Di Chiara Furiani
L’appuntamento era alle 15, al Teatro Pavone in Corso Vannucci.
Ma almeno già da due ore prima si era formata una coda immensa che arrivava da metà corso fino a Piazza Italia: una fiumana di gente, come si vede di solito a Perugia solo per Umbria Jazz.
Forse neanche gli organizzatori se lo aspettavano, ma con tutta evidenza attorno al cantautore prematuramente scomparso lo scorso 31 dicembre si è creata negli anni una famiglia di fan appassionati, per i quali Benvegnu’ è stato ben più del solito feticcio musicale verso il quale rivolgere quella tipica forma di idolatria spesso un po’ patetica e a senso unico che si osserva di norma in relazione ai personaggi dello spettacolo.
Quello per Paolo è un sentimento intimo che non accenna a diminuire e che, anzi, cresce ogni giorno di più attraverso la rete.
Lo si è ben compreso ieri, durante una commemorazione durata un paio d’ore, ma che sarebbe potuta durare anche il doppio, data la densità emotiva, il commosso coinvolgimento, la profondità dei contenuti espressi, la delicatezza con cui ogni singolo intervento ha messo in luce un istante, un episodio, un aneddoto, un’emozione, una storia personale o pubblica legata a Paolo.
Non una sola nota di musica, ma tanti racconti a mettere insieme i tasselli di una vita e di un’opera artistica che ha raggiunto vette di unicità, riconosciuta unanimemente dagli addetti ai lavori, ma mai abbastanza da un pubblico più vasto.
In un paese, il nostro, in cui è sempre troppo difficile sbarcare il lunario se sei un artista che non fa uso di paillettes e lustrini, se il tuo linguaggio è troppo colto, se i tuoi testi non utilizzano ritornelli accattivanti e orecchiabili al primo ascolto, se non raccontano di spiagge e ombrelloni ma si interrogano sul “sentimento delle cose”, parafrasando uno dei brani cult di Benvegnu’.
E non resta che macinare chilometri e sbatterti tra i locali e i club sparsi per tutto lo stivale per far conoscere la tua musica.
Lo ha ricordato bene il manager di Paolo: quante porte importanti gli sono state chiuse in faccia, quante volte palchi generalisti gli sono stati preclusi, quante volte Sanremo ha detto “No, troppo vecchio”.
Quella targa Tenco per il miglior album finalmente ricevuta a ottobre scorso per “E’ inutile parlare d’amore” dopo tanti piazzamenti degli anni precedenti, pareva essere il preludio per maggiori riconoscimenti.
Ma purtroppo non c’è stato il tempo.
Oltre ai moltissimi fan, ieri c’erano anche tanti volti più o meno noti dello spettacolo a salutarlo – e altrettanti ce ne sarebbero dovuti essere, ma tant’è – a condividere un loro ricordo coi presenti, e a salutare chi resta, la compagna Letizia e la figlia Anna.
C’erano Elli Schlein, Benedetta Mazzini, figlia di Mina, che anni fa ha voluto interpretare “Io e te” di Benvegnu’ in un suo album, c’erano Marina Rei, protagonista di una delle più interessanti collaborazioni recenti di Benvegnu’, Andrea Scanzi, che ha voluto Benvegnu’ agli spettacoli da lui organizzati in memoria di Giorgio Gaber, c’erano Andrea Franchi, Marco Parente e i primi musicisti e collaboratori della svolta solistica di Benvegnu’ in Toscana nei primi anni 2000, c’erano i componenti degli Scisma, la celebrata band, tra le più innovative degli anni ’90 in Italia, con cui Benvegnu’ ha mosso i primi passi in terra lombarda.
E c’era Perugia, dove Paolo si era stabilito da oltre dieci anni e aveva messo radici: con i musicisti di oggi, le realtà musicali del territorio, con la sindaca Vittoria Ferdinandi che ha voluto aprire l’incontro con un intervento accorato, ringraziando Paolo di aver voluto accompagnare musicalmente la sua campagna elettorale.
Anche a Terni Benvegnu’ ha lasciato il suo segno, producendo un album degli ottimi UTO, e conducendo un workshop al Liceo Musicale.
Resta, per i fortunati che hanno potuto goderne, il ricordo di live incredibili, con la voce di Paolo che sapeva toccare le corde dell’anima. E quelli non potranno, purtroppo, mai più ripetersi.
Ma resta soprattutto un corpus musicale che ha pochi eguali in Italia per raffinatezza e profondità, per la capacità di scandagliare le profondità dell’animo umano e il suo rapporto col mondo, e di leggerci nel profondo, come ha voluto ricordare giorni fa anche lo psicoanalista Massimo Recalcati.