Erano scozzesi, erano nemici ma anche giovani: i carristi che il 13 giugno di settantacinque anni fa liberarono Narni dai fascisti si accorsero di una donna molto bella, una ragazza, che li guardava dal bordo della strada all’altezza del Monumento ai Caduti. Fermare il carro, fermare la colonna, fu un tutt’uno. Scesero in tre, si presentarono alla giovane, che si chiamava Evelina Binnella, e le regalarono una bandiera italiana che avevano conquistato a Magliano sabina. Prima di partire la firmarono e vi apposero anche gli indirizzi. Evelina ripose la bandiera nel proprio cassetto dei ricordi. E lì rimase per quaranta anni. Poi la consegnò in comune: le firme e gli indirizzi erano ancora leggibili. Una lettera prima una telefonata dopo bastarono per mettersi in contatto con i Lothians che avevano liberato Narni e sede nel villaggio di Dunbar. Insomma, il contatto si stabilì e gli stessi carristi vennero proprio a Narni. E come nelle migliori trasmissioni di Raffaella Carrà, ritrovarono pure Evelina Binnella, e nello stesso punto di quaranta anni prima ripresero in mano la bandiera italiana. La scena fu commovente ebbe un seguito nel senso che si stabilì un rapporto permanente tra la comunità narnese e quella di Dunbar, rappresentata dai carristi dei Lothians. Vi furono tantissime visite affievolite e poi interrotte dall’avanzare dell’età. Fu comunque uno degli episodi minori della guerra che per una volta non espresse crudezza e violenza ma solo l’incontro di giovani divisi da politiche insensate. La bandiera è ora visibile al museo Eroli.
Erano scozzesi, erano nemici ma anche giovani: i carristi che il 13 giugno di settantacinque anni fa liberarono Narni dai fascisti si accorsero di una donna molto bella, una ragazza, che li guardava dal bordo della strada all’altezza del Monumento ai Caduti. Fermare il carro, fermare la colonna, fu un tutt’uno. Scesero in tre, si presentarono alla giovane, che si chiamava Evelina Binnella, e le regalarono una bandiera italiana che avevano conquistato a Magliano sabina. Prima di partire la firmarono e vi apposero anche gli indirizzi. Evelina ripose la bandiera nel proprio cassetto dei ricordi. E lì rimase per quaranta anni. Poi la consegnò in comune: le firme e gli indirizzi erano ancora leggibili. Una lettera prima una telefonata dopo bastarono per mettersi in contatto con i Lothians che avevano liberato Narni e sede nel villaggio di Dunbar. Insomma, il contatto si stabilì e gli stessi carristi vennero proprio a Narni. E come nelle migliori trasmissioni di Raffaella Carrà, ritrovarono pure Evelina Binnella, e nello stesso punto di quaranta anni prima ripresero in mano la bandiera italiana. La scena fu commovente ebbe un seguito nel senso che si stabilì un rapporto permanente tra la comunità narnese e quella di Dunbar, rappresentata dai carristi dei Lothians. Vi furono tantissime visite affievolite e poi interrotte dall’avanzare dell’età. Fu comunque uno degli episodi minori della guerra che per una volta non espresse crudezza e violenza ma solo l’incontro di giovani divisi da politiche insensate. La bandiera è ora visibile al museo Eroli.