Di Chiara Furiani
Alla fine della seconda giornata su quattro, anche questo LGW 2025 è al giro di boa.
A naso, fin qui un festival forse un po’ in sordina rispetto a quello memorabile dello scorso anno, ma comunque sempre capace di sorprendere con effetti speciali.
Tanti già i nomi da segnarsi in agenda e riascoltare con calma, ma anche alcune riconferme.
Da annoverarsi tra i nomi “grossi” di questa edizione, sicuramente gli statunitensi Sunn O ))).
Band di culto per il popolo metal, sulla piazza da più di una ventina d’anni, e
decisamente non per tutti i palati.
Ma altrettanto decisamente portatori sani dei germi più interessanti del genere, quelli meno inclini al trash – niente vocine “strizzate”, ne’ melodie strappacore, per capirci.
Come officianti di un oscuro rito, i due chitarristi Stephen ‘O Malley e Greg Anderson si presentano sul palco incappucciati e intabarrati in un mantello.
A fare da sfondo, un’abside costituita da una gigantesca parete di amplificatori.
E poi, senza soluzione di continuità, e con pochissime variazioni, un infinito bordone strumentale: viscerale, profondissimo e inesorabilmente virato verso il basso.
O li ami o li odi, i Sunn O))).
Ma se non si temono le esplorazioni in terra incognita, un concerto così va sperimentato almeno una volta nella vita. Per chi ha letto Lovecraft, quanto di più vicino a quegli abissi, tradotto in musica.
Per il resto, fin qui sono state soprattutto una bella e nutrita squadra di voci femminili a vincere la partita.
Fa davvero piacere che la nostra Daniela Pes, per l’occasione affiancata dal suo produttore Iosonouncane – a sua volta tra i nomi più cool della scena musicale italiana – abbia letteralmente stregato il pubblico della Jacobikerk, con un set in tandem creato per l’occasione.

E poi l’incredibile Lido Pimienta, colombiana, col suo irresistibile blend di folklore, elettronica, avanguardia e una stage presence inarrivabile.
Imperdibile anche Amirtha Kidambi, cantante newyorkese di origine indiana, con una proposta ampiamente dalle parti del jazz, ma sempre apertissima alle più ampie contaminazioni.
Davvero intrigante anche la cantante libanese Sawt El Doumouh, con un progetto ispirato ai canti a tenores sardi.
Convincentissima poi Ibelisse Ferragutti, boliviana, già apprezzata nella scorsa edizione, quest’anno con una band dirompente tra jazz e avantgarde.
Il festival più coraggioso sulla piazza anche quest’anno non smentisce le aspettative, col suo mix di proposte sempre coraggiose, stimolanti e rigorosamente meticce.













