Sul Teatro Verdi la polemica resta sempre molto alta. A contribuire a rinfocolarla ci ha pensato, domenica pomeriggio Vittorio Sgarbi che, scocciato per l’attesa del collegamento da Terni con la DOMENICA IN di Mara Venier, ha iniziato il suo intervento proprio parlando del Teatro Verdi di Terni. Sgarbi ha detto: “ho scoperto che fa le tante cose che si fanno in Italia vogliono distruggere il Teatro Verdi. C’è un teatro qui a Terni che è stato rifatto, e malamente, nel dopo guerra, invece di migliorarlo vogliono peggiorarlo. Bisogna che l’amministrazione comunale capisca che i monumenti vanno rispettati, a Venezia come a Terni. ” Ben più duro era stato difronte alla platea del convegno dal quale era collegato: “non possiamo consentire – ha detto fra gli applausi – che il Teatro di Terni venga fatto così come mi è stato indicato, serve che venga ricostruito in modo più alto e nobile non come una specie di cinema pornografico. Non è possibile che Rimini abbia un teatro rifatto su un disegno del Poletti e qui invece bisogna fare un cesso.”
Colpito dalle parole di Sgarbi, l’assessore comunale ai Lavori Pubblici (quasi ex potremmo dire visto che proprio ieri è stato nominato assessore regionale alle infrastrutture e ai Trasporti) Enrico Melasecche, ha risposto così: “Quanto all’amico Vittorio Sgarbi, che stimo ed applaudo per la sua vastissima cultura e sensibilità artistica, per l’enorme capacità istrionica di sollevare polveroni politicamente scorretti, ricordo la visita che con il Sindaco facemmo a casa sua a Roma, in quel luogo magico all’ombra del campanile del Bernini di S. Ivo alla Sapienza, proprio per invitarlo a Terni per confrontarsi con gli esperti del Ministero e definire la linea da seguire nella riqualificazione del nostro teatro. Ho proposto più e più volte alla sua segreteria una visita all’attuale Verdi, tristemente sbarrato, congiuntamente alla Soprintendente per chiarire direttamente fra di loro, alla presenza del sindaco e del sottoscritto, le divergenze fra la linea di indirizzo certificata del Ministero Beni Culturali derivante dall’esistenza del vincolo e questa sorta di commedia dell’arte in cui soggetti fra loro molto diversi continuano per le ragioni più disparate ad esternare di tutto. Anche offendendo chi ama come loro l’arte, l’architettura ed il bello. Vittorio Sgarbi lo fa molto piacevolmente ma ben poco costruttivamente. Sono trascorsi quattro mesi da quell’incontro romano nella vana attesa che si passasse dalle parole ai fatti. Nulla è avvenuto se non l’ennesima esternazione da Mara Venier, uno dei salotti TV della domenica che, con tutto il rispetto, non è lo studio della Soprintendente sopra l’Arco Etrusco nè il gabinetto del Ministro, ma anche pochi giorni fa a Terni di fronte alla platea divertita dell’ottimo convegno sulla lotta ai pregiudizi”.
All’assessore hanno risposto gli amici del Teatro Verdi , che con lui hanno ingaggiato da tempo una battaglia epistolare. Ecco cosa scrivono
All’Esimio Dott. Melasecche che, come già detto in precedenza stimiamo sia come politico che come Assessore, i nostri più sentiti complimenti per la dotta disquisizione sulla ristrutturazione del Teatro Verdi. Felicitazioni vivissime inoltre per la chilometrica vena letteraria che risulta, a volte, di difficile comprensione per noi poveri cittadini amanti delle cose concrete, chiare e semplici, e con le caratteristiche di una trattazione letteraria veramente degna di lode anche se, a volte, trova a fatica la “ via d’uscita” dall’intricato labirinto di parole e di lunghi e prosaici periodi di discorso. Noi semplici persone, amanti della grande bellezza e dei valori artistici assoluti, osiamo però contraddire il nostro Assessore con una semplice locuzione che racchiude in pochissime parole un grande concetto assoluto: questo progetto “Fatto in Casa” è veramente brutto e deplorevole!
E’ giustamente, come Lei affermava, degno di raffronto con altri rari esempi di brutte ristrutturazioni teatrali come il Regio di Torino, il Carlo Felice di Genova, l’Arcimboldi di Milano, l’Operà de Lyon e l’Opera Bastille di Parigi! Non avrebbe di certo nulla da condividere con la grande bellezza dell’Opera House di Sidney, del Metropolitan Opera House di New York o del Parco della Musica di Roma!
