L’attuale pandemia da coronavirus sta mettendo a dura prova la la società in Italia come in tanti altri paesi del mondo. A causa di questa grave crisi si evidenziano e acutizzano le contraddizioni che caratterizzano la composizione del nostro tessuto sociale. Si pensi ad esempio agli istituti per anziani che, un po’ in tutte le regioni d’Italia, si sono rivelati focolai di contagio con un numero elevatissimo di morti. È evidente che proprio coloro che dovevano essere preservati con maggior attenzione, i nostri padri e le nostre madri anziani, hanno visto divenire più fragile la rete di protezione attorno a loro, vuoi per irresponsabilità , che per carenze organizzative o semplicemente per il prevalere di spregiudicate logiche di profitto.
“Analogo discorso si potrebbe fare per tante altre categorie di persone deboli e isolate – scrivono don Roberto Cherubini e padre Pawel Gajewski – le quali già prima della pandemia erano al di fuori dei circuiti della protezione sociale e comunitaria, persone che non hanno diritti da rivendicare né forme di solidarietà spontanea e diffusa a proprio sostegno. Pensiamo ai senza casa, agli immigrati, specie se irregolari, ai lavoratori in nero e agli ambulanti, ai nomadi dello spettacolo viaggiante, ai “non residenti”, e a tutte le altre categorie simili.
Davanti all’emergere di questa realtà la parrocchia cattolica di Santa Croce e la Chiesa evangelica metodista di Terni si sono unite per provare a dare una risposta a questa situazione e provare a ricucire le maglie sfilacciate del tessuto comunitario cittadino.
“Siamo partiti dalla convinzione che la pandemia ci insegna che “siamo tutti sulla stessa barca”. È questa una realtà spesso misconosciuta, che cioè le nostre esistenze personali individuali sono correlate e interdipendenti con quelle di chi ci è accanto, ed anche di tutta l’umanità. Ciò significa che la mia salvezza non può prescindere e fare a meno della salvezza dell’altro: sulla barca o ci si salva tutti o si affonda tutti, nessuno può vantare una condizione privilegiata rispetto agli altri.
Se una parte dei passeggeri della barca viene lasciata affondare o va alla deriva perché più debole e indifesa, a vantaggio dei restanti passeggeri, con essa va a fondo anche il senso di umanità della società. Se qualcuno rimane escluso tutti ci perdiamo, se anche uno soccombe, tutti siamo privati della parte migliore di noi: la solidarietà che ci rende comunità. Di abitudine al male si muore.”
Per questo le due realtà ecclesiali hanno costituito un fondo di solidarietà comune, raccolto fra i membri delle proprie comunità ed hanno messo in campo le proprie forze per esprimere solidarietà concreta ai tanti che fanno fatica a restare a galla.
Su sollecitazione di don Roberto Cherubini e del pastore Pawel Gajewski si è costituita una squadra di volontari composta da persone di buona volontà , di provenienza e religione diversa: cattolici, evangelici, ortodossi e musulmani, di nazionalità e cultura differente. Un segno di unità e collaborazione.
Quanti volessero offrire un proprio contributo, economico o di altro genere, collaborare fattivamente o segnalare situazioni che hanno bisogno di sostegno possono utilizzare l’indirizzo e-mail: [email protected]