Un dibattito intorno al tema dell’emancipazione femminile nella società di oggi a cui hanno portato il proprio contributo otto donne. L’occasione è stata la presentazione del libro di Francesca Compagnucci “In quanto donna. Elena Lucreazia Cornaro e Giuseppina Anselmi Faina“, Intermedia Edizioni, all’auditorium Messina di Orvieto.
Cornaro e’ stata la prima donna a laurearsi in filosofia nella seconda metà del 1600 mentre Faina solo con enorme fatica potè ufficialmente fregiarsi dell’appellativo di pittrice.
Dopo l’illustrazione delle straordinarie doti personali e della caparbietà di queste due donne sono seguiti gli interventi delle ospiti, coordinati da Claudio Lattanzi di Intermedia Edizioni e inframmezzati da letture del testo ad opera del docente universitario Carlo Mari.
La dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Orvieto-Baschi Antonella Metta ha affermato “nel mio ruolo di dirigente scolastico sento molto forte la responsabilità che abbiamo nei confronti dei ragazzi per quanto riguarda lo sforzo da compiere per avere una vera parità tra i generi. Spesso sento di combattere contro una certa inconcludenza che grava sull’organizzazione scolastica, ma tutto il nostro istituto è impegnato a promuovere questi valori”.
Roberta Tardani, primo sindaco donna di Orvieto, ha raccontato di avere sempre avuto una grande passione per la politica. “Se penso al percorso della mia vita credo che gli unici limiti alla mia attività professionale e politica, se così si possono chiamare, siano stati dettati dalla volontà di mettere i miei figli prima di tutto. Questo anche sull’esempio che ho ricevuto dalla mia famiglia. Mi sono sposata giovanissima e a un certo punto della mia vita, ho deciso di lasciare il lavoro per dedicarmi esclusivamente a loro. Ammetto di essere stata fortunata a poter scegliere. E cosi è iniziato il percorso che mi ha visto impegnata prima nel consiglio di zona, dove ho cercato di dare il mio contributo al quartiere in cui vivevamo, fino ad arrivare al consiglio comunale e ad essere il primo sindaco donna della città. La politica è frutto di percorsi lunghi, di relazioni e conoscenza del luogo a cui decidi di dedicare il tuo tempo, non dettati dall’opportunità del momento. Soffro terribilmente le lunghe e spesso inconcludenti discussioni che non giungono mai ad un punto di caduta. Pur sapendo che fanno parte del gioco. Al mio impegno politico ho anche pagato un prezzo personale alto. Non ho mai sentito soggezione nei confronti degli uomini, mai ho voluto competere con i miei colleghi solo perché uomini né mi sono mai sentita in difficoltà in un ambito in cui gli uomini sono la maggioranza. Ammetto che non mi appassionano nemmeno le discussioni sulle quote rosa come soluzione ai problemi della rappresentanza femminile. C’è però un rischio che le donne possono correre, frutto ancora di pregiudizi. È quello di imbattersi in persone, per lo più uomini, che credono di poter “gestire”, “indirizzare” o “condizionare” le tue scelte perché in fondo ritengono, sbagliando, che una donna sia meno attrezzata a gestire certe situazioni.
Nella mia esperienza politica li ho incontrati e in quel caso ho dovuto impegnarmi due volte. La prima volta per riaffermare la mia autonomia e le mie capacità poi per difendermi dal livore che questo ha suscitato”.
Franca Marinelli, magistrato di lunga esperienza, ha raccontato dei suoi esordi quando al tribunale di Milano era una giovanissima magistrata guardata “come una marziana” dai colleghi della generazione precedente. “Oggi su 25 Corti d’Appello, solo otto sono presiedute da giudici donne. Mi ricordo anche la prima volta che conobbi l’ufficiale dei carabinieri del comando provinciale di Milano per le presentazioni. Entrò nella mista stanza e chiese a me del nuovo magistrato perché non aveva pensato che potesse trattarsi di una donna. Al mio esordio al tribunale di Roma il presidente ad un certo punto si rivolse ai suoi colleghi e disse: “Guardate adesso ci mandano le ragazzine”. Poi la situazione è lentamente migliorata anche se devo dire che mi sarei aspettata maggiore solidarietà dai colleghi maschi della mia generazione”.
