Sono 5 le persone condannate oggi a Pescara per il disastro di Rigopiano del 18 gennaio 2017 e sono: il dirigente e il responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (tre anni e quattro mesi di reclusione ciascuno), il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta (due anni e otto mesi di reclusione), accusati tutti e tre di omicidio plurimo colposo e lesioni multiple colpose; il gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della società “Gran Sasso Resort & SPA”, Bruno Di Tommaso, e il redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell’hotel, Giuseppe Gatto (sei mesi di reclusione ciascuno), accusati di falso.
Assolti, fra gli altri, l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e l’ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco.
Alla lettura della sentenza è scoppiato il caso nell’aula. “Giudice non finisce qui” ha gridato uno dei sopravvissuti.
“Questi qui hanno una discarica al posto del cuore. Speriamo nell’appello, ma se questo è l’andazzo non spero più niente, devo solo salvaguardare la mia vita per portare avanti il nome di mia figlia”, ha commentato il padre di Jessica Tinari, morta nel resort di Farindola a 24 anni insieme al fidanzato Marco Tanda.
“Noi pretendiamo rispetto dalle istituzioni – ha aggiunto – paghiamo con le nostre tasse i loro lauti stipendi e questi delinquenti ci trattano in questo modo. Meglio che stia zitto, sennò non so cosa posso dire”.
Urla in aula anche Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele D’Angelo, cameriere dell’hotel, morto nel crollo. “Sei anni buttati qua dentro! Per fare che? Tutti assolti, il fatto non sussiste! Quattro minuti di chiamata! Chi ha chiamato mio fratello? Chi ha chiamato?” urla disperato ricordando le telefonate di Gabriele dirette verso la Prefettura la mattina del 18 gennaio 2017. D’Angelo, alle 11.38, circa cinque ore prima della valanga, chiamò il Centro coordinamento soccorsi della prefettura per chiedere di liberare la strada e consentire agli ospiti dell’hotel di lasciare la struttura.
“Il mio pensiero va ad Alessandro, che lavorava lì dopo aver fatto tanti sacrifici, e alle altre ventotto persone scomparse in un modo così drammatico. Penso che non è giusto, perché lì con mio figlio c’erano tanti altri giovani che stavano costruendo la proprie vite con fatica, impegno e tante speranze”. Lo ha detto Antonella Maria Pastorelli, madre di Alessandro Riccetti, 33 anni di Terni morto nella strage dell’hotel Rigopiano, insieme ad altre 28 persone. “Che penso di questa sentenza? Che è una vergogna. Credo – afferma ancora – che l’opinione pubblica debba farsi sentire di fronte a una sentenza del genere. Ringrazio la Procura di Pescara, il nostro avvocato Giovanni Ranalli e quelli di tutte le altre famiglie: siamo stati sempre uniti in questi sei anni di battaglie. Spero solo che non sia questo l’esito finale, che l’appello possa restituire quella giustizia che finora non c’è stata. Combatteremo ancora e spero che il sostegno non venga mai meno”.