Stavolta il rinvio è stato chiesto, a quanto pare, da sindacati e direzione dell’Acciai Speciali Terni che non hanno ancora completato il confronto sul piano industriale. E così l’incontro al Ministero per lo Sviluppo Economico che era in calendario per martedì 14 maggio è stato rinviato al 6 giugno prossimo.
Ci sono di mezzo tre settimane, ma potrebbe trattarsi di tre settimane da ricordare se accadesse che alle elezioni europee si registrassero risultati che potrebbero provocare, dicono, chissà che cosa in seno al Governo.
Ma a che serve questo incontro al Mise? Se tutto si riducesse a livello di una mediazione per cercare un accordo attorno ad un piano industriale che qualcuno definisce più che altro un piano straordinario di manutenzione, sarà come se non fosse accaduto niente.
Qui oltre che di organizzazione del lavoro e taglio di qualche decina di posti pare necessario stringere, e fortemente, su un’altra questione: che ruolo hanno le acciaierie ternane nel sistema economico italiano? Che ruolo hanno quelle stesse acciaierie nell’ambito della multinazionale ThyssenKrupp?
Le risposte latitano, ma i fatti – anzi i non fatti – stanno a di dimostrare che da una parte e dall’altra, sia a Roma che a Duisburg, all’Ast sembra che non si pensi affatto, che non costituisca un problema ma proprio perché in pratica è come se non esistesse, una specie di acciaieria fantasma.
Al punto che, nonostante le grida d’allarme diffuse a Terni, nemmeno corre pericoli per il mancato accordo ThyssenKrupp-Tata, semplicemente perché – qualcuno se lo è dimenticato – una qualche posizione dell’Ast nell’ambito di quell’accordo non era nemmeno contemplata.
Come un bravo attore che cade via via sempre più nel dimenticatoio: è bravo, sarebbe utile sulla scena, ma nessuno lo chiama più semplicemente perché ci si è dimenticati della sua esistenza.
A quell’attore basterebbe un buon manager, ma chi fa il manager dell’Ast? A chi tocca? Tocca alle istituzioni locali, ai sindacati, alle associazioni di categoria, alla città di Terni pressare il governo perché decida una volta per tutte. Il Governo deve dire se serve o non serve quest’unico produttore italiano di acciaio inossidabile. Vogliamo lasciare campo aperto ai cinesi (o agli indonesiani-cinesi)? Non sarà il caso di pretendere, a muso duro, che la ThyssenKrupp lasci all’Ast la possibilità di operare e di utilizzare lo spazio che le serve e le spetta?
Tocca a Terni e all’Umbria muoversi nei confronti del governo se si vogliono difendere la loro fabbrica, ma ce n’è la voglia e la convinzione? E tocca al governo, poi, stanare la ThyssenKrupp stringerla all’angolo affinché si decida. Percorrere questa strada comporta la necessità di darsi da fare in Europa: perché non sembra esatto che ci azzecchi in pieno chi ritiene che l’Europa non serve a niente.