la tessera della Lega ai primi di dicembre” – dice Francescangeli – e moglie di colui che fu il mandatario della campagna elettorale di Leonardo Latini, e il mandatario – si sa – è sempre una persona di fiducia essendo colui che raccoglie i finanziamenti elettorali. La conoscenza, comunque, vuol dire poco come ben sa la stessa Francescangeli che, ha ricordato, come temporibus illis passasse le serate con Latini ed Emanuele Fiorini a parlare di politica con una consonanza tale che quasi s’era stabilito di far coppia (preferenza uomo e donna sulla scheda) durante la campagna, prima che si profilasse all’orizzonte la candidatura a sindaco per lo stesso Latini. “Poi mi ha sfiduciato facendomelo sapere mediante un comunicato stampa. Nemmeno il coraggio di fare una telefonata! Ma d’altra parte è dal 10 dicembre che nemmeno mi salutava più”.
Il 10 dicembre, data fatidica, quella in cui “ho nei fatti terminato l’esperienza di amministratore comunale”, dice Francescangeli, quando cioè – aggiunge – è cambiata “la lista degli assessori che era stata decisa in una riunione la settimana prima e che mi vedeva confermata e con le deleghe che già avevo”. Poi è venuto fuori quello che qualcuno ha definito “piano B”. Con Scarcia al personale e alla polizia municipale, e Francescangeli all’università e alla scuola “che io conosco solo per averle frequentate, mentre le mie competenze sono altre esercitando danni la professione di avvocato”.
Ma perché d’improvviso questa decisione di trasloco ad altri settori amministrativi?: “Perché io non sono stata d’accordo a rinunciare a quei metodi nuovi di governare la città che ci si era prefissi e per praticare i quali avevamo chiesto i voti alla cittadinanza”. E spiega: “Ho preteso che i concorsi fossero regolari; non ho voluto ingerenze nella gestione del personale; non, ho votato per l’esternalizzazione delle riscossioni che hanno portato a quel grande caos delle bollette pazze della Tari; non ho votato per la cessione delle quote del Sii ad una società privata, avallando una manovra in cui potrebbe configurarsi un conflitto d’interessi anche perché il prezzo casomai dovrà farlo il mercato non chi acquista le quote e chi le vende”.
Non basta. C’è anche un altro punto di frizione: riguarda “le spese pazze fatte per assicurare la visibilità a qualcuno”, e qui il riferimento non è vago come sembrerebbe, perché le spese sarebbero quelle approntate all’americana per tagliare pini, tappare buche, mettersi nelle condizIoni di inaugurare qualche cosa, o esibirsi in macchiettistiche, nostalgiche picconate. Francescangeli di traverso nei confronti di Enrico Melasecche: così come l’ex assessore Dominici; così come l’ex assessore Cecconi.