“L’orientamento richiamato è stato ribadito anche più di recente dal Consiglio di Stato, sottolineando che il sindacato è legittimato ad impugnare atti concernenti singoli iscritti solo se ed in quanto i provvedimenti concretino anche una lesione dell’interesse collettivo statutariamente tutelato, risolvendosi altrimenti l’azione in una non consentita sostituzione processuale (C.d.S., sez. III, 9 agosto 2017, n. 3972).
Nel caso in esame, pertanto, la legittimazione del sindacato va negata in quanto non è data alcuna prova della ricorrenza delle condizioni enucleate dalla giurisprudenza; non è, infatti, dimostrato che il sindacato agisca a difesa di un interesse proprio perseguito statutariamente né che non vi sia potenziale conflitto tra gli appartenenti alla categoria.
Ciò posto, il ricorso appare carente anche sotto il profilo dell’attualità dell’interesse. Difatti, nei corposi atti depositati la ricorrente solo in alcuni passaggi afferma che il nuovo e diverso assetto societario e proprietario potrebbe riverberarsi in un possibile danno ai dipendenti in termini di minori garanzie, pur non essendovi contestazioni in ordine alla continuazione dei rapporti di lavoro in essere con i dipendenti della FarmaciaTerni s.r.l. Trattasi, invero, di censure estremamente generiche che evidenziano un danno solo potenziale – qualificato dalla stessa ricorrente come “possibile” – ma non concreto ed attuale. Il Collegio non ritiene di disconoscere gli interessi sottesi al ricorso, bensì affermare che tali interessi vanno qualificati come di mero fatto che non assurgono al rango di interesse legittimo in capo ad un soggetto esponenziale, nei termini di legge, dell’interesse collettivo dei lavoratori nel rapporto di lavoro.
Si evidenzia, per inciso, che in merito ad interessi connessi alla tutela del rapporto di lavoro e delle correlate vicende sindacali non potrebbe che porsi la questione della giurisdizione del giudice adito.
Per i suesposti motivi il ricorso in epigrafe e due atti di motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. b), cod. proc. amm.”
Il Tar dell’Umbria, dunque, ha dichiarato inammissibile il ricorso della CGIL contro la deliberazione del Comune di Terni di modificare lo stato di Farmacia Terni prevedendone la liberalizzazione.
In una nota il gruppo consiliare del PD dichiara la sua soddisfazione per la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale che “rappresenta una conferma della posizione assunta nella precedente consiliatura sulla bontà del percorso intrapreso. L’iter iniziato con la delibera di consiglio dello scorso 18 dicembre 2017 contiene garanzie per i dipendenti e delinea una prospettiva sia per la società, sia per il Comune di Terni, per un nuovo ruolo dell’azienda in una realtà competitiva come quella odierna. Ricordiamo – scrive il PD – che la delibera contenente l’iter sul nuovo corso della partecipata era un punto chiave nel percorso di riequilibrio dell’ente. Ribadiamo oggi in ogni caso la disponibilità al confronto durante le dichiarazione programmatiche del Sindaco, ma anche in tutte le altre sedi ed appuntamenti, durante i quali si tratterà il tema del futuro della partecipata. Concludiamo quindi sottolineando la volontà al dialogo con tutte le parti in causa”.
Secondo Alessandro Gentiletti di “Senso Civico “”La decisione del TAR Umbria non dà, come affermano alcuni, nessun via libera alla vendita delle stesse.Da quanto è dato sapere, infatti, il Tribunale amministrativo si è limitato esclusivamente a dichiarare inammissibile il ricorso perché non ha ritenuto legittimato il ricorrente e perché non ha ritenuto attuale ma potenziale il pericolo per i lavoratori che conseguirebbe dalla vendita. Il Tribunale amministrativo non si è, pertanto, espresso nel merito.
Restano, dunque, in piedi tutte le criticità giuridiche dell’alienazione che ho avuto modo di evidenziare con l’interrogazione depositata in data 08/08/2018 e sulle quali l’amministrazione ha il dovere di esprimersi prima di procedere. Resta infatti ben possibile che l’alienazione, una volta che dovesse essere effettuata, possa non essere ritenuta legittima dalle giurisdizioni competenti e ciò con notevoli danni per le casse pubbliche. Sul piano politico ribadisco – conclude – che l’eventuale vendita delle quote delle farmacie comunali troverà la mia ferma opposizione, in quanto inutile e dannosa per la collettività”.
