La condanna definitiva a 6 anni e 10 mesi dell’ingegner Marco Pucci, membro del consiglio di amministrazione di Thyssenkrupp con delega al commerciale e al marketing, per il rogo alla Thyssen di Torino dove morirono, nel 2007, 7 operai, fa sempre discutere. Con un mail inviata al nostro giornale interviene sul caso Sandro Fortunati, ex dirigente di AST, ex direttore del Tubificio di Terni.
Sandro Fortunati ripercorre brevemente la storia della Thyssen di Torino:”
La linea 5 di Torino, fu acquistata dalla Teksid quando l’avvocato Agnelli dette mandato ai suoi di diventare l’unica industria siderurgica nazionale di acciai speciali al carbonio ed inox acquisendo gli stabilimenti necessari. Dallo stabilimento della famiglia Orlando sito a Pont S. Martin fu acquistata e riassemblata a Torino la Linea 5 (quella dove si è sviluppato l’incendio, n.d.r.) che aveva un processo di decapaggio ecologico (D:E:N.) e funzionale visto che la città stava espandendosi nelle immediate vicinanze dello stabilimento. A quei tempi, quando ancora la Teksid aveva la acciaieria a Corso Mortara,quella linea era funzionale per la FIAT-Auto avendo disponibile anche un laminatoio per acciai al carbonio nello stabilimento di viale Margherita. Dalle bramme colate a Torino e laminate a caldo dalla Terni, poteva così ottenere il prodotto finito in autonomia per la trasformazione a freddo. Purtroppo, i rotoli di acciai al carbonio per l’auto non incrementano drasticamente le loro caratteristiche meccaniche quando laminati a freddo come invece accade per gli acciai inossidabili.
La linea 5 era perfetta per acciai al carbonio ma progettualmente non idonea per gli inossidabili.Avrebbe dovuto subire – scrive Fortunati – pesanti e costosissime modifiche che Teksid non fece avendo una linea ad hoc per processare gli inox (linea ricottura brillante oggi a Terni lato Borgo Bovio). Quando fallì il progetto politico Teksid e quello stabilimento divenne IAI , poi Terni, poi AST, poi TK-AST U.P.-To, non fu mai adattata la linea per il corretto processing degli inox e si assisteva continuamente ad incendi per incapacità tecnica di mantenere nel corretto asse i rotoli carichi di olio minerale usato nei laminatoi a freddo Z-Mill quando disvolti per eseguire il trattamento di ricottura e di decapaggio.
Perchè tutti i responsabili tecnici ed amministrativi non hanno mai fatto un revamping corretto?”
“Pertanto – aggiunge Fortunati -condivido le tesi dell’ing. Pucci che ritengo anche io innocente per quanto accaduto nel senso che da sempre quella non era una linea di ricottura e decapaggio per processare rotoli di acciai inossidabili. La sua responsabilità è limitata al ruolo ma altre sono le persone oggettivamente responsabili che non sono state citate in giudizio e che erano coscienti delle limitazioni di quella linea, quella a più elevata produttività tra quelle in essere ad inizio anni 2000 che rendeva problematica una fermata per il revamping. Penso agli ex direttori di stabilimento di Torino che si sono succeduti negli anni ed in particolare al Direttore Impianti che hanno accettato di gestire tale impianto senza urlare la oggettiva insicurezza, come un rischio calcolato. Questi dirigenti avrebbero dovuto chiedere ed ottenere i soldi per l’adeguamento della linea per porla in sicurezza sia verso gli operatori sia per migliorare i risultati qualitativi dei materiali processati. Ma gestire i materiali non conformi, deprezzati significativamente, era a quei tempi un business col quale qualcuno ricavava soldi dagli “amici” commercianti dei centri di servizio privati.
Conosco fisicamente e non ho mai parlato con l’ing. Pucci mentre discussi tantissimo con gli altri dirigenti quando, dovendo avviare il Tubificio di Terni come direttore pro tempore (io ero un dirigente del CSM/Terni responsabile ricerca per i Processi e Prodotti inox) riscontravo tanti problemi sui materiali processati su quella linea di Torino sino, anni dopo come dirigente AST,a imporre l’acquisto ed inserire su quella linea un sistema che fosse in grado di raccontare cosa poteva accadere sulla linea a carico , della bontà del materiale da sottoporre a saldatura ERW a 100 m/min di velocità, oltre ad avere due collaboratori a Torino, per avere informazioni dirette e non “filtrate” da un sistema “culturamente mafioso”. Tale atteggiamento culturale era presente e più fortemente anche a Terni dove il non disturbare il guidatore e fare come le tre scimmiette era una condizione normale. E quando mi sentii male a Torino e fui operato d’urgenza alle Molinette per aneurisma aortico, tornato alla vita decisi di abbandonare il lavoro (grande problema psicologico ed una vita tutta da reinventare) felice , però, di abbandonare un ambiente (e condizioni a contorno) che non appartenevano alla mia cultura etica, morale e scientifica.
Sandro Fortunati conclude la sua mail anche con una polemica con Antonio Boccuzzi, pur non citandolo direttamente, l’unico sopravvissuto al rogo.
“Mi creda, egli non è un eroe ma solo uno che aveva scelto da molto tempo di non morire per il lavoro, permettendo però turni di lavoro massacranti e che si producesse in assenza dei sistemi di sicurezza minimali previsti.
Questa tipologia di sindacalisti di base diventati dei burocrati, serve allora ai lavoratori?
Come ex sessantottino con esperienza di sindacalista di base maturata nella provincia di Roma, posso dire che tali personaggi sono solo un costo e di nessuno aiuto per le Aziende e per i loro rappresentati.
Onore ai morti e vergogna per tutti quelli che potevano agire/insistere per fare e che nulla hanno fatto.
Sono veramente dispiaciuto per la condanna di Pucci esistendo tantissimi altri colpevoli, sindacato incluso, decisamente più meritevoli di condanna.”
Marco Pucci sta scontando la sua pena nel carcere di Terni.