L’interesse trapelò forte: la Ryanair, la scalpitante linea aerea irlandese, avrebbe visto bene l’aeroporto, il terzo di Roma, a San Liberato, sulla piana del Nera, molto ben servito dalla ferrovia e dalla autostrada. Era vicino a Roma ma anche baricentrico ad un suo bacino che si spingeva sino a Perugia, Arezzo.
Non sembri strana la richiesta perché, tanto per dire, l’aeroporto di Stansted dista da Londra molto di più di san Liberato nei confronti di Roma. E poi la Ryanair era stufa, fortemente stufa, della aerostazione di Ciampino dove era relegata e dove doveva sottostare a molte spinte. Era la metà degli anni Novanta ed il trasporto aereo stava decollando in tutti i sensi.
I quotidiani dell’Umbria rilanciarono la notizia ed anche quelli laziali perché si vedevano portare via una fetta occupazionale molto grande. La stessa regione Lazio, visto l’interesse per il decentramento aeroportuale, mise immediatamente a disposizione un’area a Viterbo, vicino agli aeroporti militari, rilanciata con grande enfasi sulla stampa. Ma alla Ryanair, e poi alle compagnie low-cost, che intanto crescevano di numero, ribadivano la richiesta di Roma/San Liberato. Non venne nemmeno fatto un conto occupazionale solo per non essere presi dalla vertigine. E la richiesta poteva sembrare legittima per il fatto che l’aeroporto di Sant’Egidio era pressappoco una costruzione in bandone senza futuro e poi lontanissimo da essere il vero baricentro della popolazione del Centro Italia.
Gli amministratori narnesi non fecero alcuna pressione, ma nemmeno quelli di Terni, nemmeno i rappresentanti della Provincia, nemmeno i parlamentari, nemmeno i consiglieri regionali. Nemmeno i cittadini, che presero la questione senza l’importanza che meritava: magari si poteva protestare contro Berlusconi, magari contro l’acqua privata (ma in Italia l’acqua è solo pubblica, per legge), ma mai e poi mai a favore dell’occupazione, questo pare un argomento che non incontra tra i radical-chic. E lasciarono cadere anche questa opportunità, continuando poi a lamentarsi per la mancanza di lavoro.
Quelli di Perugia, imperava la governatrice Maria Rita Lorenzetti, che non lasciava cadere nemmeno un briciola al di là della Somma, invece si mossero con decisione ed allora risposero alla Ryanair: “Grazie tanto: a noi ci basta un aeroporto regionale e ce lo facciamo a sant’Egidio. Poi lo chiamiamo San Francesco: chi potrà avere un nome così altisonante nel mondo?”. E tutto si chiuse lì anche se si sapeva che l’interesse per quell’aeroporto non sarebbe arrivato più lontano di Arezzo: a Firenze ne hanno un altro, poi a Pisa, a Falconara e ovviamente, a Roma.
Il finale? Di Viterbo, nemmeno se ne parla più, nonostante le spinte, a Sant’Egidio atterrano quattro/cinque aerei al giorno e la sua mission di “internazionale” gli era stata data da un solo tour-operator per i propri voli in Tunisia, ternano, manco a dirlo, che avrebbe ben visto partire le sue comitive da san Liberato.
Gli occupati? All’epoca della richiesta, la Ryanair stimava che avrebbe potuto spingere altre compagnie low-cost a spostarsi a San Liberato o meglio dire Roma/San Liberato, con una presumibile occupazione pari a circa millecinquecento unità. A Sant’Egidio ce ne lavorano un settimo. Senza poi parlare tutto l’indotto e l’accettazione del nome San Liberato quale propaggine di Roma. Lasciato tutto cadere senza nemmeno protestare. E se non è progresso questo. E senza parlare dei debiti dell’aeroporto dell’Umbria che sistematicamente produce e che i cittadini debbono ripianare.