Il Michelangelo che non ti aspetti. Genio mondiale nel campo della scultura, della pittura, dell’architettura, Michelangelo Buonarroti è stato anche un poeta, ma questa sua attività, iniziata nei primi anni del Cinquecento, è sconosciuta ai più. Compose i suoi primi versi sotto l’influsso di letture dantesche, petrarchesche e dei poeti fiorentini di fine Quattrocento, ma la sua produzione poetica si è concentrata nella maturità e più ancora nella vecchiaia. Le rime di Michelangelo sono da considerarsi una sorta di diario dell’anima, fatto anche di fogli e appunti sparsi. Predilige forme poetiche brevi come il sonetto e soprattutto il madrigale, usando un linguaggio generalmente concreto e reale.
E al Michelangelo poeta il Gruppo Archeologico D.L.F. di Terni ha dedicato il suo ultimo incontro culturale, tenuto presso l’ormai abituale Sala del Caffè Letterario della biblioteca comunale, gremitissima.
“Artista poliedrico, ma anche intellettuale raffinato, particolare per quell’individualismo esasperato, così perennemente in bilico tra una fatica disumana e la tensione verso la creazione di un’opera che sfiorasse il divino, ha affermato la responsabile del Gruppo Maria Cristina Locci nella sua introduzione, Michelangelo è testimone e attore protagonista di un lungo periodo storico estremamente importante della cultura occidentale, durante il quale entrò in contatto con alcune delle più importanti personalità dell’epoca, facendo così affiorare la figura di un artista da considerare moderno in rapporto alla consapevolezza della propria identità di uomo e di intellettuale che si interroga coscientemente sul valore morale e spirituale del proprio lavoro e che trova nella lingua poetica italiana un mezzo atto ad esprimere questa stessa modernità”.
È stato poi il Professor Fausto Dominici, docente e vice preside del Liceo Ginnasio Cornelio Tacito di Terni, a tenere la conferenza dal titolo “Come può esser ch’io non sia più mio?”. Michelangelo Buonarroti poeta”.
“In Michelangelo c’è un bisogno sostanziale di parola, ha spiegato, che gli serve proprio per scavare, indagare, mettere in luce le lacerazioni. Aveva un rapporto molto profondo con la scrittura perché per lui aggancia questi contenuti depositati nell’io e favorisce l’auto interrogazione, la ricerca, lo scandaglio interiore. Quindi le sue sono poesie molto, molto belle.”