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Parlerò oggi di alcuni aspetti dell’anoressia, un disturbo alimentare psicogeno che non cade mai di moda, purtroppo; anzi…c’è un incremento, rilevato statisticamente,che rende preoccupati gli studiosi di questo settore.
‘A volte, di notte, mi rigiro nel mio letto e penso
a questa ‘patologia’,
a questo modo inconsapevole, bizzarro, di difendersi da una parte di se stessi, dal mondo, dalle madri troppo invadenti; e spesso mi domando se, la tv, che mette sempre in primo piano le curve sensuali di giovani vallette, i reality dei tutti belli, ignoranti, ad ogni costo banali, se il vivere occidentale, improntato sull’apparire e non sull’essere, e così via
, siano, tutte queste cose, complici del dramma vissuto da tante famiglie
E, paradossalmente, sono d’accordo con le giovani anoressiche
vanche se cerco di accompagnarle oltre la lotta che fanno con se stesse, di cui non ne approvo ne il fine, né il mezzo’
Vediamo, oggi, come il sentimento della vergogna possa essere considerato lo schema emotivo di base sottendente le gravi distorsioni cognitivo-comportamentali riscontrabili nei disturbi dell’alimentazione.
L’anoressia, la bulimia e l’obesità, sebbene diverse da un punto di vista fenomenologico, sono fortemente accomunate dalla percezione dell’immagine di sé caratterizzata proprio da quei sentimenti di inadeguatezza, inefficienza e incapacità personale che, in questi casi, si organizzano attorno all’immagine di grassezza corporea.
A questo fa da contraltare un’immagine ideale di sé, contraddistinta da successo, perfezione e approvazione esterna, che si associa all’immagine di magrezza corporea..
Questa percezione doppia di sé, è un tratto distintivo di tutte le forme di disturbo alimentare, obesità compresa e può raggiungere dei quadri di vera e propria dissociazione. Tale sensazione di ‘doppiezza’ è anche l’aspetto centrale dell’esperienza soggettiva della sindrome della vergogna.
Nel caso dei disturbi alimentari, l’oscillazione tra le due immagini di sé appare strettamente vincolata al grado di controllo esercitato sul comportamento alimentare: tanto più il senso di fame sarà sotto controllo, tanto più ci si avvicinerà all’immagine ideale di sé da mostrare agli altri.
La situazione però è paradossale, in quanto il controllo viene esercitato su un bisogno fisiologico insopprimibile: l’abbandonarsi ad esso dà vita a un senso di fallimento e umiliazione personale, che rinforza la necessità di controllo al fine di riscattarsi.
E’ una battaglia continua e snervante!! Questa lotta diventa ancor più crudele e senza fine quando
la persona scopre nel vomito auto indotto un rapido riequilibrio del senso di fallimento e incapacità che si
instaura dopo ogni attacco bulimico. X diceva durante un colloquio di psicoterapia: ‘Quando ho cominciato a vomitare mi sentivo euforica, era come aver trovato il modo di rinascere ogni volta che io volevo
Una
parte di me, sana, si permette di desiderare qualcosa e nel momento in cui cede, l’altra parte, severa e punitiva, ha il sopravvento’.
In questa testimonianza viene messo in evidenza l’aspetto più importante e patologico: il controllo interno della fame. Infatti chi sostiene che l’anoressica non ha fame, si sbaglia!
Attraverso il controllo interno della fame, ci si può riscattare di fronte agli altri, diventare più potenti degli altri
ecc.
La brama di riscatto e di desiderio di primeggiare si accompagna, poi, al forte rancore che spesso è osservabile in queste persone, per sovvertire uno stato di sottomissione e inferiorità sentito nel confronto con gli altri
.
Credo che una psicoterapia cognitiva, supportata da un medico internista, possa aiutare molte giovani a risolvere questo problema.