E’ una crisi che viene da lontano e che a ogni quadro economico negativo rischia di produrre ulteriori vittime.
Stiamo palano delle partite IVA dell’Umbria. Nel decennio 2009/2019 ne sono sparite 11.084. Erano infatti 59.594 (2009) ne sono sopravvissute 48.510 (2019).
La fonte è MEDIACOM 43 che ha raccolto ed elaborato i dati forniti dal Ministero dell’economia e delle finanze.
Non solo, anche il reddito medio complessivo delle partite IVA dell’Umbria è crollato del 16,2% (circa 270 milioni di euro persi) in un decennio mentre per il resto dei contribuenti il reddito ha subito una flessione media del 2,5%.
Il quadro umbro, ed è qui la notizia più preoccupante, è molto diverso da quello italiano se si guarda all’andamento del reddito medio delle Partite Iva finora sopravvissute alla selezione darwiniana.
In Italia – evidenzia MEDIACOM 43 – il fatto che tra le dichiarazioni dei redditi Irpef 2009 e quelle 2019 il numero delle Partite Iva sia sceso del 18,1% e quello del loro reddito complessivo del 9,4%, determina che il reddito medio delle Partite Iva sopravvissute sia aumentato del 10,5%. In termini reali, nel 2008 in media una partita Iva italiana presentava un reddito 28mila 830 euro lordi l’anno, mentre nel 2019 tale valore sale a 31mila 850 euro.
Questa dinamica esiste anche in Umbria, ma molto più affievolita. Nella regione, infatti, come visto, il numero delle Partite Iva è crollato del 18,6% e il reddito complessivo del 16,2%. Ne consegue che il reddito medio delle Partite Iva sopravvissute in Umbria è cresciuto nel decennio solo del 2,9%, oltre 3,6 volte meno della media nazionale. Si tratta del dato peggiore d’Italia. In termini reali il loro reddito Irpef medio è aumentato da 27mila 730 euro nelle dichiarazioni 2009 a 28mila 530 euro del 2019.
Il che comporta che il reddito medio delle Partite Iva umbre abbia allargato il suo gap sfavorevole rispetto a quello delle Partite Iva di tutte le altre regioni: nel 2009 la media del reddito Irpef complessivo di una Partita Iva era in Umbria inferiore del 3,8% rispetto alla media nazionale (27mila 730 euro contro 28mila 830), mentre nel 2019 tale divario si è allargato al 9,4% (28mila 530 euro contro 31mila 850).
E qui sta il punto. La selezione darwiniana in Umbria è stata più forte che nella media nazionale, ma ha prodotto un irrobustimento economico delle Partite Iva sopravvissute molto più limitato di quanto non sia avvenuto a livello italiano. In altre parole, in termini di confronto con il quadro italiano le Partite Iva dell’Umbria sono più fragili di quanto non lo fossero dieci anni fa. E questo pone seri rischi di tenuta per il futuro. Perché la loro fragilità le esporrà, in caso di periodi di quadro economico avverso, a cadute del loro numero e del reddito complessivo assai più forte di quanto non avverrebbe nella media nazionale.
Dal quadro presentato emerge, come detto, che l’inverno delle Partite Iva dell’Umbria potrebbe non essere finito, anche qualora arrivasse la sospirata ripresa. Perché, se non si irrobustiranno e non verranno aiutate ad irrobustirsi, ad ogni quadro economico generale avverso pagherebbero un prezzo più alto – come avvenuto – rispetto alle Partite Iva delle altre regioni. Cosa significa irrobustirsi? Significa accettare senza remore e con coraggio, aiutate e incentivate da una politica economica adeguata a livello nazionale e regionale (ma anche i Comuni possono giocare un ruolo importante), le grandi sfide della digitalizzazione, della sostenibilità, dell’aumento generale della propria competitività, dell’aumento di dimensione media, della patrimonializzazione. Questi sono i nodi ormai noti, che vanno presi di petto. Non è solo una questione di peso fiscale, che pure esiste – conclude MEDIACOM 43 – ma di cambio di passo sia nella politica economica dei poteri pubblici che nel modo di essere delle Partite Iva. Altrimenti non mancheranno altri inverni particolarmente gelidi e prolungati.