LA SENTENZA DEL TAR NELLA SUA INTEREZZA
sul ricorso numero di registro generale 144 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da Desiree Marchetti, rappresentato e difeso dagli avvocati Patrizia Bececco, Claudio Biscetti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Donato Antonucci in Perugia, via XIV Settembre, 69;
contro
Comune di Terni, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Gennari, Francesco Silvi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Isabella Sorbini in Perugia, piazza Italia, 11;
nei confronti
FarmaciaTerni s.r.l. non costituita in giudizio;
per l’annullamento,
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
– della Deliberazione del Consiglio comunale di Terni n. 430 del 28 dicembre 2016, pubblicata per 15 giorni consecutivi a decorrere dal 2 gennaio 2017, avente ad oggetto la “Approvazione del Piano di riequilibrio finanziario pluriennale 2017/2021 ai sensi dell’art. 243 bis TUEL. Proposta al Consiglio Comunale”, nella parte in cui dispone in merito alla FarmaciaTerni s.r.l.;
– di tutti gli atti connessi, e/o connessi e/o consequenziali, ed in particolare della deliberazione della Giunta comunale n. 348 del 2016, contenente la proposta di Piano, la deliberazione del Consiglio comunale n. 21 del 24 gennaio 2017, la deliberazione del Giunta comunale n. 9 del 18 gennaio 2017 e la deliberazione del Consiglio comunale n. 429 del 28 dicembre 2016, nonché la deliberazione della Giunta comunale n. 47 del 23 febbraio 2017;
per quanto riguarda i primi motivi aggiunti:
– deliberazione della Giunta comunale di Terni n. 92 del 24 marzo 2017, pubblicata per 15 giorni consecutivi dal 27 marzo 2017, avente ad oggetto “Modifica Statuto FarmaciaTerni S.r.l.. Proposta al Consiglio comunale”;
– della deliberazione del Consiglio comunale di Terni n. 65 del 29 marzo 2017, pubblicata per 15 giorni consecutivi dal 3 aprile 2017, avente ad oggetto “Atto di indirizzo per la scelta del modello di gestione delle farmacie attraverso società mista pubblico-privata”;
– della deliberazione del Consiglio comunale di Terni n. 102 del 7 aprile 2017, pubblicata per 15 giorni consecutivi dal 14 aprile 2017, avente ad oggetto “Modifica Statuto FarmaciaTerni S.r.l. Approvazione atto emendato”;
e di tutti gli atti connessi, e/o presupposti e/o consequenziali;
per quanto riguarda i secondi motivi aggiunti:
– della deliberazione del Consiglio comunale del 28 settembre 2017 n. 249, pubblicata per 15 giorni consecutivi dal 13 ottobre 2017, avente ad oggetto “Aggiornamento al Piano di Razionalizzazione delle società partecipate. Revisione straordinaria delle partecipate ai sensi del d.lgs. 175/2016. Approvazione” e di tutti gli atti connessi, e/o presupposti e/o consequenziali, ed in particolare: della delibera di Giunta comunale n. 257 del 20 settembre 2017 (proposta al C.C. dell’aggiornamento al Piano), nonché della delibera di Giunta comunale del 17 agosto 2017 n. 229 “Alienazione delle quote della società FarmaciaTerni s.r.l. ai sensi degli art. 10 commi 1, 2 e 17, comma 1 del d.lgs. 175/2016 e dell’art. 5 comma 9 del d.lgs. n. 50/2016 mediante gara a doppio oggetto. Proposta al Consiglio comunale” e relativi allegati.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Terni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 luglio 2018 la dott.ssa Daniela Carrarelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. È materia del contendere la legittimità degli atti adottati dal Comune di Terni finalizzati alla dismissione di parte delle quote pubbliche della FarmaciaTerni s.r.l., nell’ambito delle operazioni poste in essere dall’Amministrazione nell’ambito del piano di riequilibrio finanziario finalizzato ad evitare, data la situazione di grave difficoltà finanziaria dell’Ente, la dichiarazione di dissesto.
