DI CLAUDIA FLOREA
Il 2 giugno si è celebrato il World Eating Disorders Action Day (Giornata Mondiale dei Disturbi Alimentari).
Secondo l’OMS i Disturbi del comportamento alimentare (DCA) rappresentano la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali tra i giovani, soprattutto quelli di età compresa tra i 12 e i 25 anni. In Italia sono oltre 3 milioni le persone che ne soffrono, di cui il 70% sono adolescenti. Secondo la definizione del DSM-5 i Disturbi Alimentari sono caratterizzati da comportamenti inerenti l’alimentazione che portano ad un alterato consumo o assorbimento di cibo tali da compromettere significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale. I disturbi alimentari sono caratterizzati da comportamenti specifici come: eccessiva preoccupazione o apparente negligenza per il proprio peso e la propria forma fisica; calo o aumento del consumo di cibo; diete; abbuffate; comportamenti compensatori (come la pratica del vomito, l’abuso di diuretici, di lassativi o di pillole per dimagrire, oppure una pratica sportiva eccessiva). La ricerca del piacere, il controllo sul proprio corpo e il tentativo di liberarsi dalle angosce, sono le caratteristiche peculiari di tali comportamenti alimentari. Il cibo viene usato come compensazione di situazioni di stress, di disagi psicologici, di stati ansiosi o depressivi.
L’alimentazione diventa cosi la risposta che il soggetto dà ad ogni stimolo. Studi sperimentali hanno dimostrato che l’esposizione a spunti emozionali negativi può far precipitare in un vortice di abbuffate o in un drastico calo alimentare, in risposta quindi a stati d’animo piuttosto che ad una richiesta calorica. In molti momenti quel piatto troppo pieno o quel piatto troppo vuoto spesso sono il nostro unico amico: spesso è quella troppa sofferenza a far salire a cifre stellari il numero sulla bilancia; altre volte, invece, facciamo di tutto per alleggerirci l’anima. Non potendo intervenire su ciò che ci circonda e non essendo spesso capaci di affrontare l’altro, sembra più semplice prendersela con se stessi. Il corpo diventa il luogo della rappresentazione del conflitto. Si cerca disperatamente di anestetizzare il pensiero e le emozioni, commenta Fabiola De Clercq. Quando la tristezza, la rabbia, la paura, il disgusto o la bassa autostima prendono il sopravvento tentiamo di tenere queste emozioni sotto controllo mettendo in atto comportamenti che ci facciano sentire persone in grado di…in grado di prendere decisioni, in grado di esercitare potere, almeno su noi stessi in primis, in grado di essere influenti anche con chi ci sta vicino, diventando attraverso la loro preoccupazione importanti, mettendoci al centro dell’attenzione oppure nascondendoci dietro i nostri vestiti troppo larghi o troppo stretti. I disturbi alimentari sono spesso sintomi di una varietà di stress ambientali, sociali e familiari. Le cause sono molteplici e il comportamento di chi soffre di questi disturbi dipende da moltissimi fattori, spesso direttamente collegati al funzionamento familiare.
Già Freud nel 1895 evidenziò il ruolo centrale giocato dalla famiglia. In particolare è l’approccio psicoterapeutico sistemico – relazionale ad approfondire il contesto circostante precisando come famiglie “troppo rigide” potessero contribuire all’insorgenza o al mantenimento dei disturbi alimentari. L’iper-protezione o l’indifferenza da parte della famiglia può influire sul percorso di crescita dei figli, soprattutto se adolescenti. D’altro canto non possiamo non tener presente come invece la famiglia può essere anche un ottimo alleato per il trattamento dei DCA. Come afferma la scrittrice Fabiola De Clercq: “l’anoressia e la bulimia sono il sintomo tangibile di un dolore che non si vede, di un disagio psicologico lungamente incubato, segno di una crepa nella memoria o nella vita famigliare”.
Io amplierei il raggio a tutti i disturbi del comportamento alimentare, compresa anche l’obesità, uno tra i più noti di questi disturbi. “I disturbi del comportamento alimentare non sono disturbi dell’appetito, ma della relazione. Al loro interno troviamo una ferita. E questa ferita riguarda soprattutto le relazioni primarie: è una ferita d’amore.” aggiunge Massimo Recalcati. Sul “La Repubblica” si legge come i Disturbi alimentari abbiano subito un incremento del 30% nei giorni del coronavirus. Lo stress, la preoccupazione, l’essere costantemente sotto pressione hanno influito cosi sullo stato d’animo e sull’alimentazione di molti. Il cibo è diventato allo stesso tempo rifugio e prigione per il proprio malessere. Intraprendere un percorso terapeutico, individuale, familiare o di gruppo, può aiutare a focalizzarsi su ciò che ci sta dietro al disturbo alimentare, su quello che il sintomo vuole dire, su quanto sta comunicando agli altri e al soggetto stesso.
L’AUTRICE E’PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA