Fine di una lunga stagione di precariato per 47 dipendenti dei centri per l’impiego dell’Umbria che confluiranno nell’agenzia regionale per le politiche attive del lavoro.
“Un atto di fondamentale importanza – spiega il vice presidente della giunta regionale Fabio Paparelli – formalizzato con un atto della stessa Arpal, in attuazione alle previsioni della legge di bilancio dello Stato per il 2018, in cui è previsto il trasferimento definitivo della funzione e del personale alle Regioni o alle Agenzie regionali dove istituite. A tale trasferimento di competenze corrisponde anche il trasferimento stabile delle risorse da parte del Ministero a partire dal 2018”.
“Questo percorso – sottolinea Paparelli – segna dunque un passo fondamentale per il rafforzamento dell’Arpal e proietta l’Agenzia verso una dimensione operativa compiuta, in una logica in cui le politiche attive del lavoro sono fondamentali per rispondere alle esigenze delle persone in cerca di occupazione, oltre che per ricollocare nel più breve tempo possibile coloro che beneficiano di ammortizzatori sociali essendo usciti dal ciclo produttivo”.
“Un’azione che abbiamo implementato con il programma Umbria Attiva che sta trovando attuazione in queste settimane grazie anche alla importante adesione registrata per le misure Umbria Attiva Giovani ed Adulti, oltre che con interventi a favore delle imprese che incrementano l’occupazione con il rifinanziamento del progetto Cresco, ovvero con il nuovo strumento di supporto al Microcredito che prende il via in questi giorni”.
“Il rafforzamento dei Centri per l’impiego – aggiunge il vicepresidente Paparelli – effettivamente praticato e non propagandato è funzionale quindi al ruolo che gli stessi possono avere nei confronti delle persone, dell’attuazione di politiche attive del lavoro coerenti con i fabbisogni espressi dal mercato del lavoro, e quindi delle imprese in un contesto in cui il pubblico può offrire servizi qualificati anche a fronte di specifiche esigenze legate alla ricerca e selezione di personale”.
“Questo – conclude Paparelli – è il modello verso cui tendere, quello europeo, come accade in Germania, in Olanda o in Francia in cui la centralità del pubblico, con adeguata dotazione di competenze professionali ed infrastrutture, è funzionale alla tutela dei diritti delle persone ed in particolare dei più deboli sul mercato del lavoro ed il ruolo del privato è complementare e servente alle politiche pubbliche per l’attivazione delle persone e non certo all’erogazione di sussidi o redditi incondizionati come purtroppo si sta prospettando a livello nazionale”