In realtà, nel nostro caso non si tratta affatto di un teatro “tout court” ma di una sala cinema teatro che, con la ristrutturazione prevista dell’attuale progetto, mantiene soprattutto i connotati di sala cinematografica con possibile ed eventuale utilizzo a teatro! Cosa ben lontana quindi dall’ambizioso obiettivo di ridonare finalmente alla città un teatro vero e con le sue preesistenti volumetrie!
Il nostro Assessore come amante ed estimatore dell’opera lirica, così infatti si dichiara nella Sua ultima missiva alla cittadinanza, ben saprà che un teatro vero e proprio per essere in grado di programmare spettacoli lirici deve avere requisiti affatto specifici: Un’acustica impeccabile, un golfo mistico che ospiti almeno 80 Orchestrali, una torre scenica e macchine sceniche di assoluta avanguardia in grado di contenere le strutture sceniche di più spettacoli contemporaneamente, un palcoscenico adeguato per ragguardevoli masse di coristi, laboratori di falegnameria, di sartoria e di progettazione degli allestimenti ecc. Un teatro di tal fatta insomma non può prevedere dei camerini “di fortuna” ricavati alla spicciolata sotto un palcoscenico rialzato a bella posta! Sono comunque certo che Lei, Signor Assessore, da melomane vero ne avrà profonda cognizione in quanto frequentatore abituale dei più importanti teatri d’Opera della nazione! In merito alle dichiarazioni del Prof. Sgarbi, unanimemente riconosciuto come grande uomo di cultura e di buon gusto, non si può certo negare che si sia espresso in modo chiaro, sia a livello locale che nazionale, su ciò che possa significare la presenza di un “TEATRO” vero per un’intera comunità! E, neanche a farlo apposta, ribadisce il concetto a chiare note anche sull’articolo di oggi! Ci chiediamo: forse ha ragione il nostro Assessore quando pensa che gli altri sono tutti incompetenti ed antiquati se scelgono di ricostruire ciò che di storico avevano perduto dimostrando così le loro incapacità professionali e la loro limitatezza mentale? Oppure, come fermamente credono “Tizio, Caio e Sempronio”, hanno semplicemente ben compreso che il prestigio di una città trova le sue radici nella sua cultura, nel suo passato e nella salvaguardia delle sue “perle artistiche del passato? Tizio, Caio e Sempronio, i concittadini ignoranti di Melasecche, sentono comunque il dovere di congratularsi con il Prof. Sgarbi e di ringraziarlo sentitamente per aver preso a cuore le sorti del Teatro Verdi!
SULLA QUESTIONE E’ INTERVENUTO ANCHE MICHELE ROSSI (TERNI CIVICA) CHE HA RIBADITO LE SUE CRITICHE AL PROGETTO REDATTO DAL COMUNE DI TERNI
Le parole di Vittorio Sgarbi hanno portato ad un ulteriore tassello nel dibattito sul futuro assetto del Teatro Verdi. Un intervento che con il suo carattere eccessivo e dissacrante proprio del personaggio è forse riuscito a sdrammatizzare l’approccio da contrapposizione frontale che ha finora caratterizzato il dibattito.
Anche nella mia posizione di esponente della maggioranza continuo comunque a stigmatizzare una certa dose di approssimazione che caratterizzano l’approccio scelto per trovare una soluzione all’annosa questione del nostro teatro cittadino.
L’importanza e l’attesa per una degna conclusione dovrebbe portare a dare un segno forte di un immagine iconica fuggendo le soluzioni di basso profilo.
Infatti non ho timore nel ribadire come le premesse del progetto proposto dall’Assessorato risultano alquanto deludenti e ritengo che non possa esserci concorso di idee che possa migliorare di molto un progetto quanto mai vincolato da una bassa caratura della scelta di base. Una idea progettuale che appare alquanto inadeguata alle aspettative di una città che tanto attende il suo teatro. Quanto proposto delude le aspettative di moltissimi.
Si può capire l’entusiasmo di intitolarsi e di attribuirsi la paternità di una soluzione per il Teatro Verdi, ma questo pur comprensibile istinto non può portare ad una soluzione che ha tutti i caratteri della mediocrità.
Di sicuro si possono percorrere molte strade e non possiamo assolutamente sottoscrivere la premessa secondo cui questo sia l’unico progetto possibile.
Usare poi la scusante del vincolo risulta quanto meno fuori luogo e strumentale, infatti se si trattasse davvero di rispettare una simile prescrizione si dovrebbe procedere solo ad un restauro conservativo, mentre di fatto il progetto proposto stravolge completamente l’interno, rendendo illeggibile l’intervento degli anni ’50.