2. Il ricorso principale è proposto dalla sig.ra Desiree Marchetti, in qualità di segretario generale della Filcams CGIL-Terni, che afferma di agire in rappresentanza degli interessi dei lavoratori della FarmaciaTerni s.r.l., e chiede l’annullamento:
– della Deliberazione del Consiglio comunale di Terni n. 430 del 28 dicembre 2016, pubblicata per 15 giorni consecutivi a decorrere dal 2 gennaio 2017, avente ad oggetto la “Approvazione del Piano di riequilibrio finanziario pluriennale 2017/2021 ai sensi dell’art. 243 bis TUEL. Proposta al Consiglio Comunale”, nella parte in cui dispone in merito alla FarmaciaTerni s.r.l.;
– di tutti gli atti connessi e/o consequenziali, ed in particolare la deliberazione della Giunta comunale n. 348 del 2016, contenente la proposta di Piano, la deliberazione del Consiglio comunale n. 21 del 24 gennaio 2017, la deliberazione del Giunta comunale n. 9 del 18 gennaio 2017 e la deliberazione del Consiglio comunale n. 429 del 28 dicembre 2016, nonché la deliberazione della Giunta comunale n. 47 del 23 febbraio 2017.
In una corposa ricostruzione in fatto e diritto la ricorrente lamenta la realizzazione da parte del Comune di Terni, per mezzo degli atti impugnati, di un’operazione in violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione e, in particolare, dei profili di efficacia ed economicità, riconosciuti dalla giurisprudenza costituzionale quali parametri di legittimità delle scelte discrezionali effettuate dalla pubblica amministrazione nella organizzazione dei servizi e nell’attività amministrativa. Tali atti sarebbero, pertanto, illegittimi per violazione di diverse disposizioni di legge – tra cui l’art. 110 del r.d. n. 1265 del 1934 recante Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie – nonché per eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, difetto di giusta istruttoria e motivazione, violazione del buon andamento della P.A.
2. Si è costituito il Comune di Terni chiedendo il rigetto del ricorso perché inammissibile e comunque infondato, con riserva di ulteriori memorie. In particolare, la difesa comunale eccepisce l’inammissibilità del ricorso principale per difetto di interesse concreto ed attuale del ricorrente, non essendo il sindacato soggetto processuale legittimato alla tutela dell’intera categoria dei lavoratori quale entità unitariamente considerata. Si eccepisce, altresì, l’inammissibilità delle censure riferite alla questione della continuazione dei rapporti di lavoro in essere con i dipendenti della FarmaciaTerni s.r.l., non deducendo il ricorrente alcunché sotto tale profilo.
3. Con un primo ricorso per motivi aggiunti, notificato alle controparti e depositato in data 14 giugno 2017, la ricorrente ha chiesto l’annullamento:
a) della deliberazione della Giunta comunale di Terni n. 92 del 24 marzo 2017, pubblicata, per 15 giorni consecutivi dal 27 marzo 2017, avente ad oggetto “Modifica Statuto FarmaciaTerni S.r.l. Proposta al Consiglio comunale”;
b) della deliberazione del Consiglio comunale di Terni n. 65 del 29 marzo 2017, pubblicata per 15 giorni consecutivi dal 3 aprile 2017, avente ad oggetto “Atto di indirizzo per la scelta del modello di gestione delle farmacie attraverso società mista pubblico-privata”;
c) della deliberazione del Consiglio comunale di Terni n. 102 del 7 aprile 2017, pubblicata per 15 giorni consecutivi dal 14 aprile 2017, avente ad oggetto “”Modifica Statuto FarmaciaTerni S.r.l. Approvazione atto emendato”.
Rispetto a tali atti, che danno seguito a quanto in precedenza determinato con gli atti impugnati nel ricorso principale – in particolare con riferimento alle modifiche statutarie della società di gestione FarmaciaTerni s.r.l. e all’avvio del percorso per la realizzazione di una gara a doppio oggetto per la costituzione della s.p.a. a capitale privato maggioritario – sono richiamati i motivi di censura del ricorso principale.
4. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato alle controparti e depositato in data 19 gennaio 2018, la ricorrente ha chiesto l’annullamento della deliberazione del Consiglio comunale del 28 settembre 2017 n. 249, pubblicata per 15 giorni consecutivi dal 13 ottobre 2017, avente ad oggetto “Aggiornamento al Piano di Razionalizzazione delle società partecipate. Revisione straordinaria delle partecipate ai sensi del d.lgs. 175/2016. Approvazione” e di tutti gli atti connessi, e/o presupposti e/o consequenziali, ed in particolare: della delibera di Giunta comunale n. 257 del 20 settembre 2017 (proposta al Consiglio comunale dell’aggiornamento al Piano), nonché della delibera di Giunta comunale del 17 agosto 2017 n. 229 “Alienazione delle quote della società FarmaciaTerni s.r.l. ai sensi degli art. 10 commi 1, 2 e 17, comma 1 del d.lgs. 175/2016 e dell’art. 5 comma 9 del d.lgs. n. 50/2016 mediante gara a doppio oggetto. Proposta al Consiglio comunale” e relativi allegati.
