Di Chiara Furiani
Di festival in giro ce n’è ormai una pletora, ne sappiamo qualcosa anche qui in Umbria.
Nella maggioranza dei casi si tratta di cartelloni ricchi magari di diversi punti di interesse, ma messi su senza un particolare concetto di fondo, se non la dedizione a uno stile e – si spera – la ricerca della qualità.
Più raramente invece una visione c’è, eccome se c’è.
Se quello che cercate è un evento speciale, che sappia titillare la vostra curiosità e ampliare nettamente le vostre prospettive musicali e la vostra idea di mondo, ebbene, sappiate che esiste, e manco poi così lontano.
Basta prendere un aereo per l’Olanda.
A Utrecht, deliziosa cittadina ricca di storia e cultura, da ben 17 anni si svolge il festival dei festival, e a breve ci siamo di nuovo.
Dal 7 al 10 novembre è ancora tempo di “Le Guess Who”.
Letteralmente “Indovina Chi” – il logo è significativamente un bel punto interrogativo – perché ben pochi sono i nomi che conoscerete dell’amplissimo cartellone.
Le facce più note e paludate di quest’anno sono forse Kim Gordon, bassista dei Sonic Youth, che a Utrecht presenta il suo convincentissimo progetto solista e Meshell Ndegeocello, anche lei bassista; ma se con la prima siamo decisamente dalle parti del rock, con la seconda, tra le prime esponenti, una ventina d’anni fa, del nu soul – siamo piuttosto dalle parti della black music.
Per farla breve, LGW non è mono-stile e il mainstream qui non è proprio di casa, tanto che gran parte degli artisti non hanno manco una pagina su Wikipedia.
A “Le Guess Who” ci si va sulla fiducia, comprando tutto il pacchetto a scatola chiusa – e i biglietti infatti vanno a ruba ben prima che esca il programma – perché si sa che alla fine si torna a casa di sicuro col sorriso sulle labbra.
Terra di mulini a vento, di formaggi, di biciclette e di libertà che qui ce le sogniamo, culla di grandi artisti come Rembrandt e Van Gogh, questo paese minuscolo e irrimediabilmente piatto è forse anche per questo da sempre patria di viaggiatori curiosi e crocevia di culture.
Ed è ciò che rende LGW imperdibile.
Mentre il mondo e gli individui sembrano chiudersi e arroccarsi sempre di più, mentre la politica, ormai ovunque, ci dice di avere paura dal diverso da noi, questa isola felice ci nutre e ci delizia con coraggiose sperimentazioni e musiche “altre”.
Africa, Asia, America, Europa, sonorità tradizionali e antichissime accanto all’hip-hop, al rock, al jazz, alla musica elettronica, a dj set e in generale all’avanguardia con anche un focus importante dedicato quest’anno a giovani e modernissimi artisti palestinesi.
Giusto per rendersi conto ancora meglio di quanto quella parte di mondo sia ben più sfaccettata e avanti di quanto qualcuno vorrebbe farci credere.
“Stranieri ovunque”, il motto della Biennale di Venezia 2024 sembra fatto apposta anche per LGW: non esiste futuro se non nella mescolanza di culture e uomini.
Unico neo, la crescente popolarità della manifestazione – da queste parti si è potuta avvistare qualche edizione fa persino Bjork.
Se prima si poteva fare la spola tra una sala e l’altra senza troppa programmazione oggi ci si deve aspettare di fare la fila.
Il passaparola ha avuto effetto.
Ma tant’è.
Il gioco vale decisamente la candela.
Non sarà forse l’arte a salvarci dal baratro, ma in questi tempi decisamente bui anche solo quattro giorni di grande bellezza paiono già tantissimo.