Pensare che la Soprintendenza sia ideologicamente contraria al recupero del teatro nella sua veste polettiana, risulterebbe alquanto incoerente e schizofrenico, dal momento che la stessa ha consentito il rifacimento dei mosaici della fontana di Piazza Tacito, questo si vero falso storico in quanto un opera musiva è per sua natura irriproducibile sia per forma che per mancanza dell’autore che possa curare il rifacimento. Quindi sicuramente la scelta è legata ad un fatto ben più importante. La fontana di Piazza Tacito è un simbolo della città e come tale prevale la necessità di ripristinare un simbolo per renderlo fruibile anche alle nuove generazione piuttosto che rispettare una assoluta fedeltà ai materiali originari. Quindi c’è da chiedersi il Teatro Verdi è un simbolo di Terni o meno? La risposta di molti è che anche il Teatro è un simbolo fondamentale della città e per questo si pensa che il contributo maggiore alla storia di questa città sia recuperare la sua forma originaria.
L’idea di rifare il teatro nella forma polettiana non vuole essere un’operazione nostalgia, soprattutto intesa come rimpianto per un passato magari solo immaginato, ma è l’idea di riappropriarsi di un bene che è stata strappato alla comunità da un episodio violento ed improvviso come la devastazione dei bombardamenti.
Nel dopoguerra si è scelto di fare in fretta, perché c’era più voglia di cancellare velocemente le cicatrici che fare scelte di altro profilo. Oggi ci viene data l’opportunità di fare scelte più assennate e riappropriarci di un edificio che era un gioiello cittadino e la cui perdita è stata sicuramente una delle ferite più grandi al nostro patrimonio storico ed artistico.
Sono tanti gli esempi di città che hanno voluto ripristinare i propri simboli, dalla Frauenkirche di Dresda, al Castello imperiale di Berlino, fino al teatro Galli di Rimini, nella consapevolezza che una città è fatta di immagini e di elementi in cui gli abitanti si possano riconoscere e che meritano di essere restituiti al loro godimento.
Incomprensibile questa rigidità solo per il Teatro Verdi di Terni. Sarebbe da chiedersi se le persone con curricula chilometrici che si dice abbiano cassato la proposta Poletti sono gli stessi che hanno guardato con entusiasmo la copia dei mosaici del Cagli fatta senza cartoni (ricostruiti appositamente) o gli stessi favorevoli alla ricollocazione delle statue nel duomo di Orvieto scimmiottando il tardo cinquecento. In questi casi il falso storico va bene, per il nostro Teatro Verdi categoricamente no. Se si è stati cosi integralisti per il Teatro Verdi bisognerebbe avere avuto lo stesso approccio almeno per coerenza in tutte le altre situazioni.
Sul fatto poi che si tratti di una scelta azzardata, si potrebbe ribadire che non manca di certo la documentazione, ci sono disegni, immagini fotografiche, planimetrie, perfino gli spolveri degli affreschi di Bruschi che permetterebbero di ricomporre la decorazione pittorica della sala. Certamente non si può pensare di avere la disponibilità di un progeto esecutivo magari in autocad così come lo possiamo intendere noi, da poter seguire pedissequamente. Ma così è stato anche per gli esempi dei beni sopra citati.
Credo che la bellezza sia un valore e che di certo si potrebbe costruire un teatro moderno, affidandolo anche al migliore progettista sulla piazza ma che questo risulterebbe sempre un qualcosa di anonimo, molto più valido sarebbe restituire alla città una bellezza che aveva e che può oggi recuperare.
Sono convinto del grande valore culturale ma anche economico e sociale di una simile operazione, infatti non si tratta solo di pensare ad una pura operazione di decorativismo ma ad una azione di grande respiro che renda merito alla grande qualità dell’artigianato artistico italiano. Infatti si potrebbe trasformare la ricostruzione del teatro polettiano in un grande cantiere scuola, dove si possano recuperare saperi e tecniche costruttive della tradizione, permettendo anche la formazione di una nuova generazione di artigiani e di decoratori.
Trovo assurdo ed ignorante che si possa scrivere che i fregi di quei teatri siano di polistirolo come quelli di un set cinematografico.
Infine occorre sapere che quei teatri definiti di gusto pacchiano portano nelle rispettive città centinaia di persone che ogni giorno si mettono in fila per potervi entrare in visita e scoprire la meravigliosa opera di ricostruzione che c’è dietro. La nota rivista americana ‘Time’ ha incluso il teatro polettiano di Rimini, fratello del nostro Verdi, come uno dei 100 posti al mondo da vedere.
Bene ha fatto Vittorio Sgarbi a tuonare che la città di Terni non merita di farsi umiliare in questo modo…non posso credere che si voglia per forza perdere questa grande occasione culturale, economica e sociale, mi permetto di aggiungere.