Di Chiara Furiani
Un anno di festival incredibili il 2024, e anche l’Italia, pur tra mille difficoltà, annosa carenza di spazi, scarsa sensibilità e appoggio praticamente inesistente da parte delle istituzioni ha fatto il possibile per regalarci bei momenti.
Il nostro però è un paese difficile per la musica e per gli artisti, si sa, e la vicenda dell’immenso Paolo Benvegnù, cantautore recentemente scomparso, è davvero emblematica.
Un talento pazzesco che ha dovuto lottare tantissimo per farsi conoscere e guadagnarsi una qualche visibilità, che altrove avrebbe sicuramente ricevuto con maggiore facilità.
Sono altre le realtà in cui l’arte è stimolata, supportata, aiutata in tutti i modi possibili.
L’Olanda da questo punto di vista è inarrivabile e in particolare il Festival Le Guess Who di Utrecht è un oasi paradisiaca.
Per gli artisti, la cui libertà creativa ed espressiva è la conditio sine qua non per essere invitati a questo evento.
Per il pubblico, che arriva letteralmente da tutto il mondo per immergersi in una quattro giorni di godimento assoluto, non solo per la varietà e il livello della musica, ma anche per la qualità della resa acustica.
Non un microfono che fischia, non un effetto rimbombo o una singola voce sovrastata dagli strumenti più rumorosi: i fonici a LGW sono maestri assoluti e le sale hanno un’acustica perfetta.
E poi la varietà incredibile di generi: non è da tutti, non è decisamente usuale per un festival musicale.
Ma a Le Guess Who, in questi quattro giorni di full immersion tutto è possibile.
Ci si sposta da una location all’altra ed è tutta un’altra musica, è possibile affondare in una performance di world music e passare al rock, e da lì al folk.
Minimo comun denominatore la qualità, il coraggio e la voglia di alzare l’asticella della comfort zone.
Di chi ascolta e di chi si esibisce.
Regola d’oro: lasciarsi sorprendere.
Già dal primo giorno – uno a caso, perchè ogni giornata è stata assolutamente memorabile – LGW non poteva cominciare in maniera migliore, con una partenza già alla grande e, quest’anno, senza troppa folla, con la possibilità di spostarsi facilmente senza dover fare la fila.
Alla Jakobikerk, chiesa gotica ricca d’atmosfera già di per sé, bella e intimista l’esibizione della cantante Astronne, splendida voce e sound tra soul e jazz.
Poi il primo colpo grosso.
Nella sala grande del Tivoli Vredenburg, una struttura avveniristica provvista di ben sei sale concerti, una performance ipnotica della Amsterdam Andalusian Orchestra, che ha inscenato una antica cerimonia marocchina volta a raggiungere uno stato di trance, accompagnato dalla musica e da effetti video.
Poi, di colpo, doppio salto carpiato ed è stata Kim Gordon, ex bassista dei Sonic Youth a trasportarci nel suo universo rock, industrial, elettronico.
Dopo lo choc trumpiano, è un bel piacere incontrare questa icona dell’America ribelle e radicale.
71 anni e non sentirli, voce irresistibile a metà tra spoken word e Nico, due gambe da paura e un’energia che mette i brividi.
Imperdibili anche The body & Dis Fig con l’elettronica che vira verso il metal e dalle parti di Trent Reznor.
Incredibile la performance della cantante Felicia Chen.
Ha chiuso la serata in bellezza un vero mito della musica africana, Noura Mint Seymali, cantante mauritana, che ha avvolto l’audience con la sua voce potente ed espressiva.
Ottimo inizio quindi e, sia chiaro, avendo il dono dell’ubiquita altrettanto si è perso.
Questo festival è tanti festival insieme.