Le voci riguardano la possibilità di un accordo Gesenu-Greenasm. O meglio la possibilità che la Gesenu si compri una fetta della società che gestisce , a Nera Montoro, un impianto per il trattamento di rifiuti organici e verdi. Lo scopo sarebbe quello di trasferirvi i rifiuti di tale tipo raccolti nel perugino. Si ritiene anche, che questo sia un mezzo per promuovere un intervento di adeguamento del piano rifiuti regionale, che risale al 2009, con la recondita – ma neppure tanto – intenzione di realizzare un impianto Css”, sigla che per i non tecnici significa “Combustibile solido secondario”. Un impianto cioè che utilizzerebbe gli scarti della raccolta differenziata e quelli dell’indifferenziato per produrre un materiale da utilizzare come combustibile in vari settori di attività. Il problema sarebbe che, comunque, anche un impianto Css ha i suoi scarti che verrebbero nel caso conferiti in discarica o inviati in qualche impianto energetico fuori regione, ossia in un inceneritore che produce energia. Pagando, ovviamente.
Il piano regionale dei rifiuti non prevede la possibilità di incenerimento, ma un sistema di smaltimento dei rifiuti solidi urbani che trova il suo fondamento nella raccolta differenziata, prosegue con impianti di raccolta, selezione e stabilizzazione dei rifiuti, il conferimento a imprese di riciclaggio e si conclude con il conferimento in discarica di tutti gli scarti.
L’organico e il verde raccolti nel 2016 furono 105 mila tonnellate, trattate per oltre l’8’% nei quattro principali impianti di compostaggio della Regione, ovvero Pietramelina, Casone, GreenAsm e Le Crete. Un altro 10% del verde è stato avviato a compostaggio agli impianti Trasimeno e Agriflor, mentre il 13% dell’organico e il 5% del verde sono finiti fuori regione, il 3% a Umbertide, nell’impianto di biogas Splendorini.
In Umbria, sempre nel 2016, sono state prodotte e raccolte circa 480mila tonnellate di rifiuti urbani e rifiuti speciali. Di questi oltre 285 mila tonnellate sono andate nelle cinque discariche di Belladanza, (circa 16 mila tonn.), Colognola (circa 25 mila) Borgogiglione (quasi 141 mila) Sant’Orsola (32 mila e 800), Le Crete (70 mila 780). I rifiuti della differenziata finiscono negli impianti di recupero dell’umido, e finiscono in compost; carta e plastica vengono inviati ad impianti (privati) di riciclaggio e riutilizzo; i metalli, gli inerti e il vetro vengono avviati verso sistema di riutilizzo. Gli scarti della differenziata vanno quindi in discarica. L’indifferenziato segue un percorso più breve: trattamento meccanico e biologico i cui scarti vanno anch’essi in discarica. Nel caso fosse realizzato, un impianto CSS raccoglierebbe tutti gli scarti degli altri processi ma poi trasferirebbe in discarica, i propri.
La scelta dell’Umbria è quindi chiara: niente termovalorizzatori, niente inceneritori cioè. Il fatto è che il piano regionale in vigore è arrivato quando di inceneritori ce n’erano già due , entrambi a Maratta, ed entrambi che bruciano biomassa: uno della Tozzi Holding ha funzionato finora a singhiozzo e marcia a ritmi ridotti; l’altro è il termovalorizzatore che bruciando rifiuti produce energia elettrica, la vecchia Terni Ena di agariniana memoria, ora dell’Acea. La quale Acea, nel settore rifiuti, è presente in provincia di Terni anche con la discarica orvietana delle Crete, oltre ad essere partner del consorzio Idrico Integrato.
L’inceneritore dell’Acea, quindi, produce energia che vende, ma non contribuisce neppure un poco allo smaltimento dei rifiuti ternani o umbri, visto che il combustibile utilizzato proviene da cartiere soprattutto toscane e liguri. Non fa parte del sistema regionale di smaltimento dei rifiuti, in sostanza. Ora prova ad entrarvi. Ora è un modo di dire perché in verità ha presentato un progetto che va in questa direzione fin dal 2014, ma adesso, dopo cinque anni, si sta arrivando al dunque visto che per i primi di febbraio è prevista la procedura di VIA (valutazione di impatto ambientale).