Il notaio Benedetta Dubini ha raccontato di essersi sempre sentita sostenuta dalla propria famiglia. “Non solo dalle figure femminili, ma anche da quelle maschili che sono importanti nel sostenere le aspirazioni delle ragazze. Nel mondo del notariato e anche da parte dei clienti ci sono molti pregiudizi quando ci si trova di fronte ad un notaio donna e oltretutto giovane. Spesso mi prendo delle piccole vendette quando alla stipula degli atti impongo la lettura di lunghissimi documenti!”.
La dirigente scolastica Lorella Monichini ha raccontato la propria esperienza antecedente alla scuola, quando lavorava in un’azienda. “Quando fui sicura di essere incinta, lo dissi a tutti i miei colleghi, tutti mi dimostrarono il loro affetto. Quando però si trattò di procedere con le promozioni e le gratifiche, il mio capo mi disse che dal momento che io ormai aspettavo un bambino la mia promozione l’avrebbe data ad un altro collega. Ho provato un grande imbarazzo ed ho capito che avrei dovuto cambiare lavoro. Adesso faccio il lavoro più bello di tutti. Una delle missioni che sento come più urgenti è quella di educare i giovani maschi al rispetto delle donne”.
Di essere stata fortunata per essere cresciuta in una famiglia che le ha concesso opportunità e libertà ha parlato l’imprenditrice Marta Cotarella. “Nelle famiglie spesso le decisioni che contano le prendono le persone che conducono e spesso si tratta di donne. La mia mamma, mia sorella e Dominga sono state per noi degli esempi. In generale ho capito che le donne troppo spesso si combattono tra loro, ma se si mettono invece insieme possono diventare imbattibili. Nella mia azienda cerchiamo di fare squadra, ognuna di noi tre ha avuto la possibilità di specializzarsi nel settore che preferiva, ma il mondo del vino è un mondo maschile in cui gli enologi e gli agronomi donne sono molto rare. La cosa più difficile è ottenere la credibilità. Dominga ad esempio ha sempre avuto la passione per la comunicazione del vino, ma per non essere mai in difficoltà ha studiato agraria”.
Lucia Custodi, presidente del Panathlon club è stata un talento dello sport e questa sua passione ha molto a che vedere con una storia di emancipazione che ha incontrato molti ostacoli. “Sono cresciuta in una famiglia molto rigida e tradizionalista e ciò ha ostacolato il mio talento e la passione per la pallacanestro dove ero molto brava. Sono stata spesso chiamata in Nazionale, ma quando la Recoaro mi fece una proposta per giocare con loro in serie A e dunque abbracciare la carriera del professionismo sportivo, mio padre me lo impedì. Ho provato un immenso dolore. La mia energia l’ho però incanalata nella passione per la scrittura, sono autrice di venti libri fino ad oggi”.
Annamaria Turchetti consigliera nazionale di Fidapa, ha parlato del grande impegno che questa associazione internazionale profonde per favorire la piena emancipazione delle donne nella vita sociale e professionale. “Cerchiamo di farlo senza alimentare una visione di contrapposizione tra i generi. Lo sforzo che oggi si deve fare è quello di lavorare sui bambini per insegnare loro quanto sia fondamentale rispettare le bambine e le future donne”.
L’evento è stato organizzato da fondazione Faina, Fidapa, Unitre e Intermedia Edizioni grazie all’ospitalità di fondazione Cro. Il libro di Compagnucci è il quarto volume della collane “Letture fainiane” ideata da Daniele di Loreto, presidente di fondazione Faina.