Si è svolto la scorsa domenica 7 maggio nell’auditorium Bortolotti il talk-evento che ha visto Carlo Infante ritornare pubblicamente a Narni dopo tanti anni. Quarant’anni fa era stato protagonista dell’age d’or di Narni, un momento di grande attenzione pubblica, grazie anche al suo contributo che associò al teatro d’avanguardia le prime esperienze multimediali, a partire dal videoteatro. Insieme a Umbria Jazz e Festival di Spoleto, si accesero i fari su Narni che divenne riferimento per l’innovazione culturale in Italia.
Il talk si è mosso attraverso i temi e i materiali di “Performing Media – un futuro remoto”. Il percorso di Carlo Infante tra Memoria dell’Avanguardia e Transizione Digitale” libro/librido a cura di Gaia Riposati e Massimo Di Leo edito da Editoria & Spettacolo.
Il librido è stato protagonista, sì proprio così “librido”: termine inedito, uno dei tanti sfornati regolarmente da Carlo, una parola che gioca tra libro e ibrido perché va ben oltre l’oggetto stampato estendendolo nella condizione immateriale, nell’artefatto digitale, sviluppato nel web. Ciò espande il testo stampato sul libro con repertori audiovisivi. Si sono così focalizzate, con proiezioni video (relativi i contesti a cui s’è fatto riferimento su quel palco di cristallo, che sormonta la cappella paleocristiana) situazioni che erano state evocate nel libro, affiancando alla scrittura quei qrcode, i codici digitali che rimandano ai link nel web. Probabilmente ancora qualcuno fa fatica a comprendere questo procedimento anche se tutti ormai, attraverso i greenpass ne hanno acquisito la funzione. A quel punto è chiaro che quel qualcuno si compiace di non capire.
Il fatto è che Carlo Infante usa questi codici, definendoli mobtag, già dal gennaio 2007 e in questo link https://www.urbanexperience.it/format/ c’è il rimando alla Treccani che lo conferma. Allora sì che non lo capiva quasi nessuno (nel 2007), ma nonostante questo curò a Torino un progetto molto coinvolgente e promosso dalle Universiadi , sostenute da tutte le istituzioni piemontesi. A Narni in quella domenica pomeriggio ci sono state così parole e idee “in proiezione” in una conversazione innervata di repertori video (su momenti significativi, performance e installazioni, dell’avanguardia e dell’innovazione digitale) in un dialogo a tre e con molti echi, ascoltati da un’intelligenza artificiale che ha finito con il dire la sua.
Sì, Gaia Riposati e Massimo Di Leo come NuvolaProject da anni operano con sistemi diversi di intelligenza artificiale, usando chatbot paragonabili a ChatGBT (pubblicata solo nel novembre 2022) ben prima del clamore attuale e altre soluzioni per i ritratti performanti bellissimi in cui alcuni quadri ci parlano, rivelando cosa possa essere il performing media: giocare i media perché ci invitino a giocare con il nostro immaginario, come hanno fatto teatro e cinema per così tanto tempo. Un momento chiaro e forte per prendere atto di come un risultato come quello, artigiano-digitale e drammaturgico-attoriale, riesca a far comprendere il valore etico del performing media: rivolto a smarcarsi dalla convenzionalità digitale, inventando format culturali e affinando la user experience per cui si sperimentano modalità che sfuggono alle configurazioni standard delle tecnologie. Non è chiaro?
E’ su questi terreni che si giocherà la scommessa tecnologica delle prossime generazioni. Un altro passaggio cruciale è stato quando si sono proiettati i “promopow”, le locandine elettroniche che annunciavano i festival “Scenari dell’Immateriale” del 1987, 1988, 1989. Un impatto stranissimo, vera archeologia del futuro.
Sì, il futuro è già passato per Narni. Ecco un modo per declinare quel concetto che sottende il titolo del libro, “Futuro Remoto”. Un’altra lettura di quel titolo ce la offre il walkabout, la conversazione radionomade concepita per continuare la conversazione nella riflessione peripatetica con tutti i partecipanti (tra cui diversi assessori, alcuni in carica e molti altri passati).
E’ un format che si basa sulla cultura ancestrale degli aborigeni australiani, il popolo più antico della Terra, una sapienza che ci induce a proiettarci nel futuro dello sviluppo sostenibile con una intelligenza naturale che è andata perduta e che è urgente ripristinare.
E’ con questo pensiero che Carlo ci conduce prima nella cantina dello speziale, proprio sotto Santa Maria In Pensule, luogo potente anche grazie ai profumi delle essenze che ci ricordano quanta conoscenza si attivi coltivando le proprie percezioni e poi al Museo MultiMedievale insieme ad Emiliano Luciani. Qui è in essere una bella potenzialità: come usare il performing media della narrazione digitale per entrare nel mondo antico di cui Narni è splendido emblema. Una bella Macchina del Tempo con cui far interagire anche quegli Scenari dell’Immateriale che hanno coniato proprio quei linguaggi capaci di esprimere il valore di questo futuro remoto e ancora incognito.