I provvedimenti impugnati con i secondi motivi aggiunti costituirebbero ulteriore seguito da parte dell’Amministrazione comunale di Terni a quanto in precedenza determinato, ed, in particolare, con riferimento alla dismissione della partecipazione alla gestione delle farmacie comunali e alla conseguente alienazione delle quote.
5. La difesa comunale ha precisato le proprie eccezioni con due successive memorie, ribadendo, in primo luogo, il difetto di interesse e di legittimazione nonché la genericità delle censure mosse dalla ricorrente. Quanto ai primi motivi aggiunti, se ne eccepisce, altresì, la nullità perché notificati all’Ente e non al domicilio eletto presso l’avvocato, in violazione dell’art. 43, comma 2, cod. proc. amm. e art. 170 cod. proc. civ. Nel merito la difesa dell’Amministrazione afferma la legittimità della scelta comunale di dismissione di parte delle quote pubbliche della FarmaciaTerni s.r.l., evidenziando, inoltre, che la modifica statutaria, che ha condotto all’adozione dell’amministratore unico in luogo del precedente organo di amministrazione collegiale è stata dettata dalla necessità di rispettare il disposto dell’art. 11, comma 2, d.lgs. n. 175 del 2016.
Sui secondi motivi aggiunti, relativi all’aggiornamento del piano di razionalizzazione delle società partecipate, la difesa comunale eccepisce l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse [rectius inammissibilità per carenza di interesse] non avendo la controparte impugnato la delibera consiliare n. 149 del 2015, oggettivamente correlata all’atto di aggiornamento del piano di razionalizzazione de quo (delibera c.c. n. 249 del 2017), che conferma sul punto ritenuto lesivo una volontà già espressa dall’amministrazione nella precedente delibera del 2015.
6. Con memoria depositata in vista dell’udienza pubblica, la ricorrente insiste sulla propria legittimazione affermando che il sindacato ha agito in giudizio “al fine di far valere l’interesse generale dei propri aderenti, mediante lo strumento della rappresentanza processuale volontaria, e quindi munito del formale e specifico mandato da parte degli iscritti lavoratori, di cui costituisce stabile ed organizzato centro di riferimento”. Allo stesso modo afferma il proprio interesse al ricorso in quanto con il nuovo assetto determinato dagli atti impugnati si introdurrebbe una tutela del personale inferiore e affievolita rispetto a quella prevista dal contratto di servizio della società in house.
7. All’udienza pubblica del 24 luglio 2018, uditi i difensori per le parti costituite, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. In via preliminare il Collegio ritiene non accoglibile l’eccezione di nullità del primo atto di motivi aggiunti perché notificato all’Ente e non al domicilio eletto presso l’avvocato, in violazione dell’art. 43, comma 2, cod. proc. amm. e dell’art. 170 cod. proc. civ. Il motivo va disatteso, dovendo condividersi il diffuso indirizzo di merito per cui, pur ribadendosi la necessità che la notifica dei motivi aggiunti avvenga presso domicilio eletto ai sensi dell’art. 170 cod. proc. civ., può ritenersi ammissibile anche la notifica effettuata al domicilio reale, quando questa abbia raggiunto lo scopo e il contraddittorio sia stato di fatto instaurato, come nel caso in esame (cfr. C.d.S., sez. IV, 25.1.2017 n. 297).
9. Proseguendo con la disamina delle eccezioni in rito, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Amministrazione comunale per difetto di legittimazione e carenza di interesse in capo alla ricorrente. L’eccezione è fondata per i motivi che seguono.
9.1 La ricorrente agisce nella qualità di Segretario generale della Filcams CGIL-Terni e “in rappresentanza degli interessi dei lavoratori dipendenti della FarmaciaTerni s.r.l.”. Parte ricorrente, nel respingere l’avversa eccezione, argomenta evidenziando che l’azione sarebbe proposta “al fine di far valere l’interesse generale dei propri aderenti, mediante lo strumento della rappresentanza processuale volontaria, e quindi munito del formale e specifico mandato da parte degli iscritti lavoratori, di cui costituisce stabile ed organizzato centro di riferimento”. In disparte la circostanza che taluni dei lavoratori che hanno sottoscritto il citato “mandato” non risulterebbero iscritti al sindacato attore secondo i documenti versati in giudizio, la suddetta argomentazione non appare condivisibile.