E qui entriamo in un campo minato, dove la politica è scesa in campo e lo ha fatto in maniera disordinata. Il dibattito riguarda, ovviamente e soprattutto, il Comune di Terni. E così negli ultimi tempi si è assistito ad una presa di posizione del sindaco Latini e dell’assessore all’ambiente Salvati i quali chiedono – in soldoni – che Acea ritiri la sua proposta e riponga quel progetto in un cassetto, perché – secondo il Comune di Terni – “potrà alla fine dell’iter autorizzatorio, mandare ad incenerimento rifiuti speciali per un totale di 30mila tonnellate annue derivanti dal trattamento meccanico dei rifiuti stessi, principalmente costituiti da scarti provenienti dalla raccolta differenziata”. E i Cinquestelle: “ Acea sta perseverando nella strada del nuovo iter autorizzativo. La nostra pazienza è finita, nessuno può più permettersi di fare il pesce in barile di fronte a linee politiche chiare che fanno parte del patrimonio genetico del M5s. La città prima di tutto, prima di ogni appartenenza partitica, prima della politica politicante. L’avviso presentato da Acea è la sveglia che serviva, per ricordare che a Terni due inceneritori ci sono già, sono attivi e che bruciano i rifiuti prodotti dalle cartiere toscane. Impianti che ogni giorno continuano a irrorare polveri nell’atmosfera senza essere disturbati da alcuna ordinanza antismog”. Poi c’è il Pd che complica le cose tirando in ballo anche l’eventualità che Acea entri con gli scarponi chiodati dentro l’Asm e “ribadisce la netta contrarietà sia all’implementazione delle attività degli inceneritori presenti sul territorio comunale sia alla cessione di Asm. Si tratta di due aspetti che, a causa di questa amministrazione comunale, fanno parte, purtroppo, della stessa medaglia. I cittadini non possono fidarsi di una Amministrazione comunale che da una parte vede il sindaco e l’assessore all’Ambiente fare comunicati contro l’impianto di Acea e contemporaneamente l’assessore alle Partecipate intavolare una trattativa che vede al centro della questione sia il servizio idrico che il futuro di Asm”.
E’ proprio quando la questione è delicata – c’è in ballo la salute dei cittadini – che sarebbe necessario tenere i nervi saldi, rifuggire dalla polemica e dalla propaganda, mettersi seduti attorno a un tavolo e valutare serenamente. Tenendo ben presente che, per il momento, l’inceneritore Acea funziona e continuerà comunque a funzionare “perché – dice l’Acea – siamo al cospetto di un impianto che al momento e per i prossimi anni è certamente il più sicuro da tutti i punti di vista, compreso quelle delle emissioni in atmosfera”.
Che cosa propone il progetto di Acea? In sostanza: nessuna implementazione perché si continueranno a bruciare centomila tonnellate di rifiuti “non pericolosi”, di cui si intende variegare la tipologia, aprendo agli scarti prodotti dalla lavorazione del trattamento meccanico dei rifiuti, provenienti dalla selezione della raccolta differenziata, fino ad un totale di trentamila tonnellate annue. Saranno quindi utilizzate trentamila tonnellate di rifiuti non pericolosi “con particolare riferimento ai flussi provenienti dai siti di recupero di materia prossimi all’impianto di termovalorizzazione con una proporzionale riduzione del traffico veicolare di medie e lunga percorrenza”, in considerazione del fatto che si sono già dichiarati interessati impianti operanti nella zona industriale di Maratta Bassa per quantitativi superiori a quelli proposti. A queste trentamila tonnellate se ne affiancheranno settantamila del pulper di cartiera attualmente usato e trasportato a Terni dalla Toscana e Liguria.
Non ci si è dimenticati delle compensazioni previste: 5 euro a tonnellate di rifiuti trattati e la destinazione del sei per cento della cifra investita per adeguamento dell’impianto, che andranno nelle casse del Comune di Terni e dei Comuni che saranno individuati come interessati dal disagio ambientale.
Secondo Acea, così come scritto nelle relazione che accompagna il procedimento di VIA, si tratta di un progetto che “consentirà di ridurre gli impatti ambientali sul territorio di riferimento e può determinare ricadute in termini di mancato ricorso allo smaltimento in discarica e di supporto al sistema della raccolta differenziata”. Il tutto dando per acquisito, da pare di Acea, che le emissioni resteranno al di sotto dei limiti disposti per legge, assicurando il monitoraggio continuo che affianca quello dell’Arpa, dichiarando nel contempo la disponibilità ad adeguarsi ad eventuali tecniche migliorative e disposizioni restrittive.
Per il resto è prevista la realizzazione di alcune infrastrutture a servizio: l’adeguamento del sistema di stoccaggio quella della viabilità interna ai nuovi codici europei (nel caso in specie il codice EER 19.12 “rifiuti prodotti dal trattamento meccanico di rifiuti, ad esempio selezione, triturazione, compattazione, riduzione in pellet, non specificati altrimenti”); nuovi parcheggi, modifica della zona d’ingresso con realizzazione di un’area a verde; interventi pe la realizzazione di un parco a verde nell’area limitrofa al parco combustibile (o in altra area cittadina indicata dal Comune), interventi di adeguamento del sistema di trattamento delle acque.