“Questo approccio di tipo burocratico ha portato ad una riduzione massiccia di verde a disposizione in una città in cui la presenza di grandi industrie ma anche di due inceneritori, oltre che di un inquinamento dovuto al traffico ed al riscaldamento, avrebbe viceversa consigliato un impegno forte nell’incrementare il verde sia per la funzione clorofilliana che trasforma anidride carbonica in ossigeno ma anche per l’ombra che tali essenze fanno contribuendo a ridurre la temperatura che raggiunge ormai valori record nazionali”.
Incredibile pensare che queste parole siano state scritte da Enrico Melasecche, allora consigliere comunale di opposizione, ed oggi assessore e grande ideatore della strage dei pini ternani con l’avallo di Benedetta Salvati la quale – dicono – è l’assessore all’ambiente.
Evidentemente la situazione dell’aria ternana in questi pochi mesi è cambiata insieme all’aria che si respira a Palazzo Spada ed in città sul versante politico.
Tutti d’accordo sul fatto che a fare tutte quelle buone cose per l’aria che si respira a Terni non debbono essere per forza gli alberi di pino marino o pino d’Aleppo o pino domestico (tutte specie protette comunque), ma possono farlo piante di altre specie. Che, si assicura, saranno rimesse “in opera” in numero sicuramente superiore rispetto a quel che si toglie. Quali specie? Beh, ancora questo non è stato annunciato, anche perché sembra non si sia tenuta molto in conto l’esigenza della contemporaneità dell’intervento di sradicamento e di quello dell’impianto di nuovi alberi. Dicesi “alberi”, non arbustelli che si doteranno di chioma degna del nome tra dieci, quindi o venti anni.
S’intitolava “Taglio di migliaia di alberi negli ultimi anni, acquirenti del legname, quantità e somme ricavate, gestione accorta e razionale dell’enorme patrimonio boschivo del Comune” l’interrogazione presentata a suo tempo con l‘avallo dei Cinquestelle che firmarono il testo loro sottoposto dal collega vicino di banco. Un testo che nascondeva anche un’altra accusa nemmeno tanto velata: “Quale è stato “il prezzo di vendita del legname utilizzato in genere, nella ipotesi meno remunerativa, dall’industria che produce cippato o biomasse per gli inceneritori? E “la quantità del legname prodotto ed il ricavato dalla vendita, tenuto conto che il numero di alberi abbattuti corrisponde ad una bosco di notevoli dimensioni e che trattandosi di patrimonio comunale è stato trattato come la legge prevede“?
Per i pini “stricati” in via Lungonera (ma dovrebbero andare loro appresso quelli di via Borsi, e poi via via tutti gli altri fino a cancellare per sempre dai profili panoramici ternani la figura di una specie che manco è autoctona, hanno detto), per il legname dei pini di via Lungonera, si diceva, la destinazione è stata specificata: andrà all’Asm per fare un compost. Più o meno come prima insomma? No, perché questo sarà un compost, hanno spiegato in Comune.
Quando uno le cose le sa, le sa.