Un gruppo di progettisti, ingegneri e architetti interviene nel dibattito sul restauro del Teatro Verdi di Terni. Lo fa con una lettera aperta indirizzata al Comune di terni e a quanti possono concorrere al recupero del Teatro.
IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA CON LE FIRME IN CALCE
Da troppo tempo ormai Terni è senza il suo teatro.
Il teatro di Terni è il Verdi e il Verdi deve riaprire le sue porte ai cittadini; in merito a questo tema sentiamo la necessità di manifestare la nostra posizione, culturale e professionale.
Siamo un gruppo di progettisti, architetti e ingegneri, che operano in città, ma insieme all’essere tecnici siamo cittadini informati che partecipano alla vita della comunità ternana e che hanno a cuore il futuro della città e anche in questa veste vorremmo esprimere la nostra opinione, nella convinzione che il confronto delle idee non può che essere terreno fertile per la soluzione del problema.
Ci rivolgiamo in primis, essendo il Verdi di proprietà del Comune di Terni, all’Amministrazione comunale, nelle sue espressioni politico-amministrative e dirigenziali, ma anche a tutti coloro, come Fondazioni, Enti e Associazioni , che a tali decisioni possono concorrere.
Abbiamo sempre seguito, nel corso dei troppi anni già trascorsi fino ai giorni attuali, il dibattito che si è sviluppato in città in merito: ne abbiamo tratto la convinzione che portare a conclusione singoli stralci di interventi senza avere un progetto omogeneo ed unitario è un’operazione di corto respiro che rischia di pregiudicare l’obiettivo di avere un teatro di assoluta qualità che restituisca al Verdi il ruolo di contenitore privilegiato della cultura cittadina.
Il Verdi, per l’importanza intrinseca dell’edificio, per il ruolo storico che ha rivestito nella cultura ternana, per il valore simbolico che in virtù di quel ruolo ha acquisito agli occhi della collettività, è patrimonio dell’intera città e dei suoi abitanti, motivo per il quale questi dovrebbero essere coinvolti nelle scelte che vengono fatte, e non solo con un Consiglio Comunale aperto.
Un patrimonio, come afferma anche l’architetto portoghese Eduardo Souto de Moura, è un titolo che può essere conferito solo se la costruzione viene vissuta ed usata, “perché solo la vita quotidiana la trasforma in qualcosa di naturale e le conferisce lo status di Patrimonio”.
Per essere vissuto ed usato il Verdi, una volta finiti i lavori, dovrà poter ospitare al suo interno tutte le attività che si possono svolgere oggi in uno spazio teatrale di eccellenza, dalla musica alla prosa, dagli spettacoli classici a quelli di avanguardia o a quelli tecnologicamente innovativi, passando anche per conferenze e manifestazioni culturali di diverso tipo.
Questi sono anche i motivi per i quali manifestiamo perplessità verso la corrente di pensiero che afferma di voler riproporre, oggi, in maniera automatica, la soluzione del Poletti, anche perché, a differenza di altre realtà come quella di Rimini o di Fano, lo stato nel quale si trova il Verdi è ben diverso ed è frutto delle pesanti modifiche del dopoguerra, al punto che le caratteristiche iniziali del modello “polettiano” sono difficilmente identificabili.
Riteniamo quindi che riproporlo costituisca una sorta di falso storico che va anche contro i principi del restauro enunciati da Cesare Brandi.
Inoltre, per ripristinare il teatro del Poletti si dovrebbe rimuovere una parte di storia del Verdi, quella che va dalla ricostruzione post-bellica ad oggi.
Con questa lettera non vogliamo presentare un progetto. Tutt’altro.
Vogliamo indicare un metodo e tracciare un percorso, al termine del quale la città di Terni possa utilizzare il miglior progetto per il teatro Verdi, un progetto che, partendo dalle condizioni ad oggi determinatesi, sia in grado di produrre un intervento di elevata qualità che guardi al futuro, immaginando un grande teatro in grado di ospitare le migliori produzioni artistiche in ogni campo.
Riteniamo che ciò sia ancora possibile e che per ottenere la migliore proposta progettuale l’unico
strumento da utilizzare è quello del concorso di idee con procedura aperta, per mettere a confronto
il meglio di quello che la cultura progettuale può offrire, in modo da poter scegliere la proposta migliore
in termini di qualità e di fattibilità.
Si definiscano in maniera chiara i limiti al contorno, fisici e operativi, si fissi l’obiettivo della capienza
e le tipologie di utilizzo dello spazio e si bandisca il concorso di idee.
Il concorso sarebbe per Terni una grande operazione culturale e costituirebbe il presupposto per
affrontare anche il problema del reperimento delle risorse necessarie; siamo infatti convinti che solo
con un progetto di alto profilo si possa lanciare una campagna in grado di mobilitare l’apporto economico
di Fondazioni bancarie, di Enti, Associazioni Culturali, di privati cittadini attraverso la legge
sull’Art bonus, della Regione Umbria, del Ministero dei Beni e Attività Culturali e della Comunità
Europea.
Perché siamo altresì consapevoli che occorrerà l’apporto di molteplici soggetti per un investimento
economico comunque rilevante, tale da tradurre in opere un prodotto di alto profilo progettuale, in
grado di incarnare in campo culturale quell’aspirazione alla modernità e alla qualità che deve continuare
ad essere uno dei tratti identitari della comunità ternana.
Un prodotto all’altezza delle ambizioni che la nostra città, nonostante tutto, vuole ancora ostinarsi a
coltivare.
arch. Alessandro Almadori
arch. Giuseppe Andreoli
arch. Sandro Anelli
Studio Baldi Margheriti Associati arch. Luciano Baldi e arch. Paola Margheriti
arch. Carlo Bientinesi
ing. Luca Calzuoli
arch. Pierpaolo Canini
arch. Alessandro Capati
arch. Andrea Della Sala
arch. Pier Francesco Duranti
arch. Alessandro Fancelli
arch. Carlo Giani
arch. Silvia Giani
arch. Michele Giorgini
arch. Silvano Gismondi
arch. Manuela Gualtieri
arch. Alberto Matticari
Officina8 Associati ing. Stefano Bufi e arch. Patrizia Campili
arch. Valentina Savarese
arch. Simone Lorenzoni
MRarchitect arch. Matteo Romanelli
ing. Simone Scaccetti