Terni Festival continua a cambiare pelle.
Mantenendo l’idea di rischio culturale come passaggio cruciale per produrre innovazione vogliamo proporre attraverso il dispositivo anche semplice e antico del rito teatrale una visione della realtà non lineare, nella quale si raccontano molte storie, nella quale tutto è connesso con tutto e dove ogni fatto nuovo può avere ricadute dirette e indirette su quasi ogni altro fatto successivo.
Nella direzione di questo pensiero interrelato il festival di quest’anno si sviluppa su 3 assi contigui ma interconnessi.
Il teatro, la foresta, la città.
1. Il primo dedicato alla produzione e coproduzione
2. il secondo dedicato alla ricerca e al rapporto tra arte e rigenerazione urbana
3. il terzo dedicato allo spazio pubblico
Un teatro.
Terni Festival nasce in profonda connessione con il territorio e la comunità umbra e allo stesso tempo si è configurato negli anni come punto di attrazione e riferimento in cui artisti affermati e nuove generazioni, proposte nazionali e internazionali potessero incontrarsi dando vita a nuove connessioni capaci di nutrire la propria creatività, ridurre il senso di isolamento e garantire una visibilità protetta.
Quest’anno facciamo di più.
Il festival prende sempre più le sembianze di una fucina di produzione creativa, di un fronte di ricerca per le attività del teatro stabile dell’Umbria. e sempre di più il dialogo e l’osmosi si fanno necessari, così come il travaso tra festival e programmazione delle stagioni.
In questo primo asse il festival presenta ben 6 tra produzioni e coproduzioni del Teatro stabile:
2 proposte di nuova drammaturgia di Lucia Calamaro a Livia Ferracchiati
2 progetti nell’intersezione tra arte visiva e performativa di Alex Cecchetti e Francesca Grilli
2 coproduzioni internazionali del regista coreano Minhee Park e dell’argentino Fernando Rubio
Si tratta di una scelta di campo molto forte, quella di trasformare un festival di ospitalità in un festival che produce e coproduce, cioè investe, rischia, partecipa dei processi artistici.
I processi produttivi avranno inizio in estate e si protrarranno attraverso audizioni, sopralluoghi, allestimenti e prove fino a settembre.
Il CAOS si trasforma quindi, già in questi giorni e sempre di più nel corso dell’estate in una fabbrica di teatro, in un luogo di sperimentazione e di facilitazione di processi creativi sensibili e di lenta maturazione.
Una foresta.
il secondo è un asse “di soglia”. Si tratta di un progetto che ha il suo centro tematico sulla relazione tra arte e rigenerazione urbana ed è curato dall’artista Leonardo Delogu (www.casadom.org) e indisciplinarte.
FORESTA prevede la realizzazione di un villaggio temporaneo di case sugli alberi installate sui tigli del viale d’accesso al Caos – centro arti opificio Siri.
Le case saranno realizzate da architetti di fama internazionale selezionati attraverso apposita call aperta i cui criteri incentivano processi partecipativi e creazioni site specific che coinvolgano la città nella realizzazione della loro casa-albero.
La call, uscita lo scorso 10 Maggio si chiude il 20 giugno e prevede la pubblicazione dei risultati il 2 luglio.
Le case verranno realizzate e installate tra fine agosto e inizio settembre.
Durante il festival le case ospiteranno in residenza 5 artisti internazionali (Cristophe Meierhans, Expodium, Lotte Van Den Berg, Michele Di Stefano, Veridiana Zurita) che svilupperanno dei progetti di ricerca orientati al futuro della città: le idee progettuali che saranno prodotte e presentate all’interno dell’edizione 2017 del festival.
FORESTA è una metafora che intreccia il sogno senza età di vivere sugli alberi, la prospettiva a volo d’uccello sulla città che sposta e amplia il punto di vista critico e infine il riscatto del rimosso, della paura e di ciò che è irrisolto, per troppo tempo negato da una società tesa al controllo, al prodotto finito e alla modellizzazione.
Con FORESTA volgiamo accogliere la complessitàà e la diversitàà come valori da cui tentare nuove tattiche, nuovi metodi per fondere arte e strategie politiche per realtàà resilienti che sostituiscano il controllo con l’ascolto, l’osservazione e l’immersione nel paesaggio circostante.
Una città.
La città resta il luogo d’eccellenza per i nostri progetti più ambiziosi. Città reale e città utopica dove sperimentiamo come la pratica artistica abbia influenza diretta e visibile sull’evoluzione cittadina.
In particolare il festival prosegue a delineare il proprio profilo di festival che intreccia spazio pubblico e visione privata, luoghi deputati e spazi inconsueti, linguaggi sofisticati e dimensione “pop”.
Molte le azioni site specific che abiteranno gli spazi della città, dalla caverna musicale del pianista e compositore austriaco Marino Formenti al Circo Contemporaneo deI belga Circo Ronaldo, dal concerto pubblico targato Lieux Publique di Marsiglia, all’azione sul quartiere portata avanti dal collettivo milanese STRASSE.
Grazie alla sua molteplicità e fluidità, la nostra azione sullo spazio pubblico si va di anno in anno delineando come uno degli assi forti del progetto Terni festival anche grazie all’inserimento all’interno del progetto quadriennale IN SITU del programma Cooperazione larga scala di Europa Creativa.
Molti altri i nomi che popoleranno il festival e su cui avremo modo di approfondire da qui a settembre. Ne cito solo due Milo Rau e Florentina Holzinger, nomi che rappresentano due delle proposte più interessanti della scena contemporanea internazionale. Due nomi di cui sentiremo parlare, due prime nazionali che posizionano nuovamente il Terni Festival come il luogo dove essere per intercettare la novità, correre il rischio, accogliere lo stupore.