La parte ricorrente si limita ad invocare lo “strumento della rappresentanza processuale volontaria”; tuttavia, secondo la regola generale posta dall’art. 81 cod. proc. civ., “fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui”. Salvi i casi di legittimazione straordinaria stabiliti dalla legge, quindi, la qualità che legittima a un’azione in giudizio va individuata in base alla corrispondenza effettiva con la titolarità della situazione sostanziale di cui si lamenta la lesione. È principio pacifico in giurisprudenza quello per cui un sindacato può agire in giudizio per far valere interessi suoi propri ed esclusivi ma non degli associati; questi ultimi sono infatti autonomi e responsabili soggetti di diritto, per cui la tutela giudiziale del loro interesse non può prescindere dall’autodeterminazione al giudizio dei singoli interessati: il fatto che una controversia che riguarda singoli lavoratori possa interessare indirettamente la generalità degli appartenenti alla categoria non la trasforma da individuale a collettiva (cfr. C.d.S. 18 aprile 2012, n. 2208; Cass., 17 luglio 1974, n. 1135; 3 novembre 1983, n. 6480). Si ammettono rigorose deroghe a tale principio generale, in relazione al giudizio amministrativo impugnatorio, “riconoscendosi la legittimazione ad agire delle associazioni di categoria (salvo i casi di legittimazione previsti dalla legge, come ad es. l’art. 28, l. n. 300 del 1970), quando ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) azioni nelle quali l’interesse dedotto in giudizio concerna l’intera categoria rappresentata di modo che il sindacato non si ponga in conflitto di interesse con alcuni dei suoi rappresentati; b) i provvedimenti impugnati concretino anche una lesione dell’interesse collettivo statutariamente tutelato, risolvendosi, altrimenti, l’azione, in una non consentita sostituzione processuale” (C.d.S., sez. IV, 6 dicembre 2012, n. 6261; in senso conforme id., sez. III, 26 maggio 2014, n. 2682).
L’orientamento richiamato è stato ribadito anche più di recente dal Consiglio di Stato, sottolineando che il sindacato è legittimato ad impugnare atti concernenti singoli iscritti solo se ed in quanto i provvedimenti concretino anche una lesione dell’interesse collettivo statutariamente tutelato, risolvendosi altrimenti l’azione in una non consentita sostituzione processuale (C.d.S., sez. III, 9 agosto 2017, n. 3972).
Nel caso in esame, pertanto, la legittimazione del sindacato va negata in quanto non è data alcuna prova della ricorrenza delle condizioni enucleate dalla giurisprudenza; non è, infatti, dimostrato che il sindacato agisca a difesa di un interesse proprio perseguito statutariamente né che non vi sia potenziale conflitto tra gli appartenenti alla categoria.
9.2 Ciò posto, il ricorso appare carente anche sotto il profilo dell’attualità dell’interesse. Difatti, nei corposi atti depositati la ricorrente solo in alcuni passaggi afferma che il nuovo e diverso assetto societario e proprietario potrebbe riverberarsi in un possibile danno ai dipendenti in termini di minori garanzie, pur non essendovi contestazioni in ordine alla continuazione dei rapporti di lavoro in essere con i dipendenti della FarmaciaTerni s.r.l. Trattasi, invero, di censure estremamente generiche che evidenziano un danno solo potenziale – qualificato dalla stessa ricorrente come “possibile” – ma non concreto ed attuale. Il Collegio non ritiene di disconoscere gli interessi sottesi al ricorso, bensì affermare che tali interessi vanno qualificati come di mero fatto che non assurgono al rango di interesse legittimo in capo ad un soggetto esponenziale, nei termini di legge, dell’interesse collettivo dei lavoratori nel rapporto di lavoro.
Si evidenzia, per inciso, che in merito ad interessi connessi alla tutela del rapporto di lavoro e delle correlate vicende sindacali non potrebbe che porsi la questione della giurisdizione del giudice adito.
10. Per i suesposti motivi il ricorso in epigrafe e due atti di motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. b), cod. proc. amm.
In merito alle spese, sono liquidate secondo il dispositivo, la valutazione della soccombenza è formulata tenendo in considerazione le finalità di carattere collettivo che la ricorrente ha inteso perseguire, pur non integrando i necessari presupposti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e due atti di motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li dichiara inammissibili.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite nei confronti del Comune di Terni, in misura di euro 3000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.